Sportineria
SportineriaSportineria SAPPIAMO benissimo quale regista-attore avrebbe potuto dirigere ed interpretare un breve filmato, un «corto», sul torinese che telefona, in una cabina urbana, e il torinese che aspetta la fine della telefonata (anche due parti per lo stesso attore, tanto non c'è mai contatto fra le due persone). Ma Jacques Tati non c'è più, e comunque avrebbe molto da fare con i suoi connazionali, specie quelli di Parigi che come è noto è una piccola Torino. Dunque il torinese che telefona sa che fuori c'è uno che aspetta, ma sa che non può saperlo, sennò deve affrettarsi. E allora riesce a mettere insieme una straordinaria interpretazione di quello che «non ha niente da fare ma lo deve assolutamente fare», come quei militari che secondo Paolo Poli «non hanno niente da fare ma si alzano prestissimo per farlo». Parlare con gravità estrema, fare smorfie e gesti che dicano di un intenso impegno nella discussione, alzare ogni tanto la voce, sussurrare spesso. Ma assolutamente, assolutissimamente, non guardare chi sta aspettando. E se proprio l'occhio finisce addosso a quello lì, cercare di vederlo senza guardarlo (si può, oh se si può) e gonfiarsi le gote d'aria, in segno di impazienza e scocciatura per le cose gravi che stanno arrivando dall'altra parte del filo. Magari consultare spesso un taccuino, e non importa che sopra ci sia scritto di ricordarsi di comprare il mangime per il gatto. Importante è non fare mai scadere di importanza il momento. E guai chiudere la telefonata o anche la serie delle telefonate mostrando di essersi accorti che uno, fuori, smaniava. E dunque evitare non diciamo ogni contatto ma addirittura ogni saluto, uscire sbuffando, guardando l'orologio. L'altro, quello che attende, vive anche lui una parte intensissima. Mai e poi mai picchietterebbe sul vetro per far sapere che ha fretta, troppo semplice. Invece passi veloci intorno alla cabina, da accerchiare come gli indiani a cavallo intorno al campo dei pionieri sui carri. La schedina telefonica estratta dalla tasca, rimessa nella tasca, estratta, rimessa: sempre come se si trattasse dell'ultimo gesto concesso nella vita. Continui controlli dell'orologio, come se fosse in ballo lo scoppio di una bomba a tempo. Ma il grande momento è quando la cabina viene liberata. Allora subentra un rilassamento nirvanico, come dell'alpinista che si sdraia sulla vetta, per puntuta che essa sia. En attendant un autre Tati.
Persone citate: Jacques Tati, Paolo Poli, Tati
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