Netanyahu apre la corsa di Fiamma Nirenstein
Netanyahu apre la corsa Domani saranno annunciate le elezioni anticipate, la data più probabile è il 27 aprile Netanyahu apre la corsa Israele, ormai è campagna elettorale TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Netanyahu ha di fatto aperto la campagna elettorale ieri allo stadio di Gerusalemme, di fronte ai tifosi del Bet-Ar, la squadra di calcio della tradizione populista sefardita. Dagli spalti, con la kippà nera in testa ha acceso le candeline della festa religiosa di Hanuchà e ha infiammato la folla con poche parole di richiamo tribale. Da domani, in realtà, comincia in Israele una battaglia senza quartiere: «Voglio proprio vedere - sintetizza un fedele di Bibi, Reuven Rivlin - a chi la gente affiderà la trattativa finale con i palestinesi, quella per Gerusalemme e per il loro Stato». Bibi dunque è arrivato alla fine della strada: gli elettori israeliani ben presto, forse domani stesso, riceveranno dalla Camera l'annuncio che le elezioni sono oramai indette. Probabilmente la data prescelta sarà il 27 aprile, a ridosso del tanto paventato 4 maggio, il giorno in cui Arafat ha ripetutamente detto che proclamerà lo Stato palestinese. Il modo in cui Netanyahu ha annunciato le dimissioni di fatto, è contorto, secondo il carattere dell'uomo non parte affatto da un'ammissione di sconfitta, ma al contrario dall'ennesima esibizione di sicurezza. Infatti il primo ministro israeliano ha annunciato che sottoporrà alla Knesset una dichiarazione di princìpi politici, la cui sicura repulsa da parte dell'opposizione porterà alle elezioni anticipate. Di fatto si conclude così un periodo confuso e pieno di nuvole, in cui i cittadini israeliani di ogni parte politica hanno sofferto del tentativo di Netanyahu di compiacere tutti quanti, di portare a casa contemporaneamente una medaglia per aver firmato l'accordo di pace di Wye, una medaglia per essere il duro che non sgombera i Territori, la patente del grande guidatore di una coalizione instabile, il riconoscimento di essere l'amico dei coloni, di essere un facitore di pace, di essere un paladino della sicurezza. Non è andata. La svolta epocale che ha portato Clinton a Gaza in veste di sostenitore dello Stato palestinese, nonostante fosse stato invitato da Bibi, è stata l'ultima botta. Netanyahu ha cercato di reggerla rifiutandosi successivemante di sgomberare i Territori secondo l'accordo: ha rovinato così i rapporti con gli americani, con la sinistra, e anche con la destra che comunque non gli crede più. Adesso lo scontro che si prospetta e che nasce sotto la tragica stella della Guerra del Golfo e di uno scontro in atto con i palestinesi, si avvia nella nebbia. Netanyahu appare al suo stesso Likud come un leader che si è alienato consensi anche nella parte moderata, che non ha saputo dare calma, sicurezza, sensazione di egemonia, di leadership sia pure di parte. Molti dei suoi gli riconoscono tuttora duttilità politica, fede, visione, ma hanno visto troppi giochi da politicante, troppa disinvoltura nel gestire idee e persone, nell'abbracciarle e poi abbandonarle. La sinistra a sua volta non ha un leader del calibro di un Rabin o di un Peres. Il segretario del partito laborista e candidato a primo ministro Ehud Barak, ex capo di stato maggiore, è pieno di punti deboli, esita fra il personaggio del soldato che dà sicurezza al suo popolo, e il ruolo di un pacificatore molto determinato, come quello che Peres aveva scelto per sé. La sua gente è quindi disorientata, e sostanzialmente il partito laborista non disdegnerebbe, nel momento dello scontro di avere a disposizione un leader diverso. E non è detto che non cambi cavallo in corsa. In queste ore si organizza freneticamente un terzo Partito di Centro, che dovrebbe raccogliersi intorno ad alcuni leader, in parte transfughi dalle file di Netanyahu, in parte provenienti dalla sinistra. Il più carismatico, la vera speranza del momento è anch'egli un ex capo di stato maggiore, Amnon Lipkin Shahak, un affascinante gigante dagli occhi sinceri, un favorito di Rabin, saggio e pacifista, ma che finora non è mai venuto allo scoperto fino in fondo. Di lui si dice solo quanto è pacato e giusto, ma che cosa pensi dello Stato palestinese, del Libano, quali siano le sue idee su Gerusalemme o in economia, è un segreto per tutti. Comunque se il Partito di Centro sarà suo, partirà col piede destro. Per ora infatti, rispetto al 40% di Bibi, Shahak riceve il 50% delle preferenze. Barak ha cercato disperatamente di portarlo nel partito laborista, ma i due non si sono messi d'accordo. E davvero, non c'era nessun bisogno d'uno scontro a sinistra. Anche senza battere Netanyahu non sarà uno scherzo. Fiamma Nirenstein Il premier ha perso molti consensi ma anche il leader dei laboristi è discusso e debole E si delinea l'ombra del delfino di Rabin premier israeliano Netanyahu: la sorte del suo governo è segnata
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