SCRIVIMI, ANTOINE di Gabriella Bosco

SCRIVIMI, ANTOINE EPISTOLARI SCRIVIMI, ANTOINE Lettere di Saint-Exupéry CE ne sono di veri, di falsi, di ambigui. Gli epistolari sono come gli amori. Quello della monaca portoghese scritto tre secoli fa, pare, da un uomo - il conte di Guilleragues - niente affatto monaca, niente affatto portoghese e forse neppure innamorato, è un bel caso, perché sono lettere straordinariamente sincere. I confini sfuggono, soprattutto se a leggere non è il destinatario reale (o supposto tale). Il gioco delle parti è illusorio, da parte dell'autore che vorrebbe ingannare anche se stesso. Sarà perché «scrivere è una conseguenza», pensava Antoine de Saint-Exupéry, che volle o* n 'fortemente credere in una bella 01111611011 6 MlUU,storia, nelle Lettere di giovinezza / ri all'amica inventata. Incantato 111 COrC&'e COll FOOpilota esordiente scrittore pilota, esordiente scrittore, Saint-Ex gioiva e si disperava nelle pagine indirizzate alla donna. Le raccontava ad esempio di quella volta che i comandi non risposero più (uno dei tanti incidenti di volo), e lui con la stilo scrisse sul quadrante «Avaria. Cercare. Impossibile evitare caduta». Lo irritava l'idea che qualcuno potesse accusarlo «di aver perduto la vita per imprudenza». E poi, geloso delle sue lettere, scriveva di essere «come quel brav'uomo che per delicatezza aveva offerto per falsa una pietra vera». L'amica inventata, nel titolo francese del libro inconnue, sconosciuta, risponde al nome di Renée de Saussine e firma un'accorata e commossa prefazione. Tremende per forza di verità sono del resto le Lettere ai Romani inventate da Piero Ferrerò. Il suo è un romanzo epistolare a due voci, in cui il carteggio tra don Sebastiano Conocchia e monsignor Serafino Maria Dottori sui temi della fede, dell'interiorità, dell'impegno differentemente intesi, è serrato nelle argomentazioni, feroce nell'intelligenza. Ferrerò, dramatur da una vita, è tormentato dalla sua invenzione. Veramente vere invece, per quanto possono, essendo scritte da due infingitori di professione, sono le lettere tra Simenon e Fellini, Carissimo Simenon Mon cher Fellini. Sono in questo caso lettere della maturità, i due presero a scriversi tardi, e quel che incanta è il minuetto di grazioserie che si scambiano, sotto cui bolle evidentissimo il commercio cifrato di due fantasie abnormi. Di nuovo Lettere della giovinezza sono quelle di Vittorio Foà scritte ai genitori dal carcere tra il 1935 e il 1943. Anche in questo caso scrivere fu una «conseguenza», ma conseguenza singolarmente necessaria. Com'è necessario oggi leggere le lettere di Foà, soprattutto per chi non ha vissuto quegli anni. Lettere solide, su cui poggiare. Mentre «un terribile lamento, una specie di urlo» (Giorgio Ficara) è in quelle di Giacomo Leopardi, ora fresche di stampa in una nuova, fondamentale edizione. Dove si può trovare grande poesia anche in piccole lamentele, e dove gli ordini risultano sommamente invertiti. Ci sono però anche i casi in cui gli amori sono come gli epistolari, e sono veri, falsi e ambigui insieme. E' così la passione minuziosamente descritta da Patrick McGrath in Follia, tra Stella e Edgar. Tra loro nessuna parola, o pochissime. Solo gesti, spesso efferati, sempre indelebili. Invece che lettere, numeri: il libro è da noi alla nona ristampa nel giro di pochi mesi. Gabriella Bosco o* n ' • i il m •. v 01111611011 6 MlUU, llimOggl dellO maUtrUd / ri •/. 7 •/ / /'i /' 111 COrC&'e COll FOO, il 10,1710116 UriO Ol L60pOJW 48. Schermitori

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