Burrasca fra Popolari e Ds di Alberto Rapisarda

Burrasca fra Popolari e Ds IL VERTICE DAL MINISTRO AMATO Burrasca fra Popolari e Ds Torna la sfida sulla legge elettorale ROMA EANCHE l'avvicinarsi del santo Natale è riuscito a portare la pace tra ds e popolari, tra Walter Veltroni e Franco Marini. Anzi, le cose vanno peggio del solito tra i due partiti-cardine della maggioranza, divisi dal referendum di Segni (che Veltroni appoggia e Marini aborrisce), in conflitto sulla riforma elettorale possibile e in concorrenza sulla caccia all'elettorato cattolico. A Piazza del Gesù, nella sede del Ppi, c'è il clima di chi scava trincee per prepararsi ad affrontare una grande offensiva su due fronti. Perchè se da una parte Veltroni impensierisce i popolari con la sua preferenza per un sistema elettorale a doppio turno di collegio (che loro valutano come una condanna a morte), dall'altra c'è Romano Prodi che promette di presentare una sua lista alle elezioni europee in concorrenza con i popolari (che equivale a minacciare il colpo di grazia). Si capisce, allora, il segretario Franco Marini che facendo gli auguri di Natale al suo staff parla come un generale prima dello scontro decisivo: «Quando si sente l'odore della polvere da sparo, allora è il momento di scendere in battaglia». E non stupisce che il pur pacioso Gerardo Bianco aggiunga, concordando, che «ogni tanto qualche missile bisogna pur lanciarlo...». I missili, in effetti, volano sfiorando, minacciosi, il tetto di Palazzo Chigi. Al presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, in queste ore staranno fischiando le orecchie per il trambusto della sua maggioranza. «I partiti minori, portati al macello, ovviamente scalciano - spiega Ugo Intini, coordinatore dei socialisti democratici italiani - E D'Alema deve preoccuparsi moltissimo. Se i referendari della maggioranza distruggeranno i partiti minori, questi distruggeranno la coalizione di governo». Anche Clemente Mastella, segretario della Udr, considera «un grande errore» la presenza di Veltroni sul palco dei referendari. Solita conclusione a beneficio di D'Alema: «Questo errore certamente indebolisce la maggioranza di governo». Così, complice il vicino Natale e i festeggiamenti per la sigla del patto sociale, Massimo D'Alema ha invitato il segretario dei ds a Palazzo Chigi. E lì non si debbono essere scambiati solo auguri, come ha sostenuto in un primo momento Veltroni, se sono rimasti a parlare per un'ora e mezza. Di sicuro Veltroni si è complimentato per il successo del governo col patto sociale (lo fa rilevare una nota di Palazzo Chigi). Di sicuro hanno parlato anche della situazione politica (lo fa rilevare una nota di Botteghe Oscure). Entrambe le fonti concordano nel certificare che c'è stata «piena sintonia di vedute» in un «clima ottimo». Precisazioni che dovrebbero es¬ sere del tutto superflue quando a parlarsi sono due compagni di partito. A meno che le tensioni ci siano veramente e bisogna, diplomaticamente, velarle. Motivi di tensione, in effetti, ne sono sorti anche ieri tra popolari e diessini. Si era riunito un vertice di maggioranza, alla presenza dei ministri Amato e Folloni, per cercare di avvicinare le posizioni di ds da una parte e ppi, più verdi, Sdi, cossuttiani (e parte dell'Udr) dall'altra, sulla riforma elettorale. Il sogno del ministro per le Riforme, Giuliano Amato, è quello di presentare una decisione comune della maggioranza alla valutazione delle opposizioni. In realtà, i convenuti non hanno trovato l'accordo neanche per redigere un comunicato comune finale. Si son lasciati, guardandosi in cagnesco, dandosi appuntamento per l'8 gennaio. Il vicesegretario dei popolari, Franceschini, voleva che col documento i diessini si impegnassero ad approvare una legge elettorale che impedisca il referendum. «Non se ne parla - avrebbe replicato il capogruppo dei senatori diessini, Salvi - il referendum è un istituto democratico ed è assurdo impegnarsi a fare una legge solo per impedire il suo esercizio». Tra botte polemiche e repliche tese, i due maggiori partiti di governo si sono lasciati più sospettosi di prima. «Per poter tornare a ragionare insieme bisogna rigenerare lo spirito della coalizione» ha avvisato Franceschini, secondo il quale la presenza di Veltroni tra i referendari «ha cercato di uccidere lo spirito di coalizione». In ballo, ora, c'è il tentativo di fare esaminare dal Senato i pro¬ getti di riforma giacenti, nella speranza di approvarne uno (almeno al Senato) prima della data del referendum, in modo da chiederne la sospensione. Antonio Di Pietro (furioso perché ieri non è stato invitato al vertice), parlando come referendario non ha escluso che questa possa essere una via percorribile, a patto di essere certi che la legge rispetti lo spirito del referendum: «Faremo come san Tommaso: prima vediamo e poi decidiamo». Alberto Rapisarda Il presidente Scalfaro durante gli auguri di Natale alle autorità, ieri al Quirinale. A destra il ministro Amato

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