«lo ho ispirato Gladio» di Indro Montanelli

«lo ho ispirato Gladio» CARTEGGIO CON GLI USA Indro Montanelli e le sue lettere del 1954 «lo ho ispirato Gladio» «Diranno ancora che sono comunista?» MILANO. «Meglio così. In un colpo solo mi sono tolto la nomea di comunista e, soprattutto, mi sono levato di dosso quell'etichetta di santone che, confesso mi aveva rotto per davvero...». Sorride divertito Indro Montanelli di fronte alle reazioni alla pubblicazione, sulla rivista storica «Italia contemporanea» di alcune sue lettere del 1954 a Giare Boothe Luce, all'epoca ambasciatrice americana in Italia. La Rossanda parla di vicenda più grottesca che drammatica, imita in un flop... «Sì, c'è un passaggio grottesco - ribatte lui - perché in un passaggio lei mi attribuisce un'amante romena di cui non ho notizia. La Rossanda ini accusa dicendo che, all'epoca, passavo il tempo a chiacchierare al caffé con Longanesi. E non vedo che male ci fosse. Poi, perché frequentavo gli alti esponenti dell'industria e dell'alta finanza. Non è che li frequentassi granché a dire il vero, ma comunque non vedo la colpa. Parla anche di ballerine della Scala. Purtroppo non e vero». Ma di che si parla nel carteggio dello «scandalo»? Nelle lettere ritrovate negli archivi del Congresso, tre in tutto («ma ne ho scritto cinque o sei», precisa lui stesso), Montanelli traccia un quadro allarmante delia situazione della Penisola, in quel 1954.1 russi, è il senso delle lettere, potrebbero grazie alla loro organizzazione e all'appoggio dei comunisti italiani, dare una spallata e invadere il Paese, in breve tempo. Di fronte ad una minaccia del genere gli americani, è il suggerimento del giornalista, amico di Clare Boothe dai tempi del soggiorno america¬ no, dovrebbero preparare strutture per la resistenza («resistenza - sottolinea Montanelli - non golpe»). Due anni dopo, nel 1956, nacque Gladio... «Io non ne sapevo assolutamente nulla - replica Montanelli -. Ma spero di aver dato un mio contributo con queste lettere. Io sono stato l'inventore politico di quella che fu poi Gladio. E me vanto. Dovrebbero darmi una medaglia...». «Non mi stupisce - commenta lo storico Nicola Tranfaglia - apprendere che Montanelli lavorasse a un progetto ben definito di uno schieramento atlantista molto diffuso nella politica italiana e negli ambienti culturali e giornalistici dell'epoca». «E io non mi stupisco - commenta il giornalista-storico - della pacatezza e dell'equilibrio del professor Tranfaglia...». «E' orinai noto - spiega ancora Tranfaglia, ordinario di storia contemporanea all' Università di Torino - ed accertato che esistessero negli Aimi Cinquanta organizzazioni più o meno segrete che lavorassero per rafforzare sul piano politico e militare lo schieramento avverso al Pei. L'episodio di cui Montanelli fu protagonista è uno dei molti, né può destare enorme sorpresa se si rileggono gli articoli scritti da lui sul Corriere della Sera dove era ben manifesta la sua preoccupazione per una presa del potere da parte del Pei». Ma mi pizzico di stupore, comunque, Tranfaglia lo prova. «La novità consiste nel ritrovamento della corrispondenza diretta tra la Luce e Montanelli, di cui non si aveva notizia. Ed è singolare che ad esporsi in prima persona sia Montanelli e non un personaggio politico o militare». Ma la «singolarità» la spiega lo stesso Montanelli, dalle colonne dell'«Italia contemporanea». Clare Boothe («bella donna, algida come sa esserlo un'americana...») era una giornalista di taglio cultural-mondano amica di Montanelli fin dai tempi del suo soggiorno a New York. Quando il presidente Eisenhower decise di premiare suo marito, l'editore Henry Luce, per il sostegno alla sua candidatura, mister Luce suggerì il nome della moglie Clare che divenne così ambasciatrice in Italia, Paese della cui situazione politica, per la verità, ignorava tutto o quasi. E chiese aiuto, così, all'amico Indro. Le lettere di Montanelli s'inquadrano, insomma, in una sorta di educazione «cultural-politica» della signora Clare chiamata ad alti compiti («ma io mi rivolsi sempre all'ambasciatrice, non all'amica»). «Sono episodi ormai lontani - minimizza lui - di cui non mi pento affatto. Anzi, ne sono fiero. Ma non è il caso di enfatizzarli». Da lontano arriva, però, il rimbrotto di Edgardo Sogno. «Montanelli - dice - non ha fatto bene, ma benissimo ad esporsi in prima persona nel 1954 contro i comunisti. Ma fa malissimo oggi, 44 anni dopo, a prendere le distanze da quell'iniziativa». «Ma devo riconoscere - ammette - che anche nei miei confronti lui ha sempre preso le distanze, perché temeva la mia indipendenza, anche dagli americani». «All'epoca - replica Montanelli sulla rivista storica - Sogno cominciava ad agitarsi. Ma quelli lì volevano il golpe, io no». Ugo Bertone Il giornalista suggerì di creare una rete di resistenza ai russi «Merito medaglie» Il giornalista Indro Montanelli

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