Radicali-missini, scambio di ruoli di Aldo Cazzullo

Radicali-missini, scambio di ruoli I ragazzi della Fiamma amano la croce celtica e le minoranze sconfìtte, i pannelliani odiano Moretti e Scalfaro Radicali-missini, scambio di ruoli Filoamericani a sinistra, anti a destra NELLE SEZIONI DOPO LE BOMBE ROMA ANNO in comune la giovane età, la passione per la politica, e un modo di farla ereditato dagli Armi 70: ciclostili, volantini, marce, e scontri, se capita. Come quello davanti all'ambasciata americana: i primi in difesa delle bombe di Clinton e della bandiera Usa, i secondi, in apparente scambio di ruoli, per la nonviolenza e l'Iraq. Per il resto giovani radicali e giovani missini, filo e anti-americani, non potrebbero essere più diversi. Iniziamo da destra. Sede: quella storica di via Riboty, a Prati, la sola del Msi non passata ad An (all'entrata un murale dei centri sociali indica che il controllo del territorio è pratica abbandonata). Cicerone: Pino Rauti, fondatore e leader della Fiamma, salutato con venerazione dai giovani camerati, che citano a memoria passi della sua relazione al congresso di Sorrento ('87) e il racconto di quando scortò il Duce al comizio al lirico. Alle pareti: tricolore di Salò con aquila e fascio, manifesti «contro il liberismo» con bandiere Usa lacerate, il calendario 1999 con in copertina Mussolini e la scritta «Vincere», citazioni di Berto Ricci («Contro Roma, città dell'anima, sta Chicago, capitale del maiale») e del giuramento della Rsi («fino all'estremo sacrificio»), riproduzioni di Diirer («ci affascina il Medioevo»), annunci di campagne contro i McDonald's e per la tutela dell'olivicoltura, locandine di concerti del gruppo rock «Junker» e della celebrazione della morte di Mikis Mantakas, neofascista greco ucciso qui davanti 0 28 febbraio '75. Simbolo: il tridente, «segno della terza via tra capitalismo e comunismo e della tripartizione della società indoeuropea secondo Dumezil tra guerrieri, lavoratori e sacerdoti», spiega Luca Traini, coordinatore dei giovani, 20 anni, capelli lunghi e fisico da culturista. Daniele Giannini, leader provinciale, che tutti chiamano «federale», e Luca Romagnoli, leader regionale, sono trentenni (ma il leader torinese, Heinz Sommerfeldt, ne ha 19). Parole-chiave: tradizione, spirito, nazione. Nemici: massoni, banchieri, liberali. Né teste rasate, né giacconi bomber: i missini - il 45% dei 15 mila iscritti ha meno di trent'anni - non vengono dalle borgate nere, né dai Parioli («quelli stanno con An»), ma spesso da Cinecittà e Primavalle. Si salutano augurandosi «buon Natale» e «buon solstizio». «Ma non siamo seguaci di esoterismo. Certo, alcuni simboli li portiamo nel cuore, come la croce celtica. Il saluto romano lo riserviamo per le commemorazioni dei caduti degli Anni 70. E' la nostra identità, la nostra memoria». «Fini traditore», dice un cartello. «Ma no spiega Luca -, An ormai è un partito come il Ccd». I veri traditori sono quelli della «destra sociale», che ai missini pare un ossimoro: «Noi siamo contro lo smantellamento dello Stato sociale. Non ci consideriamo di destra; andiamo oltre la destra». Nella biblioteca dei ragazzi della Fiamma ci sono Celine, Drieu La Rocheile, Nietsche, Berto. Evola? «Da maneggiare con cura, come gli steineriani». Piacciono i fascisti rossi, Nicola Bombacci, 0 fondatore del Pei fucilato a Dongo, e Filippo Corridoni «protofascista». E piace il Duce interventista e rivoluzionario dei pri¬ mi del secolo e quello «sociale e antiborghese» di Salò. Cosa leggono ora? «Processo all'Occidente» di Veneziani, «un grande, però venduto ai salotti e ai media», e «La fine del lavoro» di Rifkin. Addio a Giano Accame - «ci ha traditi per la destra sociale» e ad Alain de Benoist - «troppo conservatore» -; bene invece Serge Latouche e Massimo Fini, «non male» Sergio Romano (un altro dei rarissimi punti di contatto coi radicali). Luca e i suoi hanno un debole per le minoranze sconfitte, dai vandeani ai pellirosse. Per il Che, «quello romantico, non quello marxista». Per palestinesi e irlandesi (mentre i radicali difendono Netanyahu e Blair). Sono in contatto con falangisti spagnoli («sì a Primo de Rivera, no a Franco») e nazionalisti francesi (ma Le Pen è «troppo liberale»). Dicono di non odiare gli ebrei («ma la storia dell'Olocausto è da riscrivere»). Odiano invece l'America, il «seggio di Satana», che «vuole imporre il proprio modello di sviluppo con le bombe: nel '44 all'Italia, oggi all'Iraq. Saddam l'hanno messo lì gli americani. Come Pinochet, i Taleban». Prossimo corteo: a Natale, «contro i radicali che protestano per la pena di morte, ma poi legittimano l'assassinio di milioni di bimbi con l'aborto». Eccoli, i radicali. Sede: quella storica di via di Torre Argentina. Cicerone: Giovanni Negri, ex leader, di cui la nuova generazione ricorda le foto smagrite dopo i digiuni (ma la tradizione continua: Daniele ha alle spalle due giorni di sciopero della sete per radio Radicale). Hanno grande abilità dialettica e vis polemica pannelliana. Non sopportano il «veltronismo», il cinema italiano, Nanni Moretti («dopo Aprite sulla nascita del pargolo, attendiamo il film sul primo dentino»). Giudizi discordi sul Soldato Ryan di Spielberg e su Striscia la notìzia. Quasi tutti si sentono di sinistra, ma alle provinciali non ha votato nessuno, tranne Giuseppe Micheletta: Polo. Libri: Pasolini (Simone Sapienza, 17 anni, studia dove Pier Paolo insegnò, a Ciampino), Sciascia («ma ora il regime lo ricorda come indipendente di sinistra e non come radicale»), Salvemini, Croce, Solgenicyn. Avversari: ulivisti, pacifisti, terzomondisti, einaudiani, «che hanno diffuso la fiammella cattocomunista». E poi la Corte Costituzionale e il «tandem teocratico WojtylaScalfaro». Sui giornali cercano Barbara Spinelli, Enzo Bettiza, Angelo Pezzana (e Forattini). A sorpresa, non convincono Galli della Loggia né Glucksmann e Lévy, «troppo schizzinosi»; e al gruppo di Liberal viene preferito quello storico del Mondo (su tutti Ernesto Rossi). Raccontano che davanti all'ambasciata Usa i poliziotti volevano costringerli a riporre la bandiera americana: «Non è un caso che ai grandi appuntamenti del secolo, la II Guerra mondiale e la guerra fredda, l'Italia fascista e cattocomunista fosse ì, dalla parte sbagliata». Loro stanno con le democrazie anglosassoni, «non perché beviamo Coca Cola a colazione, ma perché sono forze di libertà». E contro i dittatori: Castro, «più sanguinario di Pinochet», Milosevic, Kabila. Difendono i diritti del Dalai Lama, del kosovaro Rugova e della giunta algerina. E, in fondo, anche quelli dei giovani missini: «La loro croce celtica non è peggiore della falce e martello». Aldo Cazzullo Qui accanto Pino Rauti A sinistra il leader referendario Marco Pannella