Roma festeggia Alberto Lattuada di Alessandra Levantesi
Roma festeggia Alberto Lattuada E l'autore interviene a sorpresa Roma festeggia Alberto Lattuada ROMA. Considerato che da tempo vive ritirato a causa della salute precaria, nessuno si aspettava che l'ottantaquattrenne Alberto Lattuada sarebbe intervenuto al romano Palazzo delle Esposizioni per la proiezione di «Luci del varietà», che ha aperto la personale «La proposta ambigua» (fino al 17 gennaio) dedicatagli dal III RomaFilmFestival. Invece, appoggiandosi a un bastone e amorevolmente scortato dalla moglie Carla del Poggio e dai due figli, il maestro è venuto; e quando dopo la visione del film e della bella antologia «Omaggio a Lattuada» realizzata da Vittorio Giacci e Adriano Pintaldi si sono riaccese le luci, nella saletta gremita il clima era quello commosso dei grandi eventi. Ad applaudire in piedi l'Architetto (così viene chiamato nell'ambiente il cineasta ex brillante diplomato del Politecnico di Milano) erano in tanti, da Suso Cecchi D'Amico a Francesco Rosi, da Piero De Bernardi a Gabriele Ferzetti. Da segnalare che Mario Monicelli aveva gli occhi lucidi: e chiunque ne conosca il programmatico disincanto sa in che modo interpretare questo fatto più unico che raro. Nella tavola rotonda pilotata in mattinata da Edoardo Bruno sono stati toccati vari aspetti della complessa personalità di un regista insieme rigoroso e accattivante. Tutti concordi neìl'asserire che l'autore di «Il ban¬ dito» e «Senza pietà», di «Il cappotto» e di «Mafioso», si è caratterizzato per aver dato dignità e stile al prodotto medio, sollevandolo ogni tanto ai maggiori livelli senza mai perdere il contatto con il pubblico e la realtà. Ma qual è la formula segreta di questo artigiano-artista capace di stringere in una sintesi spesso vincente cultura e cinema? Bruno parla della sua «esattezza geometrica nel trasferire nell'inquadratura i fantasmi letterari»; Adriano Apra della sua inclassificabile posizione «tra i grandi maestri e i grandi professionisti»; Tullio Kezich cita Mario Soldati che lo definì un «ardente pignolo»; ed Enrico Ghezzi suggestivamente allude al suo «svariare fra i generi tanto da rendersi irriconoscibile come cineasta di genere» e alla sua capacità «di formare un'immagine intercettando visioni non sue». Quanto al festeggiato, congedandosi grato e commosso ha detto: «Grazie a tutti di cuore. Abbiamo tentato di attraversare il nostro tempo, speriamo di esserci riusciti. Ora questo compito spetta ad altri». Il messaggio era destinato ai cineasti delle nuove leve, che però (con l'eccezione dell'attore Massimo Ghini) erano totalmente assenti. «Tanto i giovani sanno già tutto, non hanno niente da imparare» ha commentato sarcastico il produttore Alfredo Bini. Alessandra Levantesi II regista Alberto Lattuada: da tempo precarie condizioni di salute
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