Mescolare le carte fa bene al pubblico
Mescolare le carte fa bene al pubblico Lirica e prosa, musica e danza, sperimentazione e classici nei progetti del Teatro d'Europa Mescolare le carte fa bene al pubblico s dere, I è appreso con sollievo da Luca Ronconi che l'ultimo progetto di Giorgio Strehler per il Piccolo Teatro di Milano non verrà lasciato cacome si temeva in un primo momento: l'idea di proporre al pubblico della prosa anche teatro musicale e danza, superando le contrapposizioni dei generi, ha un'enorme portata culturale, e apre veramente al Teatro d'Europa, - titolo di cui il Piccolo ama fregiarsi - prospettive nuovissime per la cultura e l'arte del duemila. Intanto, Milano è la prima città d'Italia ad offrire come Londra, Parigi, Vienna, Berlino, New York, e altre capitali della musica, due modi diversi di fare l'opera. Nessuna «concorrenza» alla Scala, quindi, ma, al contrario, una feconda integrazione di metodi diversi nel trattare il melodramma: l'importanza che si dà giustamente all'esecuzione musicale nel grande «tempio» della li¬ rica, lascia nel Piccolo Teatro la priorità alla sperimentazione della messinscena. Strehler, e con lui i grandi registi del secondo Novecento, ci hanno insegnato in memorabili spettacoli, alla Scala e ah trove, che non esiste differenza tra melodramma e teatro di parola, e che sono state le cattive abitudini delle vecchie messinscene con i loro gesti ridicoli, le azioni goffe, le scenografie posticce, ad allontanare mia fetta consistente di pubblico, disturbata dalla mancanza di attendibilità visiva. Il lavoro dei registi che capiscono la musica e la traducono in gesti ha sanato questa spaccatura: nel progetto di Strehler c'è la consapevolezza che oggi l'opera può uscire dal suo ghetto dorato e venire trionfalmente incontro allo stesso pubblico del teatro e del cinema (quante suggestioni cinematografiche, ad esempio, nel magnetico Don Giovanni di Peter Brook). Al¬ tro che crisi dell'opera: rilancio, invece, e nuova vita, ossia spettacoli replicati per giorni e giorni davanti ad un pubblico nuovo che imparerà a cogliere, come era nei secoli passati, la straordinaria complementarietà dei due generi nella storia della cultura occidentale: teatro di idee quello della commedia e della tragedia, pervase di poesia, teatro di passioni il melodramma dove le idee alimentano il fuoco dell'emozione. Ma unico il fine di entrambi: rappresentare la verità dell'uomo e della storia nella inesauribile molteplicità dei suoi aspetti. Da quando esiste l'opera è cresciuta e si è sviluppata in un confronto continuo con il teatro di parola. Impossibile spiegare Mozart o Verdi senza tener conto dei loro brucianti contatti con Shakespeare; impossibile capire la commedia goldoniana senza proiettarla sullo sfondo dell'opera buffa settecentesca; impossibile intendere questa senza tener conto della commedia dell'arte. Tra i grandi drammaturghi e i grandi musicisti gli scambi sono stati continui: sarà povero il teatro italiano dell'Ottocento, ma attraverso l'opera s'è aperto all'Europa, entrando in contatto con Shakespeare e Walter Scott, Schiller e Victor Hugo, Prévost e Sardou, Dumas e Baumarchais, per non citare che a caso. E che dire dell'influsso esercitato su Ibsen e Strindberg da Wagner, che rifaceva i tragici greci nell'«opera d'arte totale»? Insomma, il progetto di Strehler, propone un avvincente rimescolamento delle carte, che invita gli storici del teatro ad occuparsi di melodramma e quelli della musica a non dimenticare il teatro di prosa, col risultato di apportare correzioni più che sostanziali, nel nuovo millennio, alla storia dei due generi. Paolo Gallarati
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