«Spegniamo la fiammella tricolore»

«Spegniamo la fiammella tricolore» Proposta di due «liberali» di An: addio a quello che fu il simbolo del Msi «Spegniamo la fiammella tricolore» COME primo atto della neo-nata corrente dei «liberali nazionali», due esponenti di An, a nome Gabriele Pagliuzzi ed Eugenio Riccio, provano a spegnere la fiamma. Fa infatti sapere YAdnKronos che in un ordine del giorno che sarà presentato nell'odierno convegno costitutivo all'hotel Parco dei Principi (presenti alcuni dei dirigenti e parlamentari di origine non missina: da Publio Fiori a Giuseppe Basini, passando per Gustavo Selva) viene richiesta l'espunzione e la cancellazione della fiammella tricolore dal simbolo del partito - oltre alla convocazione di un congresso che faccia definitivamente i conti con l'eredità del fascismo. Ora, per la verità ci sarebbe anche da dire che Riccio (che pure ha militato nel Msi) e Pagliuzzi non sono esattamente i più conosciuti nel mondo di An (un terzo presentatore si è dissociato nel pomerig¬ gio). E tuttavia, segnalati i limiti dell'iniziativa, resta pur sempre da chiedersi cosa c'entra ormai la fiamma, che come minimo simboleggia il fuoco della fede, con quello che proprio Fini nove mesi fa ha presentato nella conferenza di Verona come un moderno partito di programma. Proprio in vista di quell'appuntamento, complice la coccinella lanciata appunto nel marzo scorso, si riaprì il tormentone dello stemma. Ma il leader lo smorzò subito: la fiamma non si tocca (né si preoccupò che nel frattempo il Pds stava abrogando falce e martello). La fiamma, in effetti, è al tempo stesso storia, memoria, mistero e mitologia dell'ex msi. Fu scelta dai fondatori come emblema del partito neofascista il 26 dicembre del 1946 nello studio di Arturo Michelini. Gianni Roberti, che era tra i presenti, racconta come quella decisio¬ ne gli fece venire in testa alcuni versi di una delle Canzoni d'Oltremare di D'Annunzio: «Sola alla morte l'anima sovrasta/ congiunta ancora al carcere dell'ossa/ come fiamma si radica in catasta». Ma nella leggenda vetero-missina quella fiamma che poggiava su una specie di trapezio stava in realtà ad indicare, con le dovute suggestioni necrofile e i codici occulti che vigevano in quell'ambiente quasi clandestino, lo spirito di Mussolini che usciva fuori dalla bara. Non solo, ma la stessa sigla «msi» celava un doppio fondo, potendosi anche leggere «Mussolini Sempre Immortale». Questa storia dell'eventuale catafalco mussoliniano andò avanti per un bel pezzo: «Tra i vecchi dirigenti alcuni confermavano e altri smentivano» ha spiegato, senza peraltro escludere l'ipotesi, lo studioso ex missino Marco Tarchi nel suo Cinquant'anni di nostalgia. In ogni caso, nel 1972, Giorgio Almirante offrì gentilmente la fiamma in concessione a Jean-Marie Le Pen per il Front National - il che senz'altro non giova agli sforzi che fa oggi Fini per farsi accettare da Chirac. In compenso è stato un fedelissimo di Fini, l'astuto Jannarilli, l'uomo che ha convogliato nel marketing e nella gadgettistica la secolarizzazione post-fascista, a rimpicciolire la fiammella sui portachiavi. Iniziativa che anticipò di qualche mese l'effettiva minimizzazione del vecchio simbolo del Msi, andata in scena fra laser kitsch e lacrimoni sul maxi-schermo del congresso di An a Fiuggi. Da allora il focherello arde in un cantuccio. Pagliuzzi e Riccio hanno aperto l'acqua. Filippo Ceciarelli

Luoghi citati: Fiuggi, Verona