Il Parlamento boccia il bilancio d'Europa

Il Parlamento boccia il bilancio d'Europa Hanno pesato le voci di scandali nei contributi, ma Santer si è messo al riparo dai rischi di dimissioni Il Parlamento boccia il bilancio d'Europa Si apre una crisi senza precedenti nelle istituzioni comunitarie BRUXELLES DAL NOSTRO INVIATO E' uno scontro come non si vedeva da anni tra le istituzioni comunitarie, di solito assai restie ai conflitti. Il Parlamento europeo, riunito ieri a Strasburgo, si è rifiutato di approvare il bilancio consuntivo per il 1996 presentato dalla Commissione. Una maggioranza di 270 deputati ha battuto i 225 favorevoli all'approvazione, mentre gli astenuti sono stati 23. Uno schiaffo che ha immediatamente innescato la crisi tra l'esecutivo comunitario e i deputati che l'hanno di fatto sfiduciata. «Per la Commissione è una sconfitta», ammette il Commissario finlandese Erkki Liikanen, che come responsabile del bilancio e del personale sta vivendo i giorni peggiori della sua carriera. Ma Liikanen precisa anche subito che «la Commissione non si dimette». In teoria, infatti, la crisi potrebbe finire con le dimissioni in massa del presidente Jacques Santer e degli altri diciannove Commissari; a Bruxelles però nessuno scommette un euro sulla loro partenza anticipata. Il voto del Parlamento contro il bilancio '96 era nell'aria da qualche settimana. Per i popolari, i liberali e i verdi, che si oppongono alla maggioranza degli eurosocialisti, era l'occasione buona per esprimere con clamore i loro dubbi sulla gestione dei fondi comunitari da parte della Commissione e soprattutto sull'operato negli anni scorsi di due commissari socialisti: lo spagnolo Manuel Marin, che si occupava di aiuti umanitari, e la francese Edith Cresson, responsabile della ricerca scientifica. Del resto a Bruxelles, negb ultimi mesi, le notizie su spese di¬ sinvolte di fondi o di vere e proprie truffe perpetrate nelle stanze dell'esecutivo comunitario, non sono mancate. Assistenza umanitaria, cooperazione alla sicurezza nucleare con i Paesi dell'Est, aiuti ai Paesi del Mediterraneo, programmi di studi come «Leonardo», nessun settore sembra al riparo dagli scandali. In vista dell'attacco che stava per arrivare da Strasburgo, Santer ha pensato bene di rilanciare, mettendosi al tempo stesso al riparo da qualsiasi prospettiva di dimissioni. Mercoledì sera una dichiarazione dell'esecutivo avvertiva i deputati che «la Commissione ritiene che sia molto importante per il suo funzionamento e il suo ruolo interistituzionale, ottenere l'approvazione del consuntivo». Se così non dovesse essere, concludeva il documento «il Parlamento de¬ ve chiarire la situazione procedendo a un voto su una mozione di censura». Il «no» al bilancio non basterà - è stato insomma il messaggio di Santer - senza la censura la Commissione non pensa ad andarsene. Così, mentre proprio la dichiarazione di mercoledì sembra aver spinto alcuni deputati a votare contro un esecutivo che hanno considerato troppo arrogante, adesso il Parlamento dovrà esprimersi in gennaio su una mozione di censura che non passerà mai, poiché ha bisogno di una maggioranza di due terzi dei deputati per essere approvata. Non a caso ieri è stata la capogruppo dei socialisti, Pauline Green, a presentare la mozione di censura, assolutamente sicura del fatto che sarà respinta e convinta che gli stessi europopolari non potranno schierarsi contro il popolare Santer.

Persone citate: Edith Cresson, Erkki Liikanen, Jacques Santer, Liikanen, Manuel Marin, Pauline Green, Santer

Luoghi citati: Bruxelles, Europa, Strasburgo