«L'Italia è schierata con Kofi Annan»

«L'Italia è schierata con Kofi Annan» Il governo lamenta di non essere stato avvertito. Anche per Andreotti «azione illegittima» «L'Italia è schierata con Kofi Annan» A Montecitorio il premier chiede lafine degli attacchi ROMA. Il governo chiede «la fine immediata delle ostilità», lamenta di «non essere stato preavvertito» dei raid e ritiene che l'attacco anglo-americano all'Iraq indebolisca pericolosamente «il ruolo ed il prestigio dell'Onu». «Questo è un giorno triste per l'Italia» ha detto a Montecitorio il presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, facendo propria l'espressione del segretario generale dell'Onu, Kofi Annan. La difesa della supremazia politica delle Nazioni Unite e della soluzione diplomatica è il timone che guida la rotta del governo nella crisi dopo la prima notte di missili su Baghdad. Se prima i raid erano stati definiti da D'Alema «legittimi ma inutili» in ragione delle violazioni irachene alle risoluzioni dell'Onu ora prevale la necessità di evitare che l'attacco Usa affondi, prima di Saddam, la credibilità del Palazzo di Vetro. E i raid sono «deplorati» per la «forte preoccupazione» che causano. D'Alema non ha però esitazioni nel condannare la corsa di Saddam al riarmo e nell'indicare il suo «regime inumano» come «responsabile di quanto avviene» a causa di violazioni consumatesi «sulla pelle degli iracheni». Ma il sostegno per Washington e Londra non c'è. Roma sceglie dove posizionarsi: si allinea al «no» dì Parigi con toni più decisi rispetto a quelli di Jospin, sembra lontana dal sostegno critico di Bonn e non condivide né il sì di Madrid, Tokyo e Ottawa né, naturalmente, l'attiva partecipazione britannica. Non è una posizione semplice né in seno alla Nato né davanti all'alleato americano. D'Alema ammette: «C'è diversità con gli Usa» e, anzi, aggiunge che l'azione militare potrebbe aiutare Saddam a mantenere in piedi il regime. «Noi stiamo con Kofi Annan», conclude, ricordando che «Russia e Cina sono contrari» ai raid. Poco dopo il ministro Sccgnamiglio assicura: «Non siamo coinvolti né noi né le basi Nato in Italia». D'Alema ritiene che «il conflitto è appena iniziato» e, dopo il messaggio personale giunto da Bill Clinton, punta sulla diplomazia europea: chiede risultati al vertice Ue-Usa in programma oggi e lascia alla Quercia la delicata proposta di «un vertice europeo ad hoc sull'Iraq». Ma sono bastati i primi missili a far emergere i noti dissensi nella maggioranza. Se i Verdi si allineano a Palazzo Chigi e i comunisti italiani accusano D'Alema perché avrebbe dovuto «condannare» i raid, Rinnovamento e Udr li sostengono. Francesco Cossiga va oltre, accusa l'Onu di essere «troppo debole» e suggerisce di usare «lo stesso linguaggio che fu di Moro sul Vietnam: "Non possiamo non aver comprensione"». Per Bertinotti il governo è «cer- chiobottista» e colpevolmente silenzioso davanti ad «un atto di codardia e di arroganza». Ma D'Alema risponde: «Non si può mettere sullo stesso piano il regime di Saddam e gli Stati uniti, che sono una grande democrazia ed un nostro alleato». Andreotti invece è in sintonia con Rifondazione: «E' un'azione illegittima, lo sviluppo della civiltà torna indietro». Ramon Mantovani più volte interrompe D'Alema, cogliendo qualche apprezzamento fra i banchi vicini. L'opposizione del Polo affonda i colpi facilmente. «Questa maggioranza non ha politica estera, non siamo stati informati perché il nostro prestigio internazionale è ridotto a zero», dice Antonio Martino (Fi), paragonando D'Alema a Neville Chamberlain dell'accordo di Monaco del 1938 e proponendo «aperto sostegno a Stati Uniti e Gran Bretagna che si battono anche per noi». Pierferdinando Casini rincara: «Nel governo c'è perfino chi, come il ministro Folloni, parla con Saddam». An invece è divisa. Nel partito di Fini riaffiora il vecchio antiamericanismo dell'Msi. Se Mirko Tremaglia è col Polo nel dire che «la diplomazia aveva esaurito i mezzi» quella di Teodoro Buontempo è un'arringa anti-yankee da far impallidire Rifondazione: «I morti causati da Saddam sono virtuali, quelli causati da Clinton sono veri». [m. mo.] Il ministro degli Esteri Lamberto Dirti con il ministro della Cultura Giovanna Melandri ieri alla Camera