Dall'India alla Sicilia sulle rotte dei trafficanti

Dall'India alla Sicilia sulle rotte dei trafficanti Dall'India alla Sicilia sulle rotte dei trafficanti IL RAPPORTO DEGLI «007» DROMA pirati del Mediterraneo sono libanesi, greci, turchi. Viaggiano e trafficano tra Cipro, Malta, le sponde maghrebine e l'Italia come accadeva tanti secoli fa. Sono spietati e famelici. La loro merce sono i clandestini: poveri immigrati asiatici diretti verso l'Europa dei loro sogni. A raccontarci la tremenda realtà dei moderni «trafficanti di uomini» questa volta sono uomini dell'Oriente. Stanco di vedere soprusi e tragedie, un anno fa il governo indiano ha commissionato ai suoi servizi segreti un'indagine. E il Cbi (Central Intelligence Bureau) di Nuova Delhi ha ricostruito le rotte della disperazione. L'indignazione è esplosa, in India, dopo la tragedia del Natale '96. Duecentottanta i morti, in gran parte cittadini indiani e pakistani. Fu un naufragio «fantasma» al largo della Sicilia, a lungo negato, su cui ha indagato anche la procura di Siracusa. E ci sono dodici richieste di rinvio a giudizio per omicidio, naufragio colposo e associazione per delinquere. Alle stesse conclusioni della magistratura italiana è arrivato anche il Cbi di Nuova Dheli. Il traffico di immigrati dunque - è accaduto nel Natale '96, accade ancora oggi - parte con una ragnatela di agenti e subagenti turistici che rastrellano i villaggi di India e Pakistan. Ne sono stati individuati almeno cinquanta, che ora sono finiti sotto processo. Le «agenzie» della speranza formano i gruppi e si preoccupano dei biglietti aerei. I clandestini vengono imbarcati e trasferiti in Turchia, Siria ed Egitto. Da qui, tutto organizzato, con camion e pullman li portano nelle sedi di transito. E cioè i porti di Adana (Turchia) e Alessandria (Egitto) e la costa siriana Nel settembre 1996 c'erano 456 persone che attendevano il passaggio in nave. Avevano pagato 4500 dollari (oltre 7 milioni di lire) a testa. Altri soldi gli furono rubati "lungo il viaggio. Attesero a lungo in pensioncine di infimo ordine. E finalmente a dicembre la nave-madre, la «Yiohan», guidata da un capitano libanese, di proprietà di un armatore greco, cominciò il tour. Con tappe prestabilite, e aspettando in determinati punti del mare aperto, la «Yiohan» passava al largo e caricava la gente. La notte di Natale arrivò al largo della Sicilia. E dalla na¬ ve-madre cominciò il trasbordo su due imbarcazioni più piccole apparse all'improvviso. Erano due «carrette del mare» destinate ad arenarsi sul suolo italiano. Solo che la gente era tanta, le barche piccole. Il mare era molto agitato. «Da lontano si vedevano le luci della Sicilia», hanno raccontato alcuni sopravvissuti a Balwant Singh Khera, presidente dell'associazione parenti delle vittime. Il trasbordo si rivelò subito difficilissimo, insomma. Così il comandante di una delle imbarcazioni decise di tornare indietro verso la nave-madre. Circa 40 persone, stremate da un viaggio già interminabile e terribile, riuscirono a risalire a bordo della «Yiohan». Ma le due navi si urtarono. Si aprì una falla. Un po' come accadde nel canale di Otranto tra la nave militare «Sibilla» e una carretta albanese. La gente urlava. Tutti si pigiavano verso i parapetti. Un caos. In pochissimo tempo la barca piccola, con 280 persone a bordo, colò a picco. E i sopravvissuti non poterono che assistere al naufragio. Il giovane Paramjeet Singh, 26 anni, vide affogare i suoi due fratelli Ranjeet e Kulwinder. Pochi giorni dopo, 39 di questi sopravvissuti sbarcavano esausti in Grecia. Venivano subito arrestati in quanto immigranti clandestini. Ma almeno ebbero l'occasione di raccontare quanto era accaduto. Fu informato l'ambasciatore india- no ad Atene. Il quale fece rapporto al suo governo. E da qui cominciò l'indagine degli 007 di Nuova Delhi. Il Cbi ha ricompiuto con i suoi agenti lo stesso itinerario. Ha ascoltato i testimoni. Ha ricostruito il network illegale che prospera sui traffici di clandestini. E quindi cita il signor Mandhir Wahi, nazionalità indiana, come regista dell'associazione per delinquere dal suo ufficio in Grecia. Le finestre si affacciano sul porto del Pireo. Suo padre, Satpal Wahi, conosciuto come «il Papà», coopera dall'ufficio di Delhi. E poi ci sono gli armatori greci, i signori Petros e Zervoudakis. E citano i presunti complici: il signor El Mumtaz (por¬ to di Alessandria, Egitto), il signor Johan Aravis (porto di Larnaca, Cipro), il signor Ktirkmaz (porto di Istanbul, Turchia). «E' uno scandalo - commenta il presidente dell'associazione parenti - che i cittadini indiani, e asiatici in generale, siano abbandonati nelle grinfie di questi pirati. E' gente senza scrupoli che si muove tra le pieghe delle leggi. Per lo più restano in acque internazionali. Ci vuole un impulso da parte dell'Onu e dei governi interessati per battere questo network di mafie». Ieri sono stati ricevuti al ministero dell'Interno a Roma. Francesco Grignetti LA ROTTA DEI CLANDESTINI DALL'ASIA VERSO L'EUROPA 2 I finti turisti arrivano via aereo a Istanbul, Il Cairo e Damasco. TURCHIA ^s^r// Siria 3 Con camion, i clandestini vengono awviati ai porti di Adana (Turchia), Alessandria (Egitto) e sulla costa siriana -V £ In queste città vengono alloggiati in pensioni di infimo grado. i i g A giorni prefissati, quando si formano gruppi consistenti, vengono caricati su piccole imbarcazioni e portati all'appuntamento con grosse navi che li attendono al largo. £ Le imbarcazioni, finito il carico, raggiungono il limite delle acque territoriali italiane. Altro trasbordo su piccole «carrette del mare» destinate ad arenarsi sulle coste italiane. Contro il traffico di clandestini dall'Oriente sono intervenuti gli 007 indiani

Persone citate: Francesco Grignetti, Johan Aravis, Paramjeet Singh, Petros, Singh