A Saddam restano i sanculotti di Allah di Igor Man

A Saddam restano i sanculotti di Allah L'ARMA RELIGIOSA A Saddam restano i sanculotti di Allah DESERT Fox: questa Volpe del Deserto scatenata da Clinton contro Saddam, rischia di diventare, almeno in potenza, più pericolosa per l'Occidente che per il dittatore. Si porta addosso, infatti, una sorta di scabbia di facile e veloce contagio: la scabbia della guerra di religione. Saddam è un truce impiccatore di ebrei e di «comunisti», nel suo cuore non alberga pietà, gli è sconosciuta la (finta) magnanimità in forza della quale il tiranno, in antico, graziava persino chi l'aveva tradito. Egli ha sempre e comunque praticato la vendetta, mandando a morte anche i figli innocenti dei suoi avversari. Ma quest'uomo pericolosamente crudele non è né stupido né incolto. Nella primavera del 1977, quand'era vice presidente dell'Iraq, e non ancora gonfio di autostima, ma alto e asciutto nel fisico sapientemente avvolto in un burnus nero, lungo sino ai piedi, mi parlò del Baas (Rinascita), quel partito «socialista» arabo fondato da Michel Aflak e da Salah al Bitar nella prima metà dei 40, assurto al potere a Baghdad con un golpe, nel 1963, e in quello stesso anno a Damasco. La scissione del 1972 vedrà l'Iraq accogliere Michel Aflak, espulso da Damasco. «Il Baas è panarabo - mi disse Saddam -. Il mondo arabo, nel suo insieme, costituisce una nazione unica e indivisibDe». E qui Saddam citò il versetto 110 della terza Sura del Corano: «Voi siete la migliore nazione che possa unire degli uomini. Voi invero praticate il bene, impedite il male, voi credete in Dio». Al mio stupore replicò secco che nell'islam essere laici, baasisti nel suo caso, non comporta l'ateismo poiché la religione s'intreccia col nazionale, col sociale. Insomma, l'islam non è solo fede ma altresì cultura. Partendo da questo assunto, nel 1991, durante la Guerra del Golfo, Saddam tentò di accreditarsi come novello Saladino, chiamando «tutti i fratelli arabi» alla battaglia madre contro Bush, «satanico infedele». Gli andò male perché, allora, tutto il mondo arabo s'incartò nella bandiera americana (coinvolgendo persino Assad). Ora è diverso: le voci che si levano dai vari paesi arabi non sono di schietta condanna ma agli «atti formali» dei governi fanno da contrappeso le manifestazioni di popolo contro l'America. Chiaramente tollerate se non ispirate, le manifestazioni ser vono ai vari raìss per prender tempo, senza perdere la faccia. Si potrebbe azzardare che sino a quando il Congresso americano non deciderà definitivamente il destino di Clinton l'impicciato, gli appelli di Saddam alla controcrociata rimarranno inascoltati. Ma se le cose a Washington dovessero precipitare, l'Occidente, in uno coi vari paesi arabi, si troverebbe in vera difficoltà. Nel Vicino Oriente a fare e disfare le fortune dei potenti sono sempre stati i poveracci, i sanculotti di Allah. Ecco il perché del messaggio tv di Clinton alla «grande nazione araba, e ai musulmani tutti», per ribadire «il profondo rispetto» che gli Stati Uniti portano all'islam. Io vi faccio del male oggi, dice in sostanza Clinton, perché un giorno vi arrida il bene: la caduta di Saddam. Ancorché azzoppato Clinton sa bene che tutti i governi arabi, nessuno escluso, esecrano Saddam. Che i palestinesi che oggi bruciano la bandiera americana, non perdonano al dittatore l'assassinio di Abu Yiad, collaboratore-fratello di Arafat. Ultimo ma non meno importante: in questo momento gli iracheni maledicono Clinton che li bombarda, ma verosimilmente non tutti benedicono Saddam che li terrorizza da quasi trent'anni. Ancora: bombardare durante il Ramadan sarà due volte indecente ma nel 1956 gli israeliani, nel Sinai, attaccavano gli egiziani al tramonto, mentre (ingenuamente) pregavano genuflessi. E Sadat, nel 1973, prese in contropiede l'impareggiabile esercito israeliano perché attaccò proprio nel Yom Kippur, tempo sacro del digiuno per gli ebrei, pari all'islamico Ramadan. A la guerre comme à la guerre: purché non si arrivi a una guerra di religione, come fortissimamente Saddam vorrebbe. Il dittatore non è certo il Mahdi così come Clinton non è Lord Kitchener, rimane il fatto che nell'Ottocento si combatteva sul terreno, con un minimo di fair play. Mentre oggi una guerra di religione contro l'Occidente, la si può combattere con un'arma terribile: il terrorismo. Che può essere suicida e quindi difficile da prevenire o più devastante ancora se batteriologico. «Sarebbe meraviglioso che Saddam cadesse», ha detto ieri Blair. Questo significa che invece di una tregua in Iraq ci sarà escalation? Sia come sia sperar di eliminare il dittatore dai 59 rifugi a prova di atomica coi missili è come giuocare 1600 lire al Lotto e pretendere di sbancarlo. Igor Man lan |

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