«Ehsìn e gli ebrei autori del genocidio dei russi»
«Ehsìn e gli ebrei autori del genocidio dei russi» Nuova fiammata antisemita dei comunisti «Ehsìn e gli ebrei autori del genocidio dei russi» Lo afferma in Parlamento il capo della Commissione per la Sicurezza MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il povero Ziuganov aveva appena finito di parare le conseguenze del disastro d'immagine provocato al partito comunista della Russia dalle dichiarazioni antisemite del generale Albert Makashov, ed ecco che la scena si ripete con un altro autorevole dirigente parlamentare comunista, il presidente della Commissione per la Sicurezza Nazionale, Viktor IUukhin. Il quale, parlando come relatore di fronte alla Commissione per l'impeachment contro Boris Eltsin, sotto l'oggettiva testimonianza dei microfoni e delle telecamere (e senza alcuna improvvisazione) ha affermato, chiaro e limpido, che il genocidio contro il popolo russo realizzato negli anni del potere eltsiniano sarebbe stato meno grave se «nell'entourage di Eltsin vi fossero stati in maggioranza i russi e non i rappresentanti della nazione ebraica». Col che diventa clamorosamente evidente che Makashov non è affatto un isolato, e che l'antisemitismo è merce corrente nel vertice stesso del partito. Immediata la reazione dell'Amministrazione presidenziale, che ha definito le affermazioni di Iliukhin come una «mossa bolscevica e estremistica» diretta a «eccitare contrapposizioni nazionali, religiose, di classe, per destabilizzare la situazione e per una conquista violenta del potere». E' la citazione quasi letterale di un articolo del Codice penale, che invita il ministero della Giustizia e il Procuratore generale ad aprire un procedimento penale contro Iliukhin. Dato il contesto, appare comunque improbabile che il quinto capo d'accusa contro Eltsin - quello appunto di genocidio intenzionale contro i russi - verrà fatto proprio dalla Commissione della Duma. Che, dopo aver approvato i primi tre (complotto per liquidare l'Urss nel 1991, golpe e bombardamento contro il Soviet Supremo nel 1993, guerra di Cecenia nel 1994), aveva respinto il quarto (intenzionale smantellamento delle Forze Armate russe). Lo scandalo dilaga su stampa e televisione, mettendo di nuovo i comunisti nella scomodissima situazione di doversi giustificare proprio verso quei settori di opinione pubblica di cui avrebbero essenziale bisogno per vincere le prossime elezioni parlamentari e presidenziali. Tuttavia questo tipo di «uscite» antisemite non è una sorpresa per nessuno, a Mosca e in Russia. Non c'è stata manifestazione, lungo tutti questi anni di postcomunismo, in cui cartelli e slogan antisemiti non si affacciassero numerosi, tanto tra il pubblico quanto dai palchi degli oratori dell'estrema sinistra. Ciò che colpisce è la loro esplicitazione ripetuta ai livelli della politica nazionale. Il che potrebbe davvero far pensare a un prossimo intensificarsi dell'uso politico della carta antisemita. Ieri è intervenuto anche il primo vicepremier del governo Primakov, Jurij Masliukov, definendo «inaccettabile che vengano dati giudizi su questo o quell'uomo politico muovendo dalla sua appartenenza nazionale». E il sindaco di Mosca, Jurij Luzhkov, ha colto la palla al balzo per vietare la tenuta del congresso di «Unione Nazionale Russa», il partito neonazista di Aleksandr Barkashov che progettava di riunirsi nella capitale sabato. Giuliette Chiesa
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