Caso Sme, interrogato Prodi di Chiara Beria Di Argentine

Caso Sme, interrogato Prodi Boccassini e Colombo hanno sentito il «Professore» perchè persona informata sui fatti Caso Sme, interrogato Prodi Dal Pool, come ex presidente delllri IL COLOSSO ALIMENTARE RMILANO OMANO Prodi, il 2 dicembre, è stato a lungo sentito come persona informata sui fatti dai magistrati Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, titolari dell'inchiesta sul caso Sme, la mancata vendita del colosso alimentare dell'In alla Buitoni di Carlo De Benedetti. Solo pochi giorni prima, il 24 novembre, i due pm avevano chiesto proprio per questa vicenda il rinvio a giudizio degli onorevoli Silvio Berlusconi e Cesare Previti, dell'imprenditore Michele Ferrerò, degli ex giudici Filippo Verde e Renato Squillante e dell'avvocato Attilio Pacifico. Ora, tra le migliaia di atti depositati dall'accusa (l'udienza preliminare è fissata per il 12 gennaio) c'è anche il racconto di uno dei protagonisti: Romano Prodi. A Roma, in un luogo riservato per evitare i giornalisti, l'ex presidente del Consiglio ha ricostruito con i pm quei giorni convulsi della primavera '85, a cominciare dal 29 aprile, quando, in mancanza di altri imprenditori disposti a rilevare tutta la Sme, sottoscrisse in Mediobanca, alla presenza di Enrico Cuccia, l'accordo per vendere le 449 milioni di azioni della società alla Buitoni per 497 miliardi. Un prezzo e un acquirente che fecero scalpore nell'Italia governata da Bettino Craxi. Tra polemiche, false cordate di disturbo (a tanti anni di distanza l'avvocato Italo Scalerà ha confessato ai due pm di essersi mosso solo per far un piacere a Berlusconi) e il rilancio a 600 miliardi di una cordata, la Iar, formata in tutta fretta da Berlusconi, Balilla e Ferrerò quell'accordo, nel giro di due mesi naufragò. Pietra tombale per le ambizioni di De Benedetti fu poi la sentenza (luglio '86) del giudice romano Filippo Verde che dichiarò quell'accordo «un semplice protocollo d'intesa... non ima manifestazione di volontà di concludere il contratto». Sentenza ribaltata dalla corte d'appello e confermata dalla Cassazione. Sembrava un capitolo chiuso. Ma i due pm, grazie alle rogatorie internazionali, hanno trovato la prova documentale di un accredito, nel maggio '88, di 750 mila dollari da un conto all'Interallianz bank di Zurigo di Pietro Balilla su un deposito svizzero di Pacifico, da cui sono usciti 200 milioni per il giudice Verde. Passano pochi mesi ed ecco altro bonifico (un milione di dollari) da Balilla a Previti e Squillante. Che cosa legava la coppia di avvocati romani al re della pasta, ora defunto? Pacifico dapprima ha ammesso di non averlo mai conosciuto, poi si è avvalso della facoltà di non rispondere. Previti non si è presentato all'interrogatorio dai magistrati e ha preferito dare la sua versione a Repubblica. «Pacifico non c'entra - ha dichiarato -, quei soldi Barilia li diede a me, che usai i conti di Pacifico. Erano il pagamento di una consulenza svolta per la cordata. Tutto alla luce del sole». Dunque proprio come nell'altra inchiesta che lo vede imputato, per il caso Imi-Sir l'onorevole Cesare Previti si difende sostenendo che i pagamenti sono solo parcelle per il suo lavoro di avvocato. Là per 20 anni di lavoro per Rovelli (ma poi ha detto che i soldi li ha versati a professionisti di cui non vuol fare i nomi) qui per la cordata Berlusconi, Balilla, Ferrerò. E però negli interrogatori dei protagonisti del caso Sme depositati al gip Alessandro Rossato è difficile trovare conferma a questa versione dei fatti. Partiamo