A Baghdad un giorno di tortura

A Baghdad un giorno di tortura La città sperava nella fine dei raid sin dall'alba, quando è incominciato il mese sacro A Baghdad un giorno di tortura Sirene d'allarme ed esplosioni senza tregua BAGHDAD DAL NOSTRO INVIATO Questa è la cronaca di un giorno di Baghdad, che rischiava ài essere un giorno come tanti, almeno per chi ha fatto l'abitudine alla guerra. O crede di poterla fare. Tuttavia con una speranza delusa in più: la fine dei raid fino dall'alba, quando è iniziato il mese sacro. Ma l'ultimo raid doveva inesorabilmente arrivare. Ti guardi intorno e vedi che quello che vedi è un mondo malato di schizofrenia, un mondo spaccato in due, con la Baghdad della luce del giorno che pare una città anche normale, di gente per la strada e traffico che avvelena l'aria, e la Baghdad del buio della notte. Le due metà alla fine si ricompongono; e la linea che le divide è segnata dalla voce del muezzin, che prega alle cinque del mattino, e torna a pregare alle cinque del pomeriggio. Le due preghiere spaccano la vita come il coltello di Abramo, che fu cittadino di Ur laggiù da qualche, parte nel fondo dell'Iraq. E questa è una cronaca schizofrenica perché qui, sotto le bombe, la schizofrenia diventa morbo contagioso. Cominciamo dal mattino. Ora, dicono che il buon giorno si vede dai primo mattino. Dopo ieri, dovranno dire però che dal primo mattino si vede anche il brutto giorno. E che brutto giorno. Quando il primissimo allarme ieri ci ha buttato giù dal letto, le nove erano passate da poco. Alle nove il sole era alto e il cielo squillava di luce, tanto forte da bucare gli occhi bruciati dal poco sonno; però quello era anche il primo giorno del Radaman, e molti di noi «Noi, i prigionieri di Baghdad» avevano scommesso che con il Ramadan si sarebbe chiuso pure questo inferno di fuoco che da quattro giorni va cadendo sulla città senza difese, o quasi. Il Ramadan è il mese sacro dei musulmani, una roba che mette assieme quello che per i cristiani, sono il digiuno della Quaresima e le feste della Pasqua; una ricorrenza, insomma, che è molto importante per tutto il mondo dei fedeli di Allah, una ricorrenza che - a violarla - si rischia di infliggere ferite mortali alla sensibilità di un miliardo di persone (e al delicato equilibrio geopolit.ico delle alleanze americane nel Medio Oriente). Su questo convincimento si reggeva la speranza, o forse la fede cieca, di chi di noi non aveva più fiato; ora, va detto che sul giorno di inizio del Ramadan ci sono due scuole di pensiero, una guidata dai teologi sauditi e l'altra guidata dai teologi egiziani: in base a calcoli astronomici raffinati (il Ramadan è segnato dal mese lunare), per i sauditi la festa cominciava già ieri, mentre per gli egiziani, che nel cielo ieri vedevano ancora un pizzichino di Luna, comincia all'alba di oggi, quando perfino quell'ultimo pizzichino è sparito via dal cielo. Gli iracheni - e non è difficile capirne la ragione - hanno detto che quest'anno, loro seguono la scuola anticapatoria, quella saudita; pare però che abbiano dimenticato di informare di questa loro scelta il comando militare americano. E ne è venuto che ieri è stato un giorno che altro che il buon mattino. L'attacco è cominciato alle nove e mezzo ed è andato diritto verso Sud, dove ci sono le caserme - o comunque quello che ne restava della Guardia Repubblicana. La località si chiama Abu Gharib, a qualche chilometro dal centro di Baghdad, e per arrivarci bisogna infilarsi dentro una linea scoraggiante di posti di blocco. L'altro giorno ero potuto arrivarci (con sotterfugi che è meglio non svelare), e avevo visto i danni pesanti dei bombardamenti, le caserme distrutte, le voragini nel terreno, i bunker squarciati; per onestà bisogna dire che, più che vederli, quei danni li intuivo perché era un passaggio lento accanto alle postazioni, nemmeno è pensabile di fermarsi a osservare meglio immagini e cose che nessuno deve vedere. Ieri comunque non è stato possibile nemmeno questa carrellata, e allora siamo andati a chiedere conferma alla gente che vive nelle vicinanze di un posto tanto a ri¬ schio. La conferma .