Natale a casa, il regalo dei magistrati a Scottone

Natale a casa, il regalo dei magistrati a Scottone Lascia Rebibbia dopo 18 mesi. La madre della vittima: non ce l'aspettavamo, ma accettiamo la decisione Natale a casa, il regalo dei magistrati a Scottone L'imputato per l'omicidio di Marta Russo ottiene gli arresti domiciliari ROMA. Dopo 18 mesi Giovanni Scattone può lasciare il carcere di Regina Coeli e trascorrerà il Natale a casa. Da oggi il ricercatore dell'Università La Sapienza accusato di aver ucciso la studentessa Marta Russo il 9 maggio del '97 sarà agli arresti domiciliari nella sua abitazione dell'Eur. Il provvedimento di scarcerazione è stato depositato nel pomeriggio di ieri in cancelleria, firmato dal presidente della I Corte d'Assise Francesco Amato e dal giudice a latere Giancarlo Cataldo. Il parere positivo all'uscita dal carcere è arrivato dopo l'ennesima istanza avanzata dai difensori del ricercatore e ribaltando tutti i precedenti rifiuti. L'ultimo no agli arresti da scontare nella propria abitazione risaliva a circa un mese e mezzo fa, quando la I Corte d'Assise in un'ordinanza aveva negato la scarcerazione di Scattone sostenendo che sussisteva ancora la possibilità di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato, poiché, a tutt'oggi, anco¬ ra non è stata trovata l'arma del delitto. Scattone festeggerà dunque nel suo alloggio il giorno di Natale. Come farà d'altronde Salvatore Ferrerò, l'altro ricercatore accusato di aver preso parte a un incredibile gioco della morte e che aveva ottenuto due mesi fa gli arresti domiciliari. Di fronte alla scarcerazione, gli Scattone sono apparsi disorientati, soprattutto quando se lo sono trovati davanti, ieri sera. Racconta il padre: «E' arrivato accompagnato da alcuni poliziotti che hanno suonato il campanello e ci hanno avvertito. Quando l'ho visto ci siamo abbracciati e baciati. Io gli ho detto "bello di papà"». Giovanni Scattone, con la barba lunga, ha detto al padre e al fratello Mauro di aver già mangiato e, tra le prime cose che ha fatto, si è seduto in poltrona. «Ha bisogno di riprendersi ha detto il padre - perchè ha detto che gli spazi gli sembrano molto grandi dopo 18 mesi di detenzione. Quando è arrivato noi stavamo per metterci a cena. Poi, dovrà rifarsi il letto e andare a dormire». Dopo il primo sollievo il padre di Scattone non è riuscito, però, a nascondere la sua amarezza per il provvedimento. «Dico, meglio tardi che mai. Ma è certo che potevano decidersi prima. Perché tenere in carcere mio figlio 18 mesi è stata una decisione arbitraria, fondata sul nulla». Molto diversa è invece la posizione dei giudici della prima Corte d'Assise. Gli arresti domiciliari sono stati concessi ieri perché, in sostanza, la prova in dibattimento a questo punto si è già formata, si legge infatui nel provvedimento: «L'istruttoria dibattimentale, per quanto concerne le deposizioni testimoniali, le acquisizioni dei verbali di Francesco Liparota e Marianna Marcucci, è pressoché conclusa». Dunque, spiegano i giudici: «va rimeditato il grado di intensità della misura cautelare», considerando «indebolito l'inquinamento probatorio». Gli arresti domiciliari appaiono poi per la Corte «una misura idonea a scongiurare sia la reiterazione del reato che di altri gravi delitti con l'uso delle armi». Mentre i legali di parte civile parlano di un «clima natalizio che ha influito sulla corte» e di una decisione «che non cambia nulla», secondo i legali della difesa il significato della decisione presa ieri è il segnale di un mutamento di rotta nel processo. «Dopo l'ultimo rifiuto - ricorda Francesco Petrelli, avvocato di Scattone - si sono allungati i tempi del processo e il contesto dibattimentale si è arricchito del nuovo silenzio dell'Alletto, di Liparota e di Marcucci. Per noi ha influito tutto ciò, demolendo le certezze dell'accusa». I silenzi di Francesco Liparota (accusato di concorso in omicidio) e di Marianna Marcucci (accusata di favoreggiamento) risalgono proprio all'udienza di ieri. Così come all'udienza di ieri appartiene una lite che ha fatto segnare un altro punto alla difesa. A metà mattinata il presidente della Corte d'Assise ha invitato Livia Rossi, avvocato di Scattone, a controllare «con calma e senza ansia» alcune carte processuali. Mentre l'avvocato raccoglieva l'invito, il pm Italo Ormanni si lasciava sfuggire un: «e intanto mandiamo i consigli per gli acquisti» che ha suscitato l'ira dell'avvocato. «Non intendo sopportare questi insulti. Anche se sono più giovane di lei pretendo rispetto», ha urlato l'avvocato, mentre per la prima volta dall'aula si è levato un applauso all'indirizzo di un legale della difesa dei due imputati. «Se la Corte ha deciso così vuol dire che c'erano le ragioni per farlo», è stato il commento di Aureliana Busso, la madre della studentessa uccisa, che non ha nascosto la sua «sorpresa: proprio non ci aspettavamo una decisione del genere». [f. ama.] Giovanni Scattone, accusato dell'omicidio di Marta Russo

Luoghi citati: Roma, Scottone