Lockerbie, quel salto nell'inferno di Fabio Galvano

Lockerbie, quel salto nell'inferno I pezzi del Boeing Pan Am distrutto da una bomba piovvero sul villaggio seminando morte e distruzione Lockerbie, quel salto nell'inferno // paese 10 anni dopo ricorda la strage delJumbo IN ATTESA DEL PROCESSO LOCKEHBIE DAL NOSTRO INVIATO Per la prima volta dopo dieci anni sono ricomparsi gli alberi di Natale, le lampadine colorate. Ma oggi si spegneranno, come anche le vetrine dei negozi. «Siamo in 3700 e ima buona metà si accalcherà attorno alla chiesa, la Ali Saints Church», spiega Marjory McQueen, consigliere comunale. Perché stasera, poco dopo le 19, Lockerbie rivivrà il suo trauma collettivo. Eppure sono passati dieci anni da quella sera - 21 dicembre 1988 quando alle 19,03 i radar persero di vista il Boeing 747 della PanAm, volo 103 da Londra a New York. Dieci anni da quando 270 persone (259 sull'aereo ella terra, 188 gli americani ma in tutto 21 nazionalità compresi due italiani! morirono in quell'inferno, fra le case di questo villaggio e sui dolci pendii delle colline all'estremità meridionale della Scozia. Dieci anni che gli abitanti di Lockerbie hanno passato attendendo giustizia per quella bomba che mise il loro anonimo paese sulla tremenda carta geografica del terrorismo intemazionale. Dieci anni; e neppure le notizie degli ultimi giorni, secondo le quali si è sbloccata la trafila per avviare in Olanda il processo ai due libici accusati dell'attentato, Ali Mohamed al-Megralii e Khalifa Fhimah, rasserena gli animi. Il dolore è ancora acuto per Ella Ramsden, che proprio nei giorni scorsi ha accompagnato al cimitero di Dryfesdale, dove la pietà umana ha costruito un «giardino di rimembranza» alle vittime di Lockerbie, l'uomo che la salvò dalla sua casa in fiamme. Per Maxwell Kerr, che porta ancora sul volto il segno delie ustioni. Per George Stobbs, l'ex poliziotto che ricorda con angoscia «i marciapiedi che si spaccavano, le grondaie che esplodevano, i rivoli di metallo fuso che fino a qualche momento prime erano stati cancelli e biciclette». Per padre Patrick Keegan, che se quella sera non fosse stato in ritardo si sarebbe trovato nella casa distrutta di un parrocchiano. Due furono le zone di Lockerbie più colpite: le case di Sherwood Crescent, a poche decine di metri dall'autostrada M74 che dall'Inghilterra porta a Glasgow, e quelle di Rosebank Crescent, poco più a Est. Di quella notte in cui l'intero paese sembrava in fiamme restano le nnmagini della tv. Perché tutto è stato ricostruito. A Sherwood Crescent, dove il Boeing scavò un cratere lungo cento metri e profondo dieci, le case sono tutte nuove: bungalow piatti, i più rivestiti di mattoni o di pietra rossa. E in fon- do, verso l'autostrada, un giardino impeccabile. «Il nostro monumento - dice una doima che passa in fretta - a quelli che sono morti». Pensa ai Flaimigan, agli Henry, ai Sommerville: tre famiglie completamente distrutte fra le fiamme e le macerie delle loro case. «Le tubature del gas erano scoppiate - mi dice George Stobbs - e i vigili del fuoco non potavano fare nulla perché mi motore dell'aereo aveva tranciato le condotte dell'acqua in Alexandra Drive». A Rosebank Crescent un grosso pezzo di carlinga cadde nei giardinetti fra due file di case, spargendo sessanta cadaveri sui tetti e fra i cespugli. «Ce n'erano più di venti nel giardino di un mio vicino - ricorda Maxwell Kerr - ma lui era stato in trincea in Birmania e continuava a dire: "Ho visto di peggio". C'erano sedili dell'aereo sui marciapiedi, vassoi, soldatini, vestiti, scarpe, macchine fotografiche, di tutto, in un bagliore arancione e un acre odore di carburante. Poi trovai un fagotto bianco e le girai: era una ragazza nera, raggomitolata nel suo vestitino. Dappertutto c'erano corpi. Scene che non si possono dimenticare; ma la vita continua, e potrebbe continuare meglio se i colpevoli venissero condannati». A Rosebank mia sola casa fu distrutta: quella di Ella Ramsden: «Fu il mio cagnolino a dare l'allarme, ringhiando. Poi mi grande rumore, l'intera casa che tremava, lo schianto. Ero in cucina, stavo preparandomi una