Una televisione di lungo corso

Una televisione di lungo corso Una televisione di lungo corso HH N principio, ma neanche tanto in principio, in Italia la fiction era solo di media, me1B dia-lunga durata: quattro puntate, sei, a volte, poche, otto. L'italiano è abituato ai llll film, si diceva, non regge le lungaggini. E poi, se soap deve essere, che sia americaW$à na, e se dev'essere telenovela, che la facciano i brasiliani e via. Ma produrre serie 111 lunghe per la televisione industriale del Duemila non è una scelta: è una necessità. Perciò un po' alla volta, Rai e Mediaset si sono buttate nell'impresa, tentando e ritentando generi diversi. La storia è lunga. La Rai c'ha provato molte volte: da Aeroporto internazionale con Dalila Di Lazzaro, mai premiato da grandi ascolti, ma bissato per imparare a girare in elettronica, a I ragazzi del muretto, seriale giovanilistico nato per copiare «I ragazzi della Terza C» della concorrenza, ma risultato poi un prodotto vincente da ripetere fino a trasformarlo in una serie lunga. La Fininvest, invece, ha puntato subito sulla soap. Edera, diretta da Fabrizio Costa con Agnese Nano fu un successone del '91 su Canale 5 in prima serata, tanto da indurre la rete a produrre prima Passioni con Virna Lisi, e dopo Senza fine, scritta da Ennio De Concini, il padre della fiction italiana lunga, che però, in questo caso, fece fiasco inducendo alla prudenza il gruppo di Berlusconi. L'alternativa, lanciata sempre dalla tv commerciale, fu ripiegare su piccole sit-com da mandare in onda durante la giornata, cose che costano poco e possono facilmente essere arricchite da nuovi episodi. Sono nate, perciò, Casa Vianello, poi diventata Cascina, del duo Mondaini-Vianello, Nonno Felice di Bra- mieri oppure Casa, dolce casa della coppia Alida Chelli-Gianf ranco D'Angelo. Si deve arrivare a Un posto al sole, progetto australo-napoletano imposto alla Rai con atto di coraggio da Giovanni Minoli, inonda ormai per la terza stagione consecutiva il pomeriggio su Raitre, per ricominciare a veder nascere da noi il progetto di un seriale lungo, ma veramente lungo. Non come quelli americani che possono accompagnare il corso di una vita, cambiando un attore con un altro, facendo rinascere i morti, producendo seriali «figli» e seriali «nipoti» pur di non spiacere ai propri affezionati spettatori, ma sempre abbastanza lunghi da poter durare almeno tre quattro mesi tenendo compagnia, una volta a settimana, al pubblico nostrano che ha dimostrato di preferire le storie italiane, pur se modeste, a quelle straniere, troppo lontane dal nostro gusto. Ma è solo con Un medico in famiglia che una fiction di 26 puntate da 100 minuti, o per essere più esatti di 52 da 50, approda in prima serata su Raiuno, la sera della domenica, promettendo di tener compagnia al pubblico per sei mesi consecutivi. Se l'esperimento riesce oltre alla via aperta delle soap, potrebbe inaugurarsi anche quella della commedia, un genere che, lo dimostra il nostro cinema, è al primo posto nel gradimento di noi italiani. rSj, ro] La Rai aveva provato molte volte a realizzare serie infinite, ma non andavano mai particolarmente bene. Adesso pare aver centrato l'obiettivo di ascolto e anche di interesse da parte del pubblico vio Orlanallungabila Gialap 1991. le vani erano mki. Teoadre, avenese e na casa. meo ai icaerie sità. anterae «I eoe, ndo poletano imposto alla Rai con atto di coraggio da e, per ricominciare a veder nascere da noi il progetto ompagnare il corso di una vita, cambiando un » pur di non spiacere ai propri affezionati spettatompagnia, una volta a settimana, al pubblico niere, troppo lontane dal nostro gusto. Ma è solo più esatti di 52 da 50, approda in prima serata su mesi consecutivi. Se l'esperimento riesce genere che, lo dimostra il nostro rSj, ro]

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