D'Alenici: seduta segreta su Oculati di Maurizio Molinari

D'Alenici: seduta segreta su Oculati Il premier chiede, e ottiene, di evitare il dibattito: il caso verso la soluzione? D'Alenici: seduta segreta su Oculati Roma, dopo la denuncia turca i giudici hanno indagato il ministro Diliberto ROMA. Il caso di Abullah Ocalan si avvicina alla stretta decisiva e il presidente del Consiglio ha chiesto ed ottenuto di riferire oggi al Parlamento a porte chiuse mentre la Procura di Roma ha con un atto dovuto indagato il Guardasigilli, Diliberto, in seguito alla denuncia turca per abuso di potere, definita «infondata» dal governo. D'Alema interverrà sugli ultimi delicati sviluppi solo davanti alle conferenze dei capigruppo delle due Camere, rinviando così i previsti dibattiti in aula a Palazzo Madama e Montecitorio. Il presidente della Camera, Violante, ha spiegato che l'inattesa procedura è dovuta «alla delicata fase e all'esigenza di riservatezza». La richiesta di D'Alema presentata dal ministro dei Rapporti con il Parlamento, Folloni, non ha trovato ostacoli sebbene non tutti i partiti della maggioranza ne fossero stati preventivamente informati. «La riservatezza in questa fase è giustificata» dice il segretario dei Ds Veltroni. «Siamo in un frangente talmente delicato che questo inconsueto passaggio è comprensibile» aggiunge il comunista Grimaldi, stretto collaboratore di Diliberto. «D'altra parte la procedura non è tanto anomala, negli Stati Uniti il presidente in situazioni di emergenza parla con i leader del Congresso», osserva Migone (Ds). Anche le opposizioni hanno accolto la richiesta e hanno congelato la mozione sull'espulsione, dimostrando comprensione per il timore di Palazzo Chigi che il voto su documenti contrapposti rischiava di pregiudicare le manovre diplomatiche. «Senso di responsabilità e dello Stato ci hanno fatto accettare la richiesta del governo - spiega il capogruppo di Forza Italia, Pisanu - ma restiamo dell'avviso che Ocalan debba essere espulso». «Solo per ragioni di opportunità intemazionale - aggiunge il capogruppo Ccd, D'Onofrio - non si svolgerà il previsto dibattito». Per capire quali sono le «esigenze di riservatezza» di cui parla Palazzo Chigi bisogna guardare a Strasburgo, dove oggi si riunisce il comitato dei ministri del Consiglio d'Europa per discutere la definizione del processo a cui sottoporre Ocalan. Colajanni, responsabile Esteri dei Ds, è impegnato da giorni in una spola fra Roma e Strasburgo spiega e cosa sta avvenendo: «Ci aspettiamo che la Turchia accetti la celebrazione di un processo ordinario in un paese terzo». Fonti diplomatiche a Stoccolma e all'Aja confermano: «Ankara pur restando contraria al Tribunale Intemazionale ha fatto sapere che non si opporrà ad una soluzione giuridica, e non politica, attraverso la celebrazione di un processo chirurgico basato sulle accuse turche». Questo significa che la via per il processo è aperta anche se, come fanno notare alla Farnesina, «resta l'espulsione come ultima ipotesi». Non a caso il premier turco, Yilmaz, ha rivelato al quotidiano Hurryiet che trattative sarebbero in corso per un'espulsione verso l'Albania prima delle simultanee e perentorie smentite di Roma e Tirana. L'atteso sì turco al «processo chirurgico» rende per la prima volta realistica la prospettiva di ospitarlo in Italia se nessun altro paese europeo si offrirà di farlo (i contatti con Olanda, Svezia, Austria e baltici continuano). Siamo entrati nella fase in cui il governo deve studiare lo scenario del processo, approfondendone le modalità e definendo le ne- cessarle garanzie di sicurezza da chiedere a governo turco e curdi. Ocalan ha capito l'aria e mette le mani avanti: «Sì al processo, ma sarebbe grave se un tribunale italiano mi giudicasse per conto della Turchia». L'impressione è che i tempi si allungano, in assenza di una decisione della Corte d'Appello Ocalan potrebbe restare alTInfernetto' an¬ che dopo il 22 dicembre. La Procura di Roma ha intanto indagato Diliberto con un atto dovuto dopo la denuncia turca per «abuso di potere». Per Palazzo Chigi si tratta di «accuse infondate» perché Diliberto ha operato «in coerenza con gli indirizzi di governo». «Si risolverà tutto in una bolla di sapone» assicura il Guardasigilli, forte della tregua con il Polo e di quanto trovato dagli sherpa del ministero. L'accusa turca di «aver rimesso in libertà Ocalan» si scontra con un precedente caso del 1993, quando l'allora Guardasigilli Conso chiese alla Corte d'Appello di Roma per un altro leader del Pkk, Ali Sapan, lo stesso provvedimento che Diliberto ha chiesto per Ocalan: una misura cautelare alternativa alla detenzione in carcere. Anche allora la Corte era presieduta da Tommaso Figliuzzi. Ma Ankara è decisa ad andare avanti. Il suo legale, Augusto Sinagra, ammonisce Palazzo Chigi a «non sostituirsi alla Procura di Roma» e invita Diliberto a «fare il suo dovere fino in fondo, chiarendo scelte e comportamenti». «Siamo davanti ad una grave provocazione turca» commenta Cossutta. Maurizio Molinari .„ » »» l leader del Pkk Abdullah Ocalan