da Balilla. Guido Balilla, figlio di Pietro ha dichiarato di non conoscere i due avvocati romani; l'amministratore delegato dell'azienda ai tempi della Iar, Manfredo Manfredi ha aggiunto che il legale che si occupava della cordata per conto della Fininvest era Vittorio Dotti. Convocato in procura, Dotti ha escluso che Previti abbia avuto un qualche ruolo formale nella storia. Solo l'odio tra ex colleghi, in totale rotta dopo le rivelazioni della ex fidanzata di Dotti, Stefania Ariosto? A smentire la versione Previti e gettare nuova luce su tutto il caso sono le testimonianze, finora inedite, dei manager - Pasteris, Dogliotti e Boeris - che trattarono l'ingresso nella Iar del gruppo Ferrerò. Testimoni, tra l'altro, dei tanti dubbi di Miche¬ le Ferrerò a imbarcarsi in un affare poco interessante per il colosso d'Alba con un partner amico come Barilia e mi altro a quell'epoca a lui sconosciuto, come Silvio Berlusconi. «La Ferrerò poteva essere interessata solo ad alcuni settori del gruppo Sme, come ad esempio cioccolato e merendine, non certo al settore alimentare», ha spiegato a verbale Dario Boeris, ex amministratore delegato della Ferrerò. Boeris dopo aver chiarito che ad Alba si temeva che De Benedetti potesse rivendere la Sme a multinazionali straniere, ha raccontato le insistenze di Berlusconi per far nascere la cordata anti De Benedetti, fino a concedere sconti per gli spot dei prodotti Ferrerò sulle reti Fininvest. Quanto a Previti, Boeris ai pm ha risposto: «Non lo conosco». Ma ne sentì parlare dal vicepresidente del suo gruppo, Dogliotti. Un ricordo non da poco. «Nell'85 la famiglia Ferrerò - ha ricordato Boeris - subì una perquisizione da parte del nucleo valutario di Roma. A seguito di ciò il dottor Berlusconi suggerì a Michele Ferrerò di prendere contatti con Cesare Previti che, a dire di Berlusconi, era un ottimo avvocato romano. Dogliotti ebbe un incontro con l'avvocato Previti, non so se uno o più, nel corso dei quali Previti consigliava di far spostare la competenza giudiziaria da Torino a Roma. Michele Ferrerò fu contrarissimo e non se ne fece nulla». Scelta lungimirante: per quella vicenda i Ferrerò furono assolti nell'87. Sì, ma allora qual è mai la «consulenza» di cui parla Previti? Mistero. Franzo Grande Stevens, legale della famiglia Ferrerò e del gruppo da circa 40 anni non ricorda la presenza di Previti né in cause in cui ha avuto come controparte la Fininvest (i legali del gruppo erano Dotti e Casella) né alle riunioni per la cordata Iar. «Faccio presente che in quegli anni nemmeno lo conoscevo», ha detto ai magistrati. E, dopo aver spiegato di aver sentito parlare di Previti solo nel '94, quando divenne ministro della Difesa, Grande Stevens ha puntualizzato: «L'esistenza di questo avvocato, sessantenne, civilista mi stupì perché facendo io questo mestiere da più di 40 anni ed essendo stato presidente della Cassa di previdenza nazionale degli avvocati, presidente del Consiglio nazionale forense per parecchi anni, non l'avevo mai sentito nominare. Non ha mai partecipato a convegni, dibattiti, tavole rotonde, congressi giuridici, trattative stragiudiziarie, importanti cause in Cassazione. Non l'ho mai incontrato e mai sentito nominare, eppure ritengo di conoscere un numero elevatissimo di avvocati civilisti di tutta Italia». Chiara Beria di Argentine I due pm hanno già chiesto il rinvio a giudizio per Berlusconi Previti Squillante e Verde A sinistra l'ex presidente del Consiglio Romano Prodi Sopra l'ingegner Carlo De Benedetti

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