IL «TRIONFO» DI HAENDEL di Armando Caruso

IL «TRIONFO» DI HAENDEL IL 21 AL REGIO IL «TRIONFO» DI HAENDEL Un rarissimo oratorio barocco sotto la guida di Harnoncourt FORTUNATO Georg Friedrich Haendel. In una società che aveva a cuore le arti, in pieno Settecento, godeva delle simpatie dei potenti, si manteneva con il loro denaro, viveva una vita salottiera, coltivata con estrema eleganza e intelligenza da prìncipi e cardinali illuminati. Altri tempi. Il grande Sassone - così era chiamato Haendel - si ritrovò nel bel mezzo d'una società, quella romana, che lo accolse a braccia aperte, il cardinale Benedetto Pamphili, teologo, poeta e filosofo, gli mise in mano il suo libretto intorno a un dramma senza intreccio - «Il Trionfo del Tempo e del Disinganno», appunto, che debutta al Teatro Regio con un'unica rappresentazione il 21 dicembre alle 20,30 - e a disposizione un'orchestra (barocca, naturalmente) diretta nientemeno che dal grande Arcangelo Corelli. Che poteva pretendere di più il prolifico Haendel, uno dei padri riconosciuti e celebrati del classicismo barocco? Nulla o quasi. Si mise al lavoro e, in ossequio alla Roma papalina, decise che dramma scenico non sarebbe stato, che il suo «Trionfo del Tempo e del Disinganno» sarebbe nato sotto forma oratoriale, per non urtare la suscettibilità dei munifici prìncipi della chiesa. Così fu. I personaggi? Sono simbolici: Bellezza, Piacere, Disinganno, Tempo, calati nel pieno dell'elegia dell'amore inteso in senso estetico, una metafora elegante e retorica della vita, così come la si concepiva a quel tempo. Haendel, da virtuoso organista, inserì nell'oratorio una Sonata per organo e orchestra, che divenne il leit-motiv della partitura. Da quel punto si snodò il «canto» alla vita dei quattro personaggi, un «dialogo» sulle note di quell'aria: Bellezza chiede cosa fosse quel suono, Piacere, Tempo e Disinganno rispondono e si contendono la Bellezza, fino al ravvedimento completo. Il ruolo di Bellezza è affidato al soprano Eva Mei, che proprio al Teatro Regio ha colto le prime conferme della sua bella carriera. Piacere sarà il mezzosoprano Cecilia Bartoli, una stella di prima grandezza del firmamento lirico mondiale, raffinatissima ed elegante vocalista e interprete con un'infinità di risorse, ormai ingaggiata con contratti pluriennali dalla Decca; Disinganno sarà il contralto Marianne Lipovsek e Tempo il tenore Scott Wair. Ma la concertazione dell'oratorio e la sua direzione, sono invece opera di un grande maestro del barocco: Nikolaus Harnoncourt, alla testa del Concentus Musicus Wien, un complesso europeo tra i più raffinati, che ha la fortuna di lavorare con il grande musicista, suo fondatore nel 1953. Harnoncourt, violoncellista viennese, nato nel 1929, è uno dei maggiori studiosi della prassi esecutiva barocca. L'idea di fondare il «Concentus» gli venne all'inizio degli Anni 50, allorché si trovò a lavorare con un gruppo di specialisti, con i quali ha prodotto una ricca serie di dischi. Harnoncourt, che insegna all'Università e al Mozarteum di Salisburgo, e anche un raffinato cultore dell'opera di Monteverdi e di Mozart. Bene ha fatto dunque il Teatro Regio ad assicurarsi un cast di artisti di questo livello e un complesso orchestrale come il «Concentus» da oltre quarant'anni diretto dal grande musicista. Sarà una esecuzione che i patiti del barocco settecentesco non perderanno: assistere al «Trionfo del Tempo e del Disinganno» è oggi, per una sola serata, un privilegio di cui non sempre si comprende l'intrinseco valore culturale. Armando Caruso I fianco i.td Mei, in allo I liirnoiicourl. direttore del Concentus Musini.* \Vien, e Cecilia Bartali

Luoghi citati: Salisburgo