Parolaio di Pierluigi Battista

Parolaio Parolaio Sergio Staino RAGAZZO TRISTE. Il mondo già appariva triste e grigio ma oramai c'è la prova provata che il mondo di oggi è il più triste e il più grigio di tutti. L'autorevole conferma viene da un'intervista di Sergio Staino all'Unità in cui il celeberrimo artefice di Bobo ricorda: «in passato le mie vignette scatenavano polemiche e passioni. La gente mi scriveva lettere, mi fermava per strada, mi faceva sapere in ogni modo cosa ne pensava». Questo ieri? Ma adesso? Adesso la gente continua forse a scrivere lettere a Staino? Continua a fermarlo per strada? Continua a fargli sapere in ogni modo cosa pensava delle sue vignette? Macché, il mondo di oggi e più grigio e più triste: «Adesso la pagina con la quale fotografo divisioni e lotte di potere nel partito non provoca neanche una reazione». Ahi, ahi. Per fortuna che Staino non è narcisista, né egocentrico e neppure egolatrico. Infatti, se fosse un narcisista attribuirebbe il fenomeno della scarsa reattività del pubblico a eventuali responsabilità del vignettista. Ma visto che non è né narcisista, né egocentrico e nemmeno egolatrico Staino spiega così la faccenda: «Brutto segno: vuol dire che gli accaparratori di poltrone possono agire indisturbati, tanto nessuno avrà mai voglia di contestarli». Vuol dire che i colpevoli son sempre gli altri. Visto che non c'entra il narcisismo? SE TELEFONANDO. In una recensione al libro di Maria Antonietta Macciocchi su Luisa Sanfelice, L'amante della rivoluzione, Marina Valensise sul Foglio si stupisce che in una biografia sulla martire della Repubbli- % ca napoletana del 1799 compaiano anche i lamenti dell'autrice per aver dovuto lasciare, durante una manifestazione pubblica a Napoli, «l'agognata sedia conquistata accanto al dottor Romiti» (sic). Effettivamente non così frequente che in biografie così ponderose appaiano notazioni molto, ma molto personali come quella della sedia occupata accanto al dottor Romiti o come: «Chiamo al cellulare di Gian Carlo Caselli e mi risponde la sua voce. E' allegro: "Davvero lei è arrivata qui? Ma che buona notizia. Se vuole la invito a cena. Lei abita all'hotel delle Palme, e allora passo a prenderla, questa sera alle 20"». 0 anche come: «Neanche di La Capria, nel frattempo, avevo avuto più Rita Pavone notizie». 0 ancora come: «Ho scritto al ministro della Cultura Veltroni (...) e non mi ha risposto. Ho scritto allora al presidente Scalfaro (...) ma nemmeno lui mi ha risposto». 0 infine come: «Alla fine un applauso generoso mi saluta. E' il segno che quell'incantesimo si è rotto?». Sì, si è rotto. BEL DI CAROTA. Il Secolo d'Italia smaschera il complotto diabolicamente ordito da Repubblica ai danni di Rita Pavone e Fabio Testi, ingiustamente giudicati dal giornale complottardo inadeguati a sostenere le parti rispettivamente di Gelsomina e Zampano in una nuova edizione musicale della Strada di Fellini. Perché giudizi così severi? Il giornale di An non ha dubbi: perché Testi «ha un peccato gravissimo, quello di non nascondere le sue simpatie per il centrodestra, per Alleanza Nazionale e per Pasquale Squitieri» e perché Rita Pavone «da sempre anticonformista, non si è mai schierata con chi aveva le re- dini del potere politico nelle mani». Ecco perché. ANCORA TU. «Una volta all'anno, puntuale come un orologio a cucù, salta fuori un critico letterario che lancia il grido d'allarme: "Non c'è più il presente! La letteratura non racconta il presente"». Ottimo il sarcasmo di Sebastiano Vassalli sul Corriere della Sera. Ma come si chiama l'orologio a cucù di quest'anno? Vassalli, chissà perché, non lo dice. Quest'anno poi c'è pure stata una novità: «Il criticocucù di turno ha scoperto il buco del decennio». Ma perché^ Vassalli fa il misterioso e non di-' ce apertamente che ce l'ha con Goffredo Fofr?t. Chissà. ANCORA TU. E poi ci si mette anche Indro Montanelli il quale, nella sua «Stanza» del Corriere della Sera al lettore Giorgio Jellici che gli chiedeva lumi sull'azione giudiziaria di Garzòn contro Augusto Pinochet risponde sminino: «No, caro Jellici, non le dico che "non ci sto" perché questa espressione appartiene al repertorio di un rompiscatole che ce l'ha resa uggiosa». E chi sarebbe mai il «rompiscatole» che ha usato l'espressione «non ci sto»? Troppo sibillino, troppo misterioso, troppo enigmatico. E chi sarà mai l'autore del «non ci sto» da non poter essere neanche nominato. Chissà. Pierluigi Battista staj % Sergio Staino Rita Pavone

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