Il ruggito dell'orso impotente

Il ruggito dell'orso impotente Il ruggito dell'orso impotente Ora spaventa la debolezza, non più la forza MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dalla notte dei tempi sembrano venire questi suoni e immagini. Una notte che è invece tanto vicina ai nostri giorni: non abbiamo ancora avuto 3 tempo di dimenticarla. Se ci sembra appartenere ad altre epoche è solo, forse, perché non abbiamo nessuna voglia di ricordarla. Clangore di spade, anzi di missili. Stati di all'erta di forze strategiche, dichiarazioni bellicose che rispondono a bombardamenti in atto, lasciando indovinare che potrebbero esserci reazioni. Preavvisi, minacce, recriminazioni. Mosca toma a ribollire come ai tempi del socialismo reale, come quando il Cremlino con le sue guglie sembrava incombere sulla nostra pace, sulle nostre vite, sul nostro benessere. C'è una differenza, però, che balza subito agli occhi. Riguarda le immagini. I dimostranti sotto le ambasciate di Washington e di Londra non sono più, come a quei tempi, trasportati dai camion del Komsomol leninista. Ci vanno di loro spontanea volontà, perché in Russia, nel frattempo, è arrivata un po' di democrazia. Il che non impedisce loro di pensare che l'Occidente è l'impero del male. Il quale, come volevasi dimostrare, spadroneggia dopo aver distrutto definitivamente, e assoggettato, il nemico. E poi, ancora: a quei tempi le manifestazioni pilo- tate erano in fondo la prova di un totale distacco tra opinione pubblica e potere. Erano l'equivalente di quelle adunate di partito dove si applaudiva a ritmo di marcia ma le facce dei convocati rivelavano inesorabilmente che le loro menti erano altrove, a pesca, con l'innamorata sulla riva del laghetto, davanti a una scacchiera o a un bicchiere di vodka. Adesso, invece, paradossalmente (ma non tanto), la gente della strada è in totale sintonia con il suo governo, con il potere. Fatto raro. Bil Clinton e Tony Blair sono riusciti a fare il miracolo. Fino a ieri popolo e potere, in Russia, si guardavano in cagnesco su tutti i fronti; stavano sempre di più sui lati opposti delle barricate. In questi ultimi anni c'è stato ano non poco sangue (cannonate sul Parlamento, guerra di Cecenia, bande di ogni genere) a suggellare un'inimicizia profonda, sorda, feroce. Adesso, all'improvviso, qualche centinaio di «tomahawk^» a stelle e strisce, che cadono non su Mosca ma su Baghdad, sembrano riconciliare almeno temporaneamente gli estremi. E' un armistizio denso di implicazioni e di conseguenze. Infatti ci fa paura. Non ce lo aspettavamo più da questa Russia che pensavamo ormai omologata e dalla quale vengono invece, di nuovo, venti gelidi. Ma c'è davvero un ritorno possibile di guerra fredda? Ha ragione Madeleine Albright quando scrolla le spalle con disprezzo archiviando la rabbia dell'amico Boris come la stizza per non essere stato neppure informato? Sì e no. Sì, perché è ben vero che Mosca è ormai un vecchio cane senza denti, che può solo suscitare compassione, nel migliore dei casi. Sì, perché l'amico Boris ha un bel mettere in stato di primo allarme i suoi missili, ma a Washington sanno bene che i satelliti russi sono invecchiati e cadenti, che i missili sono arrugginiti, che ormai la difesa strategica russa usa la rete di preavviso dei satelliti americani. Quale guerra fredda può esistere tra due «belligeranti» tra cui non c'è più alcuna parità e, per giunta, uno dei due è prigioniero dell'altro, ricattato e ricattabile non appena alzi la voce? Eppure archiviare la Russia è presto. E' finita l'epoca delle pacche sulle spalle tra Bill, Boris, Helmut, Jacques. Tra poco se ne andranno tutti. Qualcuno ha già preso cappello e bastone, altri saranno invitati alla porta. Dopo Boris non si sa chi verrà, ma non è escluso che sia uno che ama dare del lei agli altri capi di Stato e che non chie¬ derà loro di essere protetto dalle ire del proprio popolo. Ed è l'ipotesi migliore. Quella peggiore è che arrivi qualcuno senza retrovie, pronto a usare come arma, fino in fondo, la debolezza della Russia Allora non sarà guerra fredda nel senso che abbiamo conosciuto. Ma potrebbe essere abbastanza gelata comunque: una brutta pace fredda. Il gigante è stato ben lavorato ai fianchi, è debole, barcolla, perde pezzi. Ma è un gigante. La sua storia secolare non gli ha lasciato alternative, oltre a quella di essere enonne, possente anche nelle sue tremende debolezze. Se crollasse il tonfo sarebbe tanto forte da sollevare ondate di marea su tutto il pianeta. Abbiamo tremato per cinquant'anni nell'equilibrio del terrore nucleare. Potremmo trovarci a tremare sotto l'incombere di questo crollo, che non è parabile con missili antimissile, che non è scongiurabile con la diplomazia, né con trattati di disanno. Giulietta Chiesa La crisi irachena ha per la prima volta riunito il governo e il popolo in un unico fronte Il presidente Boris Eltsin RITORNA LA GUERRA

Persone citate: Boris Eltsin, Clinton, Giulietta Chiesa, Madeleine Albright, Tony Blair