Referendum, da Veltroni a Fini

Referendum, da Veltroni a Fini Si consolida il fronte contrario al «grande centro». Popolari preoccupati, Forza Italia interdetta Referendum, da Veltroni a Fini Anche Prodi e Casini in piazza con Segni e Di Pietro ROMA DALLA REDAZIONE Parata di grossi calibri di maggioranza e opposizione lunedì a Roma ad una manifestazione per il referendum contro la quota proporzionale. Ci saranno, fianco a fianco, Walter Veltroni e Romano Prodi (ma senza popolari, verdi, comunisti, socialisti) e Fini-Casini (ma senza Berlusconi). Mario Segni, che ha lanciato il referendum, gioisce perché «l'esercito referendario si sta ingrossando. E' la conferma che il referendum resta l'unico strumento per cambiare definitivamente il sistema politico italiano, lasciandosi alle spalle la crisi della politica, i ribaltoni e l'astensionismo». I segretari dei democratici di sinistra, di An, del Ccd, più il capo dell'Ulivo saranno sullo stesso palco con Mario Segni, Antonio Di Pietro, Achille Occhetto, Luigi Abete, Augusto Barbera. Insomma, Segni incassa un bel patrimonio di consensi per il referendum visto che la somma dei partiti che si dichiarano pubblicamente favorevoli è già una maggioranza, con ampi pezzi di centrosinistra e di centro-destra. Tutti uniti in nome di un sistema bipolare più forte. «Saranno insieme coloro che ritengono che occorra più ordine, più tranquillità e più trasparenza nel sistema politico italiano - dice l'ex presidente del Consiglio, Romano Prodi -. Saranno presenti coloro che ritengono, più degli altri, che la democrazia, per essere compiuta, deve essere bipolare e rendere possibile l'alternanza in modo semplice». Di fatto, si ritrovano insieme, a sostegno del referendum (in gennaio la Corte Costituzionale dirà se è ammissibile) tutti coloro che, in un modo o nell'altro, vogliono frenare le manovre per creare un «grande centro». Manovre che, per riuscire, hanno però bisogno del ritomo al si¬ stema proporzionale. E così Gianfranco Fini (assieme a Casini) è per l'abolizione della quota proporzionale del 25 per cento per tenere abbracciato strettamente Berlusconi (magari in un partito unico del Polo) ed impedirgli di tessere tresche autonome con i moderati di centro. Nello stesso modo Veltroni e Prodi sbarrano la strada a Marini, segretario dei popolari, verso manovre al centro. I popolari debbono essere rimasti interdetti di fronte all'annuncio della manifestazione di lunedì con Prodi e Veltroni, tanto che ieri non han¬ no saputo cosa dire. Hanno parlato, invece, gli uomini di Berlusconi, preoccupatissimi perché la discesa in campo di Fini e Casini è un evidente sgambetto ai tentativi di Forza Italia di concordare con la maggioranza di governo una riforma elettorale che permetta di evitare il referendum. «La facile invocazione del referendum - dice a Fini e Casini Enrico La Loggia, presidente dei senatori di Forza Italia - è un alibi offerto su un piatto di argento ad una maggioranza che fino ad ora non è stata capace di avanzare una proposta unitaria. Il referendum è una roulette russa». Segue un accorato appello al governo e al ministro per le Riforme, Giuliano Amato, perché «batta un colpo». Gli antireferendari di Forza Italia premono, intanto, su Berlusconi perché non si accodi a Fini. Baget Bozzo consiglia al Cavaliere, quanto meno, di mantenersi neutrale. Giuliano Urbani pare quasi contento della frattura nel Polo perché così «si disperdono alleanze raccogliticce». Pierferdinando Casini obbietta che lui non ha certo commesso un «delitto di leso-Polo». Segni: «Resta l'unico modo per cambiare il sistema italiano, dimenticando la crisi della politica, i ribaltoni e l'astensionismo» Mario Segni A sinistra: il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini

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