Tra medici in famiglia & posti al sole
Tra medici in famiglia & posti al sole Tra medici in famiglia & posti al sole VRE BBE dovuto chiamarsi «Medico di famiglia», per dire quelli delle AsI che fanno le ricette. Poi, però, visto che le AsI e le ricette sono in secondo piano mentre assai di più contano i figli, la casa, i nonni, e la cognata, l'hanno chiamata «Un medico in famiglia» che tanto è là che si svolge la stona. Ispirata a una sit-com spagnola ma scritta e riscritta con infinita pazienza da un gruppo di sceneggiatori intelligenti come Giovanna Caico, Tommaso Capocchio e Massimo Russo capeggiati da Paola Pascolini, più i due «Conigli» Presta e Dose, è il primo tentativo autenticamente nostrano di serialità lunga, lunghissima, a costo basso, bassissimo, collocata in prima serata su una rete importante come Raiuno, per di più la domenica, dove già sono andati con grande successo il dramma sentimental-ospedaliero con Elisabetta Gardini e la commedia poliziesco-ironica con la Koll e Manfredi. Si pensava a un ascolto intorno al 20% che magari, durante le 26 puntate, sarebbe potuto anche crescere. Sono partiti con il 30%. Un successo sprepitoso che premia il coraggio della Raiuno di Sacca, la fatica dei due registi Anna Di Francisca e Riccardo Di Donna, ma soprattutto la naturale credibilità dei tre interpreti: Giulio Scarpati, giovane medico rimasto vedovo con tre figli, Lino Banfi, suo padre, comunista vecchio stile ma pensionato contemporaneo, Claudia Pandolfi, la giovane cognata giornalista precaria con pene d'amore. Giulio Scarpati, attore di ottimi film italiani da «Chiedi la luna» a «Il giudice Livatino» nonché gran frequentatore di palcoscenici nella convinzione che il teatro è la palestra di chi vuol recitare, racconta di aver vissuto questo anno e mezzo di lavoro sullo stesso set, con qualche ansia, in attesa di capire se questa sua scelta sarebbe stata condivisa dal pubblico. «A convincermi ad accettare di fermarmi per quasi due anni su questo progetto sperimentale è stata la sceneggiatura. E' un racconto di piccolestorie familiari in cui non compare mai la tragedia. Può sembrare che non succeda mai niente, ma forse è necessario che la fiction italiana cominci a proporre il nostro quotidiano, senza paura di annoiare, perché c'è anche voglia di rispecchiarci in quel che si vede in televisione». Due cose, dice, l'hanno sorpreso. La prima è la fatica fisica. «Immaginavo, girando a Cinecittà, di poter stare più vicino ai miei figli, di risparmiare le forze che viaggi e tournée abitualmente disperdono. E' pesantissimo: la sera, quanto torno a casa, ho so!o voglia di dormire». La seconda è la necessità, quando si recita una commedia leggera e sentimentale come questa, di essere sinceri con se stessi. «Ho recitato cercando di costruire questa figura di padre culturalmente "femminilizzato" ma giustificato a lasciar trasparire la sua tenerezza dall'assenza della moglie. L'ho fatto credendoci. E chissà che a noi attori, anche il cinema italiano in perenne difficoltà, alla fine non chieda che questo: credere in ciò che si sta facendo». Impegnato sul set fino a Natale per la ripresa delle ultime puntate di questa fiction, Scarpati sarà in teatro con «L'idiota». A marzo, per contratto, deve però fermarsi: se il successo fosse travolgente potrebbe esserci una seconda serie. E dopo? «Dopo basta. Nessun attore, neanche Horst Tappert, è lieto per aver fatto sempre Derrick». [Simonetta Robiony] VRE BBE dovuto chcette. Poi, però, visto no i figli, la casa, i nonè là che si svolge la stpazienza da un gruppcchio e Massimo Russo capeggiati daautenticamente nostrano di serialità lusu una rete importante come Raiuno,dramma sentimental-ospedalieroe Manfredi. Si pensava a un ascolto intorno al scere. Sono partiti con il 30%. Un successo due registi Anna Di Francisca e Riccardo Di DScarpati, giovane medico rimasto vedovo sionato contemporaneo, Claudia Pandolfi, la pati, attore di ottimi film italiani da «Chiedscenici nella convinzione che il teatro è la palesdi lavoro sullo stesso set, con qualche ansia, in attes«A convincermi ad accettare di fermarmi per quara. E' un racconto di piccolestorie familiari in cui non ma forse è necessario che la fiction italiana comic'è anche voglia di rispecchiarci in quel che si vede fisica. «Immaginavo, girando a Cinecittà, di tournée abitualmente disperdono. E' pesaseconda è la necessità, quando si recita con se stessi. «Ho recitato cercando di giustificato a lasciar trasparire la suache a noi attori, anche il cinema itaciò che si sta facendo». Impegnfiction, Scarpati sarà in tesuccesso fosse traNessun aIl gruppo di «Un medico in famiglia», serie lunga italiana insieme con «Un posto al sole» AerointernaDalila Di Ltra i protagorie, in ondRaiuno, chevita concitaporto (primcerbassero g Il gruppo di «Un medico in famiglia», serie lunga italiana insieme con «Un posto al sole»
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