tazza di tè. Da ogni finestra entrarono fiamme e detriti. Mi tirarono fuori, me e il mio cane, ma il mio giardino era pieno di morti». Oggi a Rosebank, accanto al marciapiede, c'è una targa di bronzo. Le case sono ricostruite; e i giardini scavati dalla morte sono stati rifatti senza badare a spese, con l'intervento di abili architetti. Non fu soltanto Lockerbie a essere colpita. Accanto alla chiesetta di Tundergarth, a quasi tre chilometri di distanza, cadde un pezzo dell'aereo: il più riconoscibile, con la cabina di comando. Su oltre mille chilometri quadrati piovvero i resti del Jumbo e dei suoi passeggeri. «(Abbiamo visto cose orrende - ricorda Colin Mitchell, del servizio di soccorso alpino di Moffat: «Persino corpi sugli alberi». Gli fa eco Jim Manson: «Andammo su per una collina e ci rendemmo conto che c'erano soltanto cadaveri. Molti così grottescamente deformati che quasi non credevamo a quello che vedevamo. Trovai una ragazza che assomigliava a mia figlia: in pace, come se dormisse. Non potrò mai dimenticarla». Alla Minsca Farm, una fattoria a dieci miglia da Sherwood Crescent, Margaret e Hugh Connell si trovarono fra una pioggia di relitti «due o tre minuti dopo le fiamme di Lockerbie». «Rimanemmo subito senza luce - ricorda lui -. Presi mia torcia, andai nei campi. Trovai subito un sacco postale. Poi, più avanti, valigie, sedili divelti. Per ore cercai al buio. Trovai due corpi». Uno era di Frank Giulia, un italo-americano, ancora legato al suo sedile marrone. «Era intatto. Per mesi, non sapendo chi era, lo chiamammo "our boy", il nostro ragazzo». «Non credevo che avrei potuto versare tante lacrime per uno sconosciuto», interrompe Margaret. «Dov'è morto - riprende Hugh - abbiamo piantato, per ricordarlo, un abete». Con quell'albero è nato anche - caso non raro, fra gli abitanti di Lockerbie e le famiglie delle vittime - un rapporto di affetto con sua figlia Michelìe. Per mesi le donne di Lockerbie avrebbero pietosamente raccolto i bagagli, ripulito e riordinato gli oggetti, lavato e stirato gli indumenti. Crocerossine degli affetti. «Tre quarti delle cose - spiega Harvey Thomson, il poliziotto che coordinò l'operazione - furono restituiti alle famiglie. Fu una ricostruzione certosina, attraverso le pellicole sviluppate, i diari degli studenti, i documenti, gli oggetti più personali». Quel Natale fu soffocato dal lutto. Stasera a tutte queste cose penseranno gli abitanti di Lockerbie, quando Fiona McCall intonerà con la sua cornamusa un lamento funebre, «Flowers in the Forest», nella chiesetta di Dryfesdale. Poi tutti al cimitero, un miglio più in là. Già tirato a lustro nei giorni scorsi, con l'erbetta tagliata anche se non è stagione. In fondo c'è il «memorial» alle vittime di Lockerbie. Lì sono sepolti gli undici morti del paese, fra cippi di pietra e una distesa di viole del pensiero. Sul muretto, illuminato a giorno da una batteria di riflettori, tre lapidi di pietra grigia con i nomi delle vittime. E accanto altre lapidi, aggiunte negli anni dalle famiglie. Trovo un uomo con i capelli bianchi seduto su una delle panchine. «Sono venuto per mio figlio», mi dice con accento americano, rispondendo a una domanda che non osavo fare. Poi si alza, va verso la lapide: di tasca si sfila una piccola cornice con la fotografia di un ragazzo in divisa militare, giovane e bello. La depone con cura. E' uno degli americani una trentina - venuti per l'anniversario di un attentato che ancora attende giustizia. Poi se ne va, abbozzando un sorriso quando m'incrocia. Come si chiamava? «Non importa. Buon Natale». Fabio Galvano Uno dei soccorritori: «Non potremo mai dimenticare. Ma se condannassero i colpevoli avremo almeno il sollievo della giustizia» ■MIIIINI MeaÉHi ..ti» £««>>. IS m i *$èm H Sii llifP In alto il leader di Tripoli Muammar Gheddafi che in questi giorni ha accettato di sbloccare la trafila per il processo in Olanda ai due presunti attentatori libici A sinistra, i resti dell'aereo e la lapide con l'iscrizione dei 270 nomi delle vittime

Luoghi citati: Birmania, Glasgow, Inghilterra, Lockerbie, Londra, New York, Olanda, Rosebank Crescent, Scozia