Oscar Wilde, vittima di un eterno paradosso di Osvaldo Guerrieri

Oscar Wilde, vittima di un eterno paradosso Parla il pronipote dello scrittore: gli abbiamo fatto un monumento nell'indifferenza del potere Oscar Wilde, vittima di un eterno paradosso «L'establishment in privato lo ama ma pubblicamente lo condanna» IMPORTANZA di chiamarsi Wilde? Per Merlin Holland è relativa, forse conta pochissimo, visto che l'opera _ di Oscar Wilde è fuori diritti e lui, come pronipote, non ne ha mai goduto i frutti. Però ricorda: «Mio padre qualcosa incassava, piccole somme, erano gli Anni 3040». Merlin Holland avrebbe dovuto partecipare al convegno che, al teatro Biondo, Palermo dedica oggi e domani allo scrittore, i cui vagabondaggi, una volta uscito dal carcere di Reading, lo portarono con l'amante Alfred Douglas anche lì, oltre che a Posillipo, a Napoli, a Santa Margherita Ligure. Organizzato dalla casa editrice Novecento e coordinato da Masolino d'Amico, «Wilde Days» illustrerà il rapporto tra lo scrittore e l'Italia. Holland non vi partecipa per indisponibilità di tempo: il convegno ha cam- biato più volte data, e l'ultima lo ha preso in contropiede. Tuttavia sarà presente con il video del suo intervento «La straordinaria vicenda della reputazione di Wilde». Un tema che Merlin Holland sente con intensità, pur avvertendo che al suo prozio dedica soltanto il tempo libero. Da buon borghese, si guadagna da vivere lavorando. Con sua moglie importa ceramiche da Bassano del Grappa. Prima ancora, ha venduto carta; dal '92 al '95 ha lavorato per una rivista come esperto enologo («ma non ho mai venduto vino»), cjuindi, per un'altra rivista, si è occupato di campagna. «I soldi che guadagno con Oscar Wilde sono frutto del mio lavoro». Spiega che nel '96 pubblicò 77ie Wilde Album, che ebbe edizioni negli Stati Uniti, in Germania, in Svezia. «Ma non fu possibile farne una italiana». Annuncia che fra due anni pubblicherà l'epistolario di Wilde: 1200 lettere, una ragnatela di parole con cui lo scrittore intrecciò rapporti larghi e fitti. Ma perché questo cognome che le biografie wildiane non registrano? E' vero che arrivò dopo il divorzio tra lo scrittore e Constance Lloyd? «Non divorziarono mai, anche se lui lo voleva», spiega Holland. «Constance glielo negò per i figli, come spiegò lei stessa in una lettera. Ma un giorno andò in vacanza in Svizzera e in albergo si firmò con il cognome da sposata. All'epoca la Svizzera era piena di inglesi. Questi, saputo con chi avevano a che fare, cioè con una donna legata a un uomo condannato per immoralità, non la vollero fra di loro e le intimarono di andarsene. Da quella volta, Constance Lloyd prese il cognome Holland». E come giudica il monumento a Oscar Wilde eretto poche settimana fa a Londra? E' un atto pubblico di risarcimento? «Quel monumento non l'ha voluto l'establishment, ma un comitato privato di cui faccio parte. Per tre anni abbiamo di¬ scusso, scelto lo scultore, cercato i soldi». Quindi l'Inghilterra non ha saldato un debito. «No, il debito l'hanno saldato alcuni privati. Si ripete quel che è accaduto nell'abbazia di Westminster». Cioè? «Tre anni e mezzo fa, nell'Angolo dei Poeti di Westminster, fu dedicata una finestra a Oscar Wilde. Non per iniziativa dell'abbazia, si capisce. Quella fu un'idea mia, io mi incaricai di trovare i quattrini per pagare la finestra». Quindi nessuno ha mai riabilitato Wilde. «Non il potere politico, né quello religioso. Ma si può capire. Il governo non può fare un monumento a un criminale. E' agghiacciante però che si criminalizzi uno per la sua sessualità. Oggi non si può dire che l'Inghilterra sia contro Oscar Wilde, si può dire, invece, che abbia verso di lui un atteggiamento ambiguo: molti dell'establishment in privato lo leggono ma in pubblico lo disapprovano. E' il solito, vecchio paradosso, che continua». Osvaldo Guerrieri Oscar Wilde soggiornò anche a Palermo che oggi e domani gli dedica un convegno