Assalto all'ambasciata Usa

Assalto all'ambasciata Usa Assalto all'ambasciata Usa A Damasco, la polizia diAssad lascia fare TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Al grido di «impediamo ai cow-boy di dominare il mondo», migliaia di dimostranti filo-iracheni hanno cercato ieri di dare l'assalto a Damasco alle ambasciate degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, mentre manifestazioni analoghe hanno avuto luogo anche al Cairo, ad Amman e in Cisgiordania, dove cento dimostranti sono stati feriti o intossicati dai lacrimogeni lanciati dai reparti militari israeliani. Quelle di ieri sono state le dimostrazioni più gravi negli ultimi anni a Damasco, una città dove in genere i servizi di sicurezza riescono a soffocare sul nascere qualsiasi tumulto. Una folla di decine di migliaia di dimostranti (in prevalenza studenti e membri del partito Baath al potere) è sfilata nei rioni popolari della capitale siriana e poi ha preso a marciare verso il quartiere al-Rawda, dove si trova l'ambasciata degli Stati Uniti. Dopo essersi stretti attorno alle mura di cinta, i dimostranti hanno preso a scagliare nel cortile dell'ambasciata pomodori e lattine di Pepsi Cola e hanno infranto le finestre a sassate. Dall'interno, i marines di guardia hanno replicato sparando gas lacrimogeni. Nel tumulto, tre dimostranti sono riusciti a scalare il muro di cinta, a impadronirsi di una bandiera americana e a darla alle fiamme. Dopo di che i manifestanti si sono diretti verso la vicina residenza dell'ambasciatore americano Ryan Cracker obbligando la moglie Christine a barricarsi in casa; le finestre sono state mandate in frantumi. Analoghe scene di violenza sono avvenute presso l'ambasciata della Gran Bretagna e vicino al British Council dove un'automobile è stata incendiata dai dimostranti, mentre fra i diplomatici occidentali maturava il dubbio che in questa occasione la polizia di Hafez Assad abbia volutamente rinunciato a controllare la piazza. Gravi tumulti si sono verificati anche nei Territori occupati, dove dimostranti palestinesi sono tornati a scontrarsi con reparti dell'esercì- to israeliano per il terzo giorno consecutivo per protestare non solo contro l'intervento americano in Iraq, ma anche per il mancato ritiro israeliano in Cisgiordania e per la mancata liberazione dei detenuti politici palestinesi previsti dagli accordi della Wye Plantation. Gli incidenti più gravi sono avvenuti a Hebron, quando oltre un migliaio di dimostranti sono confluiti nella zona limitrofa all'enclave ebraica. Negli scontri un centinaio di dimostranti sono stati feriti. Nei giorni scorsi l'Autorità palestinese ha condannato «l'attacco colonialistico sferrato dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna contro i fratelli iracheni». Ma per non aggravare le relazioni con Washington - a breve distanza dalla calorosa visita di Bill Clinton a Gaza - le autorità palestinesi hanno cercato di mettere la sordina alle preteste popolari e hanno ordinato la chiusura di cinque emittenti locali distintesi nel riferire sulle dimostrazioni filo-irachene. Senza tanti complimenti, la polizia di Arafat ha sigillato gli ingressi di due stazioni tv piuttosto seguite, al-Watan a Ramallah e al-Rua'a a Betlemme. Ma specialmente le moschee fanno da cassa di risonanza alla solidarietà popolare verso l'Iraq. Cortei di protesta hanno avuto luogo anche ad Amman e al Caùo, dove i dimostranti (in prevalenza sindacalisti) non hanno esitato a chiamare in causa il presidente Mubarak. «Sporchi governi arabi, chi tace è mi traditore», hanno gridato i manifestanti. E ancora: «Mubarak, Arafat, guardate il vostro amico Clinton mentre massacra centinaia di irachem». Aldo Baquis Attaccate anche la legazione inglese e la residenza del rappresentante di Washington. Ancora proteste dei palestinesi, cento feriti Dimostranti siriani scalano la facciati dell'ambasciata

Persone citate: Aldo Baquis, Arafat, Bill Clinton, Clinton, Hafez Assad, Mubarak, Ryan Cracker