Simone Weil, alla larga dagli amori di Gabriella Bosco
Simone Weil, alla larga dagli amori Tra dolcezza e rigidità, le lettere della filosofa alle sue allieve di liceo Simone Weil, alla larga dagli amori «Anch'io alla sua età ho avuto la tentazione. E l'ho respinta» "7^11 metta in testa una volta L' per tutte che penso spesso a m lei e con affetto. Almeno ri11 guardo a questo, smetterà *J I Hi tormentarsi... Quando le parlo con tono severo, mi intenda, non è un segno di disprezzo; al contrario, è un segno di interesse nei suoi confronti... le voglio bene...». Brusca e dolce insieme: così volle essere Simone Weil con le ex allieve di liceo che avevano insistentemente sollecitato uno scambio epistolare e avevano lamentato le sue iniziali resistenze. Piccola cara... lettere alle allieve (a cura di Maria Concetta Sala, ed. Marietti) è un breve carteggio che rivela il carat¬ tere fortemente connotato del rapporto tra la filosofa francese e quelle allieve con cui per un certo periodo accettò di corrispondere. A Huguette Baur, studentessa quindicenne di Roanne, nell'estate del '34 scrive: «Se in qualche modo ho sempre mantenuto le distanze con lei, è perché penso che l'intimità tra un'insegnante e una studentessa non è una cosa buona per diverse ragioni». E anche, in riferimento al dolore che la ragazza dice di aver provato non ricevendo a lungo risposta: «Sappia che se pensa a me solo per tormentarsi, il suo sentimento è puramente egoistico e non ha alcun valore. Quando si amano gli altri di per sé, si è sempre felici di sapere che essi esistono. Potrebbe godersi la vita meglio se fosse capace di dimenticare se stessa». Con un'altra allieva, Simone Gibert, si spinge oltre: la mette in guardia nei confronti di qualsiasi coinvolgimento affettivo. «Posso dirle che alla sua stessa età, e anche dopo, quando ho avuto la tentazio- ne di cercare di conoscere l'amore, l'ho respinta». L'insegnante non teme di esagerare: «La mia conclusione non è che si debba fuggire l'amore, ma che non bisogna cercarlo, e soprattutto quando si è molto giovani. E' meglio allora, credo, non incontrarlo». Simone Weil ebbe l'insegnamento di filosofia, dal 1931 al 1938, nei licei di Le Puy, Auxerre, Roanne, Bourges e Saint-Quintin. Furono in realtà quattro anni più un trimestre, perché chiese due periodi di congedo, il primo durante il quale fece la celebre esperienza del lavoro in fabbrica, il secondo per motivi di salute (soffriva di tenibili emicra- nie). Era un'insegnante molto giovane. Aveva pochissimi anni più delle allieve. E per il suo modo di essere - voluta trasandatezza, assoluta resistenza al risparmio di sé suscitava in loro un ambiguo istinto di desiderio di protezione da un lato, soggezione dall'altro. L'ambiguità sfociò, in alcuni casi, in una forma di non controllata dipendenza psicologica. Su questo fatto, consapevole, Simone Weil fa presa per «manipolare» le allieve (in senso buono: indirizzarle a partire dalle sue convinzioni). Ad esempio, a proposito dell'Urss: «tutte le opere della letteratura russa di questi ultimi anni sono piene di menzogne» scrive a un'allieva, «gli scrittori che lì si rifiutano di mentire sono mandati in Siberia... Mi stringe il cuore... ma devo dirle la verità» - è il 1934. Al contempo, però, Simone Weil è preoccupata dalla responsabilità: «che mi sono assunta inconsapevolmente, perché non avrei mai immaginato di aver esercitato in modo indiretto una simile influenza sulla classe». Per questo cerca di porre limiti all'avvicinamento emotivo tra lei e le allieve. Per lo stesso motivo mette in guardia le ragazze dall'emularla. Sa di essere esempio pericoloso. Ancora a Simone Gibert: «Stia attenta. Il superlavoro... lascia spesso sull'organismo tracce profonde, i cui effetti si risentono solo dopo qualche anno, quando non è più possibile porvi seri rimedi. Io ne so qualcosa. Non le auguro ima esperienza analoga». La conclusione è brusca e tragica. Comincia la persecuzione nei confronti degli ebrei, e Simone Weil ebrea, anche se dice di non sentirsi tale - rifiuta l'offerta di ospitalità di Huguette per non mettere in pericolo lei e la famiglia. Le invia invece una lunga poesia, A un pur, che desidera sia pubblicata. La incarica di occuparsene. (Anche con uno pseudonimo, qualora il mio nome fosse indesiderabile... non ho il senso della proprietà... ora che questo poema è ultimato, non sento assolutamente che mi appartiene». Simone Weil morì poco tempo dopo, nel 1943, a Ashford, in Inghilterra, dove si era infine rifugiata. La uccise una tubercolosi complicata dalle privazioni che lei stessa si era inflitte. Gabriella Bosco Simone Weil
Luoghi citati: Huguette Baur, Inghilterra, Siberia, Urss
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