Clinton: raid finiti, ma il dito è sul grilletto

Clinton: raid finiti, ma il dito è sul grilletto Messaggio del Presidente ai musulmani: vogliamo lavorare con voi per costruire la pace Clinton: raid finiti, ma il dito è sul grilletto Dopo il bombardamento a tappeto d'inizio Ramadan NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Bill Clinton ha dato l'annuncio nella notte: «Desert Fox è terminata». Nella «sala Roosevelt» della Casa Bianca il presidente ha spiegato che a Saddam Hussein non deve essere consentito di portare avanti il suo programma per lo sviluppo di armi di distruzione di massa. «Finché Saddam rimane al potere - ha detto - resterà una minaccia per il suo popolo, la regione e il mondo. Insieme ai nostri alleati dobbiamo perseguire una strategia per frenare lui e il suo programma di armi di sterminio». Ed ha aggiunto che gli Stati Uniti con una forza poderosa sono pronti a riprendere i raid contro l'Iraq se sarà necessario, se il dittatore cioè continuerà a fare ostruzionismo nei confronti delle ispezioni dell'Onu. Un'affermazione questa in contraddizione con le precedenti della giornata, secondo le quali l'avventura delle ispezioni doveva considerarsi finita. Proprio l'Onu ieri aveva rilevato che questo aspetto è l'unica cosa su cui attaccanti e attaccati mostravano di essere d'accordo. Lo hanno detto gli iracheni ed ha concordato il portavoce del Dipartimento di Stato James Rubin. «Questa sera posso solo dirvi che i nostri obiettivi sono stati raggiunti. Ci eravamo prefissi di limitare e degradare le potenzialità militari di Saddam, e l'abbiamo fatto»: sono state queste le parole usate a sua volta dal primo ministro britannico Tony Blair nell'annunciare in contemporanea con Clinton la cessazione dei bombardamenti in una breve dichiarazione rilasciata davanti al n. 10 di Downing Street. Blair ieri si era dichiarato molto contento di come stavano andando le cose e si augurava che la campagna potesse servire a rovesciare il regime di Saddam. «Non è il nostro scopo preciso - aveva detto -, ma se succedesse sarebbe meraviglioso». I danni provocati ieri a Baghdad dalla «quarta ondata», la più dura, lanciata in concidenza con l'inizio del Ramadan, sembrano più seri di quelli causati dalle precedenti, o forse è solo perché stavolta sono stati colpiti obiettivi più «visibili». Le bombe americane e inglesi, infatti, sembrano avere esteso il loro campo d'azione: non più soltanto obiettivi strettamente militari (gli hangar con gli aerei telecomandati, i centri di informazioni belliche, le guarnigioni della Guardia di Saddam Hussein, eccetera), ma anche obiettivi genericamente «governativi». Così vengono segnalati ridotti in macerie ministeri, quartier generali di istituzioni economiche ed anche quella sede del Baath, il partito al potere, che è stata un po' l'elemento scatenante di questa crisi. Il rapporto di Richard Butler, il capo degli ispettori dell'Onu, da cui ha preso il via l'attacco era infatti tutto centrato sul fatto che ai suoi uomini era stato impedito l'accesso in quella sede. Distrutti, o seriamente danneggiati, risultano anche l'edificio del sen/izio speciale di sicurezza iracheno e il comando della «Armata Popolare», una forza paramilitare. E quanto alla sede dell'Ente mili- tare-industriale, che sovrintende all'attività delle industrie possedute dallo Stato, la sua facciata è rimasta in piedi, ma il resto dell'edificio non c'è più. Il numero delle vittime che gli iracheni segnalano, 25 morti e 75 feriti, è sempre molto basso rispetto all'entità di danni del genere, sicché il sospetto che sia volutamente diminuito per fingere che la resistenza ai bombardamenti sta lavorando bene si fa sempre più forte. Ieri l'agenzia governativa «Ina» aveva parlato di una marcia di protesta tenuta dopo che nel crollo di un edificio erano morte 68 persone, ma è intervenuto subito un dirigente del centro di informazioni a correggerla: quei morti non erano dovuti ai bombardamenti ma alle sanzioni economiche, cioè alla mancanza di cibo e medicinali. Bill Clinton aveva celebrato l'inizio del Ramadan esprimendo la speranza che «tutti i musulmani considerino il sincero desiderio dell'America di lavorare con i popoli del Medio Oriente per costruire la pace. Possano le nostre preghiere per un mondo migliore essere ascoltate». Poi, nel suo consueto messaggio radiofonico del sabato, non aveva degnato di una parola l'impeachment che proprio in quel momento veniva votato alla Camera parlando esclusivamente delle operazioni militari. «Mi pare che stiano andando be¬ ne», aveva detto. La resistenza irachena nel corso delle quattro ondate si è limitata alle sventagliate di artiglieria che fanno molta scena nelle riprese televisive, ma non riescono a colpire nulla, come dicono i piloti americani quando tornano alle basi. Un bilancio ufficiale dei costi di questa operazione ancora non c'è («ci vorranno mesi», dicono al Pentagono), ma alcune istituzioni private hanno fatto qualche conto (il prezzo dei missili Cruise è di un milione l'uno, un B-52 in volo costa 9000 dollari l'ora, eccetera) e hanno fatto una prima «stima prudente» di 500 milioni di dollari. Franco Pantarelli «Baghdad deve consentire agli ispettori Onu di riprendere il loro lavoro». Ma poco prima il Dipartimento di Stato aveva detto: l'Unscom è sepolta «Missione compiuta Ma una forza poderosa resterà nel Golfo» Una moschea nel centro della capitale irachena. A sinistra, un marine che scava una trincea nel deserto saudita

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