EROINA anche la City è in vena

EROINA anche la City è in vena Compie un secolo la più dffiisa e mortale delle droghe: nacque come farmaco, diventò la compagna crudele di scrittori e artisti EROINA anche la City è in vena H EL 1898 la Bayer lancia sul mercato un nuovo farmaco antidolorifico che battezza «Eroina», dal tedesco Heo- I risch, forte. La propaganda negli Stati Uniti, dove i medici vendono direttamente le medicine agli ammalati, è martellante, e il successo immediato: l'eroina entra in farmacia, dove può essere acquistata senza ricetta. Dovrebbe sostituire la morfina che ha funzionato come antidolorifico fino a che non sono state evidenti le sue controindicazioni. In verità, l'eroina è stata scoperta in laboratorio già nel 1874 come derivato semi-sintetico della morfina, la diacetilmorfina. Secondo Guido Blumir, che nel 1976 pubblicò uno dei primi libri sull'argomento (Eroina, Feltrinelli) la Bayer sapeva di aver lanciato una droga: negli Stati Uniti si ebbe immediatamente un mercato di 250.000 persone appartenenti per lo più a classi sociali elevate; altrettante in Europa: consumatori abituali, a cui si aggiungeva la vasta schiera di coloro che usavano l'eroina come rimedio contro il mal di testa o gli accessi di tosse. Nel 1912 la Conferenza dell'Aja mise in atto le prime misure restrittive contro la diffusione degli oppiacei, ma la Bayer aveva già sintetizzato in laboratorio una nuova sostanza prodigiosa, l'aspirina, pronta a sostituire come antidolorifico l'Heorisch. La storia dell'eroina si intreccia strettamente a quella degli oppiacei, in particolare con la morfina, scoperta nel 1803 da un farmacista tedesco, il primo degli alcaloidi dell'oppio a essere isolato e descritto. Giancarlo Arnao, che nel 1985 ha pubblicato uno dei primi studi farmacologici e sociologici sull'eroina accessibili anche al lettore non specialista, Il dilemma eroina (Feltrinelli), scrive che l'eroina appartiene a quel tipo di sostanze che forniscono effetti narcotico-analgesici, che attenuano il dolore fisico. Louis Lewin nel suo celebre trattato farmacologico Phantastika, pubblicato nel 1924, aveva classificato l'eroina tra gli «euforizzanti», in¬ comumastrag sieme alla cocaina, in verità farmacologicamente molto distante dall'eroina. Arnao, riferendo numerosi studi, arriva alla conclusione che la differenza tra chi apprezza l'eroina e chi invece ne trae impressioni negative non sta negli effetti, ma nel diverso valore che a questi effetti viene attribuito da chi se la inietta, la fuma o la ingerisce. E' forse per questa ragione che il rapporto tra eroina e letteratura è molto diverso da quello tra oppio e letteratura. Alberto Castoldi, che ha pubblicato un bel libro sul rapporto tra letteratura e droga nell'Ottocento e nel Novecento {Iltesto drogato, Einaudi) non dedica che un breve accenno all'eroina, mentre si sofferma a lungo su Samuel Taylor Coleridge, «il primo caso di drogato moderno» secondo Elémire Zolla (nel suo recentissimo U dio dell'ebbrezza, Einaudi), su Thomas De Quincey, Baudelaire, Poe, fino ad arrivare alla Beat Generation (Ginsberg ecc.). Castoldi analizza l'uso della droga a scopo creativo. La droga, sottolinea lo studioso, funziona come un alteratore delle percezioni spazio-temporali, «che si traducono essenzialmente in una dilatazione delio spazio e in un annullamento dello scorrere del tempo». L'interesse per la droga in ambito intellettuale si sviluppa nell'Ottocento, ed è strettamente legato all'interesse per il sonno, il sogno e la follia. I termini che prendono a circolare tra i poeti e gli scrittori romantici sono: allucina- zione, visione, apparizione, illusione, ma il dibattito si estende anche al mondo scientifico: medici, psichiatri, fisiologi. Castoldi fa notare che gli stessi artisti e scrittori consumatori di droga avevano compreso che l'uso di sostanze stupefacenti stimola e non determina le doti naturali dei singoli; anzi, sovente «introduce una frattura tra capacità intellettive e capacità di realizzazione». Ernst Junger, in un libro a tratti misticheggiante, .Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza (Multhipla), sintetizza così quello che gli artisti e gli scrittori del Novecento cercano nelle droghe: «Si può conoscere in mi istante ciò che, solitamente, richiede degli anni per rivelarsi. Nessuna confessione scende a simili profondità». L'idea della droga proposta dallo scrittore tedesco è decisamente elitaria, così come quella di Elémire Zolla che, nell'ampia prefazione alla sua antologia sull'uso estatico delle droghe, ha parole di disprezzo per le droghe consumate negli Anni Ses¬ santa dall'«orda giovanile» o per l'uso dell'ecstasy (sintetizzata in realtà nel 1912) da parte di «frotte di giovani impegnati a reiterare senza tregua un movimento» al suono della tecnomusica. Forse la differenza è tra quelli che ritengono possibile l'esperienza della droga all'interno di una cultura comunitaria che segue riti, miti e pratiche allo scopo di recuperare una pienezza smarrita (Artaud ma soprattutto Castaneda) e quelli che con Aldous Huxley sono convinti che la droga sia un evento privato, un'esperienza del limite come costante dell'io, scrive Castoldi. Ebbene, l'eroina sembra sfuggire a tutto questo: appartiene a un altro pianeta. I resoconti di scrittori che consumano eroina sono rari. Il loro massimo esponente è William Burroughs, che ne ha steso un racconto letterariamente significativo in Junkie (La scimmia sulla schiena) del 1953. Burroughs unisce una oggettività quasi scientifica a una visionarietà assoluta; in La scimmia sulla schiena scrive : «Ho imparato l'equazione della droga. La droga non è, come l'alcol o come la marijuana, un mezzo per intensificare il godimento della vita. La droga non è euforia. E' un modo di vivere». Ma se si vuole capire cosa è stata l'eroina, quella che ha fatto strage tra i giovani negli Anni Settanta (il primo morto italiano è del 1974), oltre ai testi delle canzoni dei Rolling Stones e di Lou Reed, si deve leggere Postoristoro, il racconto che apre Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli. La voce narrante ricostruisce una sera di alcuni eroinomani tra il bar e i cessi della stazione di una piccola città, libro che ha fatto, credo, da battistrada al più moraleggiante, oltre che aspro, In exitu (1988) di Giovanni Testori. Strano, ma a raccontare spietatamente cosa sia stata da noi l'eroina sono stati proprio due scrittori omosessuali con ascendenze cattoliche. Marco Belpoliti Fu lanciata dalla Bayer come antidolorifico ed ebbe un'immediata diffusione negli Usa. Per gli artisti prese il posto dell'oppio ma presto cominciò a fare strage fra i suoi consumatori FATTURATO ANNUO ITALIANO ¥ MILA MILIARDI CONSUMATORI DI EROINA IN TRATTAMENTO (SERT E COMUNITÀ) CONSUMATORI DI EROINA SOMMERSI (SPESSO SALTUARI) DECESSI PER OVERDOSE NEL 97 SERVIZI DELLE ASL 116.000 1153 551 COMUNITÀ' STUPEFACENTI SEQUESTRATI DAL 17 MAGGIO '96 AL 4 MARZO 98 {SECONDO DATI DEL VIMINALE) 1378 EROINA 1.223.954 Kg COCAINA 4.513.199 Kg CANNABIS 80.271.801 Kg 1350.000 CIFRE STUPEFACENTE Dati tratti da «Cara draga», di Susanna Lavazza {edizioni Franco Angeli) William Burroughs parlò dell'eroina nel racconto «La scimmia sulla schiena» In Italia gli scrittori che descrissero gli effetti della droga furono Testori e Tondelli

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