Aziz: dopo tante bombe, via le sanzioni di Mimmo Candito

Aziz: dopo tante bombe, via le sanzioni Il vice di Saddam tenta di sfruttare il risentimento del mondo e di ridicolizzare Desert Fox Aziz: dopo tante bombe, via le sanzioni «I missili di Clinton e Blair hanno ucciso solo 62 soldati» BAGHDAD DAL NOSTRO INVIATO Quanto fa 400 diviso per 62? Dovrebbe fare 6, più qualcosa. Teniamo soltanto la cifra tonda, quel 6. E allora, poiché i 400 missili lanciati sull'Iraq hanno ucciso soltanto 62 fra soldati e ufficiali (questo ci ha detto ieri Tarek Aziz), vuol dire dunque che per ammazzare un singolo uomo delle truppe irachene gli americani hanno dovuto usare ben 6 missili. Nemmeno Tartarino sarebbe riuscito a tanto. Se non fosse che si parla di morti, e di dolore, e della drammatica storia di un pezzo di mondo che è il punto più delicato delle risorse energetiche del pianeta, sarebbe da dire che la montagna infernale costruita da Clintonfr Blair ha partorito davvero un misero topolino. Ma le guerre di oggi non si fanno soltanto con i soldati e con le loro armi, oggi si combatte anche (forse, soprattutto) con i mass media. E Tarek Aziz, che ieri ha voluto incontrare i giornalisti di mezzo pianeta, ha lanciato in questo modo la sua «guerra» contro Clinton & Blair: quei due lì ha detto a tutti noi, che prendevamo diligentemente nota - quei due assicurano di aver distrutto la capacità offensiva dell'Iraq, ma io vi dò qui le cifre giuste, e tu, mondo, capirai come l'infelice coppia («Don Chisciotte e Sancho Panza», li ha chiamati) siano solo dei gran bugiardi. E criminali. A leggere quei sorprendenti numeri, non è affatto detto che sia bugiardo anche lui, Aziz. Noi giornalisti, per raccontare le cose per come stanno, abbiamo potuto vedere ben poco in un Paese dove ogni tuo passo viene vigilato, seguito, soprattutto impedito. Vedevamo le bombe che ci cadevano addosso, e mettevamo la testa giù per ripararci. Non c'era permesso di fare molto di più. Tuttavia possiamo anche dar credito al vice di Saddam, e aggiungere a questo credito il fatto che missili e bombe centravano con precisione i bersagli (assai più che nella guerra del Golfo, della quale, ricordiamolo, l'Iraq non ha dato mai il numero delle perdite). Però dietro la sproporzione tra la magnitudo dell'attacco e i numerini di Aziz passano egualmente due obiettivi della guerra mediatica dell'Iraq. Il primo è un segnale lanciato al di là delle frontiere: e dice che quella sproporzione condanna irrimediabilmente, agli occhi di tutti, l'uso della forza come strumento punitivo del potere di Saddam. Che senso ha spaventare il mondo intero per ammazzare poi soltanto 60 soldati? Il secondo segnale è lanciato invece al fronte interno ed è un duro ammonimento: attenzione a credere che possiate sbarazzarvi facilmente di Saddam, perché la sua potente Guardia Repubblicana (solo 38 morti e 100 feriti) resta viva, vegeta, e capace di stritolare chiunque pensi di ribellarsi. Un terzo obiettivo strategico di questa «guerra» era la conquista della solidarietà musulmana (i leader arabi odiano Saddam, ma debbono appoggiare il fratello Iraq). E, puntuale, Aziz ha trovato lo slogan che vince: la guerra dei 4 giorni, ha detto, è «una cospirazione sionista e impe- rialista». Con quelle due paroline magiche ha acceso le due micce - l'odio verso Israele e il risentimento anticoloniale - che fanno esplodere ogni spirito dell'islam. Nel mondo della Mezzaluna, da Mubarak a re Fahd, ora tutti sanno come debbono comportarsi. Tutto qui? No, Aziz ha anche chiesto ai giornalisti di far sapere che cosa voglia ora l'Iraq dal mondo. Eccolo: «condanna e punizione degli aggressori», «cancellazione delle sanzioni economiche». La strategia diplomatica di Saddam vuole dunque sfruttare il risentimento internazionale contro l'attacco militare, per guadagnarsi la liberazione dall'embargo. Non sarà facile, ora comunque la parola tocca alle Nazioni Unite. Ma dev'essere una «parola nuova», perché gli ispettori dell'Onu sulle armi batteriologiche sono un discorso chiuso: «Quelli lì sono stati ammazzati da Clinton & Blair. Io non posso resuscitarli». Parrebbe dunque che stiamo tornando alla politica, al negoziato. Solo che il margine di tempo è drammaticamente corto: «La guerra è solo sospesa, sappiamo benissimo che potrà riprendere in qualsiasi momento quando finirà il Ramadan, cioè fra un mese». I giornalisti hanno preso nota. Poi hanno preso nota di un'ultima affermazione: «Saddam è un leader forte, amato dal suo popolo, che ha piena fiducia in lui». I giornalisti scrivevano, ma anche le guerre mediatiche hanno le loro difficoltà logistiche. Mimmo Candito Ancora una manifestazione per Saddam a Gaza. A sinistra, il Segretario dell'Onu Kofi Annan

Luoghi citati: Baghdad, Gaza, Iraq, Israele