La Nestlé non riapre la fabbrica di Verona

La Nestlé non riapre la fabbrica di Verona Nonostante il cessato allarme, l'azienda non riprende la produzione di panettoni e pandori La Nestlé non riapre la fabbrica di Verona Sciolto il contratto per 400 operai MILANO DALLA REDAZIONE Si va placando l'allarmismo sui prodotti Motta e Alemagna, dopo che le confezioni qua e là segnalate alla magistratura in questi giorni, sotto la spinta della psicosi sollevata dal blitz degli ecoterroristi con i panettoni avvelenati mandati alle agenzie di stampa, sono risultate in perfetto stato. Il blitz degli ecoterroristi ha comunque già avuto un effetto negativo sui dipendenti dello stabilimento Nestlè di San Martino Buon Albergo. Dove i 400 stagionali sono costetti a subire una risoluzione anticipata del contratto, dal momento che i vertici della Nestlè hanno deciso di fermare l'attività di San Martino fino a metà gennaio. Non mancano tuttavia di mostrazioni di solidarietà. A Reggio Emilia la Re.Al, cui fanno capo i supermercati Sidis di Emilia Romagna, Lombardia e Liguria, ha deciso di rimettere sugli scaffali i panettoni Motta che aveva tolto i giorni scorsi (la Sidis non commercializza il marchio Alemagna). Non solo. Sempre la Sidis chiede ai consumatori «di condividere questa impostazione», aggiunge che «i prodotti Motta possono essere acquistati e consumati con tranquillità», e sollecita quindi i clienti a non «lasciarsi influenzare dal clima che si è costruito intorno a questa vicenda». Anche la rappresentanza sindacale dei lavoratori Nestlè di San Martino Buon Albergo ha rivolto un invito a tutte le rappresentanze sindacali delle diverse categorie affinchè non escludano «dagli acquisti natalizi e dai regali aziendali i panettoni e i pandori Motta e Alemagna». I lavoratori del gruppo Nestlè lamentano di essere stati «coinvolti in un'assurda azione terroristica che sta mettendo in serio pericolo l'esistenza dello stabilimento e del lavoro di centinaia di maestranze». E sottolineano di produrre «panettoni e pandori senza usare nessuna sostanza nociva» ricordardando che «le procedure produttive hanno ottenuto la certificazione Iso 9002». Nonostante il cessato allarme, per i lavoratori dello stabilimento di San Martino, in provincia di Verona, il blitz ecoterrorista è già costato in termini economici. A Buon Convento (l'unico stabilimento della multinazionale svizzera a produrre in Italia dolci da forno) la produzione, bloccata da sabato scorso, non riprenderà. Dal momento che, come sottolinea la società in un comunicato, ci sono già sei milioni di panettoni stoccati che bastano al rifornimento natalizio. Per i 400 lavoratori stagionali si tratta di dover quindi subire una risoluzione anticipata del rapporto, che avrebbe dovuto chiudersi la prossima settimana con il Natale. Questi 400 dovranno quindi accettare una busta decurtata. I dipendenti stabili, un centinaio, andranno invece in ferie anticipate. San Martino, infatti, riaprirà il ciclo a metà gennaio, con l'avvio della produzione di colombe pasquali. Gian Paolo Armana, direttore del personale dell'unità veronese, ricorda come la decisione sia «indipendente dalla volontà dell'azienda» e precisa: «Da parte nostra ci giochiamo dai 50 ai 70 miliardi poiché ogni giorno di assenza del prodotto dagli scaffali ci costa dai 4 ai 5 miliardi. Anche se è difficile dare cifre esatte poiché ci sono molte variabili in gioco, come la reazione emotiva del consumatore. E questo proprio in un'annata che andava bene, con un aumento del 10/15% delle vendite».

Persone citate: Alemagna, Gian Paolo Armana, Motta

Luoghi citati: Emilia Romagna, Italia, Liguria, Lombardia, Milano, Reggio Emilia, San Martino Buon Albergo, Verona