Se al Quirinale sole un laico

Se al Quirinale sole un laico La corsa al Colle: il Premier compirà 50 anni pochi giorni prima del voto in Parlamento Se al Quirinale sole un laico Dietro Violante si affaccia l'ipotesi D'Alema LOTTA DI SUCCESSIONE AROMA stare appresso a Massimo D'Alnma, le disquisizioni sulla successione al Quirinale sono «inutili e destabilizzanti». Eppure a parere di tutti i protagonisti, i comprimari e le comparse della politica, i futuri assetti ed equilibri dulia politica italiana sono condizionati da quella scadenza. L'ultimo a ripetere il concetto è stato Francesco Cossiga che proprio ieri ai quadri del suo partito ha spiegato che «l'elezione del nuovo Presidente sarà il test per verificare quale sarà il dislocamento delle forze politiche». Probabilmente, l'atteggiamento del presidente del Consiglio è condizionato proprio dalla consapevolezza che la nomina di un Capo dello Stato o di un altro potrebbe avere delle ripercussioni anche sul governo: potrebbe essere, appunto, un elemento di stabilizzazione o di destabilizzazione. E lo schema, detto o non detto, è già chiaro a tutti: se sul Colle salirà un cattolico, o meglio un popolare, l'attuale quadro politico si rafforzerà; se invece andrà un laico, il capo del governo avrà i suoi problemi, magari non nell'immediato ma in un prossimo futuro. In (mesto secondo caso, infatti, prima o poi si porrà il problema di un riequilibrio nella coalizione, dato che è impensabile immaginare un'abbinata istituzionale che veda al Quirinali: e a Palazzo Chigi non solo due uomini della Quercia, ma anche due laici. «Per noi - ammetti! un diessino di buonsenso come il ministro del Commercio Estero Piero Fassino - non può che essere un popolare. Come si fa, ad esempio, ad immaginare un'abbinata ViolanteD'Alema, uno sul Colle e l'altro al governo?». Eh già, un'ipotesi del genere nascerebbe con la premessa che prima o poi a Palazzo Chigi dovrebbe tornare un ex-dc. Non per nulla lo stesso premier, quando si trova a parlarne con i i suoi confidenti, considera l'ipotesi di un non-cattolico al Quirinale come un campanello di allarme: «Sarebbe il segnale che qualcuno non vuole avermi più al governo». Ecco perché, malgrado la prudenza e la riottosità con cui affronta l'argomento, D'Alema sta tentando di pilotare la situazione in modo da aprire la strada del Quirinale ad un cattolico: si tratti di Franco Marini, come sospetta chi parla di un patto tra i due, di Nicola Mancino o di Rosa Russo Jervolino, il candidato che in questo momento, secondo Palazzo Chigi, gode il favore dei pronostici. Per raggiungere l'obiettivo, il premier è pronto addirit- tura ad accettare l'indicazione che gli arriverà da Piazza del Gesù. Proprio in questa logica, D'Alema punta a raccordare sul nome del candidato la maggioranza di governo, tentando magari di allargarla in un secondo tempo all'opposizione. Una strategia che sembra emergere dalle dichiarazioni rilasciate ieri dallo stesso D'Alema: «In termini di auspicio - ha detto - ci vorrebbe il più largo consenso per l'elezione al Quirinale di una figura di garanzia; in termini di fattibilità mi sembra un'impresa molto complessa». Come dire: in via di principio ci vorrebbe una maggioranza larga per il Presidente della Repubblica, ma la via più sicura è quella di mantenere in piedi la maggioranza politica. Solo che pure in questo orientamento, che potrebbe essere considerato a prima vista il più realistico, D'Alema pecca di ottimismo. Il desiderio di approfittare della corsa al Colle per destabilizzare il quadro politico è covato da molte aree politiche. Ovviamente, all'interno dell'opposizione c'è chi professa questo orientamento. «Non credo - prevede Marco Follini che il patto D'Alema-Marini, cioè l'accordo per portare un popolare sul Colle, andrà in porto. La maggioranza è divisa, la Lega non basta e il Polo non ha interesse ad una soluzione che stabilizzi. Qui si va al massacro, all'elezione dell'outsider dopo 21 scrutini. Vedo in corsa cattolici "destabilizzanti" co¬ me Prodi o Martinazzoli. Oppure personaggi come Violante e Napolitano...». Discorsi che si possono riascoltare anche sulla bocca di Gianfranco Fini. Ma non è solo l'opposizione che vuole destabilizzare. Ci sono i disegni di Romano Prodi, quelli di Francesco Cossiga che parla di una conferma di Scalfaro in pubblico e di Luciano Violante in privato: l'idea dell'ex-presidente è proprio quella di porre le basi per far saltare il governo D'Alema. E il presidente della Camera non è alieno da ambizioni di questo tipo: «Violante - racconta Clemente Mastella, che da tempo ne è diventato un confidente - si sta muovendo in ogni direzione, vuole andare al Colle a tutti i costi». Degli obiettivi neppure tanto segreti di Violante si sono accorti anche dentro l'entourage di Berlusconi. Addirittura il presidente della Camera si è conquistato i favori della corrente di Forza Italia, diciamo, più attenta alle questioni giudiziarie, quella di Marcello Dell'Utri per fare un nome: credono che Violante possa offrire loro ciò che nessun altro può dare. Ricordano che il personaggio è stato il primo a pronunciare la parola «amnistia» dentro la sinistra. Quindi, se si mettono insieme i disegni di destabilizzazione, le ambizioni di molti e le divisioni dei popolari, si capisce che D'Alema eccede in presunzione quando pensa di affidarsi alla maggioranza di governo. C'è il rischio che si ritrovi con l'elezione di Violante o di un altro personaggio che non appartenga alla logica della stabilizzazione: sarebbe cioè il segnale che vogliono farlo fuori. Ecco perché pur rimanendo fuori dalla disputa, pur non volendo discettare sull'argomento, il capo del governo non scarta nessuna possibilità in questa complessa partita, nemmeno quella - a prima vista fantasiosa - di una sua candidatura. L'età non lo ostacola: D'Alema compirà 50 anni otto giorni prima che le Camere si riuniscano in seduta comune. Sarebbe l'«ultima ratio» per evitare che qualcuno dentro la maggioranza giochi a destabilizzare: se Prodi rivuole Palazzo Chigi, se Cossiga vuole la presidenza del Consiglio per un uomo di centro, se Veltroni vuole impossessarsi della Quercia, questa sarebbe a quel punto la strada più semplice e forse più stabilizzante. Ma soprattutto quest'idea - che l'interessato giudicherà ufficialmente alla stregua di una provocazione - sarebbe anche un'arma di persuasione per far accettare anche ai più ambiziosi l'idea di un cattolico, di un popolare sul Colle. Augusto Minzolini Cossiga insiste: «L'elezione del nuovo Presidente sarà il test per verificare il dislocamento delle forze politiche» Fassino (Quercia): «Per noi non può che essere un popolare Inimmaginabile un'accoppiata con Violante» del Quirinale: il Palazzo da metà anno forse cambierà inquilino DietroSt_S^,..jw.....3T. cortile interno del Quirinale: il Palazzo da metà anno forse cambierà inquilino