è arrivata pronta; la scommessa era perduta. Gli americani per oggi se ne sono fregati del Ramadan. E quanto non gliene importasse nulla lo si è visto subito dopo, a partire già dal pomeriggio. Altri allarmi sono risuonati alle 13,25 poi alle 13,55, poi ancora alle 16,55, e però ormai l'ultima luce del tramonto stava affondando dentro la corrente del Tigri. Con una strana manifestazione di egoismo registravamo che nessuno di questi attacchi era finito su Baghdad, e abbiamo cominciato ad aspettare il buio con le dita incrociate. Chissà, poteva anche servire. Non è servito. Prima alle 7 di sera, poi alle 8, poi alle 8,30, poi alle 9, e infine in un carosello che non dava nemmeno piìi senso a prenderne nota, perché, tanto, ormai girava senza sosta insieme con le lancette, hanno cominciato a piombare su Baghdad, in frequenza ininterrotta, spossante, le ondate dell'attacco. E' stata di nuovo durissima. E' stata di nuovo durissima. I missili passavano bassi sulle nostre teste, bassi che parevano un aquilone impazzito: se ne sentiva da lontano il ronzio leggero, che si accentuava velocemente, poi diventava il rombo forte di un motore e infine la staffilata dell'aria, che andava a infilarsi giù, in un mare di fiamme. Le strade, che ancora avevano grappoli sorprendenti di persone, diventavano un disperato incrociarsi di fughe e di urla. Il digiuno del Ramadan si interrompe, ogni giorno, alla preghiera delie 5 del pomeriggio; la gente che ieri stava nelle strade, anche dopo i primi allarmi, ripeteva semplicemente, e ancora una volta, un rito antichissimo, quello del riunirsi insieme a festeggiare la rinascita quotidiana del diritto a mangiare, del diritto a vivere, insomma. Le bombe, i missili, sono arrivati quando la festa aveva voluto resistere anche all'insistenza blasfema di quella sirena senza rispetto alcuno, e le piccole folle raccolte nei caffè e nei bar sciamavano disperate come nuvole di mosche scacciate via dal sacrosanto banchetto da una forza imponente, che niente e nessuno poteva resistere. I missili cadevano da ogni parte, a Nord, a Sud, a Est, e poi arrivavano i grappoli di bombe, e ancora i missili, e altre bombe, mentre intanto la contraerea si dannava a sparare nel nulla le sue inutili pernacchiette. Tutti gli acquartieramenti militari che stanno attorno a Baghdad friggevano dentro le esplosioni, e alla fine nemmeno la contraerea aveva più armi, o uomini, o forse soltanto voglia, di sparare il suo ridicolo sbarramento di tiri. Il fuoco e le fiamme hanno acceso di bagliori ogni angolo di questa grande città che non sa più dormire. Cominciava la notte bianca, quella lunga notte che il Ramadan vuole dedicare alla vita, al cibo, alla felicità dell'amore che nasce dopo la fustigazione del desiderio, e che ieri invece si dedicava nuo¬ vamente alla paura, all'angoscia. Ai fantasmi della morte nera. Però non è vero che questi mondo è immobile. Continuano a circolare insistenti sussurri di forti tensioni interne, di malumori, di un principio di frattura fra la società civile e il potere iracheno. Su queste voci e questi sussurri, in otto anni gli americani (e la Cia) hanno speso più di cento milioni di dollari e ci hanno appesi anche appesi letteralmente - i colli di qualche migliaio di cospiratori anti-Saddam impiccati senza alcuna incertezza. Ma ora abbiamo saputo di alti papaveri che non vanno più a dormire a casa (se di dormire si può parlare per le notti bianche di Baghdad), e che certe cautele le stanno prendendo anche i mezzi papaveri. E questi sono segnali nuovi. C'è puzza di bruciato, insomma, a Baghdad. E' la puzza delle fiamme. Alla frontiera del Sud, quella con il Kuwait e con l'Arabia Saudita, si sono concentrati contingenti di truppe americane e inglesi, marines, fanti di terra. Sono lì per proteggere il Kuwait da Saddam, dicono i militari di laggiù, e per proteggere i sauditi. Si, vai a credergli. Mimmo Candito Per la prima volta si sussurra di tensioni interne di frattura tra regime e una parte dei dirigenti Strani movimenti degli alleati al Sud ! JEBEL MAKHOUL . | Istallazioni nucleari e chimiche, Guardia l/epubblicana, palazzo presidenziale TIKRIT * Principale deposito di grano base aerea di Al Bakr

Persone citate: Bakr, Gharib, Mimmo Candito