DIALOGO COL TASSO

DIALOGO COL TASSO CLASSia DIALOGO COL TASSO E con i poeti-filosofi Iclassici sono sempre più un rifugio e una salvezza di fronte all'imperversare della letteratura più vana e inutile dell'oggi, così ossessivamente celebrata dai mezzi di comunicazione di massa. Mi sembra che vengano sempre più a mancare l'equilibrio e l'armonia fra l'antico e il nuovo, poiché questo è sempre meno tale e, in ogni caso, è pallido e smorto a indicare la molto probabile brevità della sua esistenza. In questa prospettiva metto per pruni, tra i classici nuovamente e sapientemente offerti alla nostra lettura, per un verso, in quest'anno leopardiano perfino troppo fitto di edizioni di singole opere o addirittura di raccolte che sono frutto di scelte tematiche anche molto arrischiate e discutibili di pagine sparse e hi particolare dello Zibaldone, l'intero Zibaldone, a cura di Rolando Damiani, riccliissimo di note, di indici, di efficaci guide alla lettura quanto mai fascinosa e ammaestrevole di questa sorta di sublime diario di letture e di idee; e l'edizione completa de Le poesie di Tommaso Campanella, a cura di Francesco Giancotti, che permette di avvicinare, attraverso la cura filologica e l'egregio commento, uno dei nostri massimi poeti. La poesia di Campanella è ardua per concentrazione e sublimità di pensiero, esplicato in uno stile complesso, aspra, volutamente inameno, secondo il modello dantesco, soprattutto del Dante più alto, quello del Paradiso. Pongo, accanto, due opere di diversa notorietà, ma ugualmente ascrivibili alla categoria del divertimento fantastico e avventuroso, Ira la narrazione e l'esemplificazione morale bizzarra e avventurosa: la nuova edizione, a cura di Michele Rak, de Lo cunto de li curiti di Giambattista Basile, con testo napoletano e traduzione sensibile e fedele (là dove quella famosa del Croce fedele proprio non è), cioè della grande epopea fiabesca a cui il dialetto dà una vivacità, una ricchezza di risonanze, di ammicchi, di allusioni, un fervore fantastico e un fasto barocco che nessun autore o raccoglitore di fiabe mai più raggiungerà; e II Brancaleone di Giovan Pietro Giussani, a cura di Renzo Bragantini, «quasi» romanzo di godibilissima vivacità e di acuminato gusto del paradosso, dovuto a un sacerdote amico di S. Carlo Borromeo, vissuto fra la seconda metà del '500 e il 1623. Può essere, per i lettori, la scoperta che la narrativa italiana ha antecedenti quanto mai vitali e significativi nel passato. Segnalo, infine, l'edizione dei Dialoghi del Tasso, a cura di Giovanni Battetti e con introduzione di Ezio Raimondi, che offre la possibilità di avvicinare il più ampio e vario e anche conclusivo esempio di quel genere del dialogo che ebbe, nell'Italia del Cinquecento, la più alta e ricca espressione, e che il Tasso conduce ad adattarsi ai problemi di costume, di poetica, di filosofia morale, di mondanità, di moda. Ma anch'io ho, fra le opere dell'oggi, la mia elezione che è anche l'augurio di vincere l'attualità e di durare nel tempo non diversamente dai classici che amo: ed è il romanzo di Sergio Givone, Favole delle cose ultime. E' la rappresentazione della suprema tragicità dell'esistenza dell'uomo nel mondo, fra quotidianità ed eventi della storia, fra il Vercellese e la Bosnia; e il protagonista esemplarmente si propone alla coscienza del lettore come colui che prende su di sé, con straordinario impegno e con ironia, il male del mondo, fino a morirne. Giorgio Bàrberi Squarotti 4. Stelle e comete

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