« Democrazia malata » di Fabio Martini
« Democrazia malata » « Democrazia malata » Bertinotti: ma divisi si vince OROMA NOREVOLE Bertinotti, non ha il sospetto che la rottura tra Rifondazione e Ulivo abbia indotto molti vostri elettori a restare a casa? In situazioni in bilico come Roma sono mancati i vostri voti? «I dati smentiscono clamorosamente la tesi che vuole legare la sconfitta di Roma alla rottura tra noi e l'Ulivo. E' vero o no che al primo turno le forze di centrosinistra e Rifondazione si avvantaggiano e al secondo perdono? Sa perché?». Lei che idea si è fatto? «Che bisogna saper cogliere la differenza tra primo e secondo turno. Al primo si presentano i partiti, al secondo coalizioni indifferenziate. Non si scappa». Viva i partiti? «Io dico che i partiti hanno un effetto trainante, mentre con il maggioritario puro, le coalizioni sono prive di appeal. La differenza tra destra e sinistra è sempre meno riconoscibile e le destre vincono per la disaffezione». Ma lei esclude che gli elettori comunisti, dopo la rottura, siano meno motivati e dunque più assenteisti? «Se fosse stato vero non sarebbero andati a votare neanche al primo turno. Io dico che la coalizione è più esposta alla crisi della politica di quanto non lo siano i partiti». E quale sarebbe lo speciale appeal dei partiti? «In qualche misura il partito ti fa pensare ad un'appartenenza, per memoria storica o contingenza politica. La politica si salva con la forza dei contrasti. Al secondo turno quando siamo tutti uguali la gente resta a casa». Si potrebbe farla più semplice: a Roma la destra è riuscita a motivare meglio il proprio elettorato di quanto abbia fatto la sinistra. O no? «Ma l'astensione è piombata sulla destra e sulla sinistra. E' secondario stabilire chi abbia colpito di più perché mi sembra prioritario sottolineare che il partito maggioritario è quello dell'astensione. Ciò detto la destra può vincere prevalentemnte se si fa strada la sfiducia nella politica». In queste ore i nemici del doppio turno si fregano le mani: anche lei? «Vedo che uno studioso come Sartori oggi comincia a far filtrare l'idea che un sistema proporzionale potrebbe essere più efficace del doppio turno. Se lo dice persino Sartori...». Si prepara una grande campagna per il ritorno del proporzionale? «Noto che oggi sono parecchie le forze che rilanciano il sistema tedesco: proporzionale con sbarramento. Ma davanti alla forte disaffezione al voto, credo che sia maturo un dibattito sulla democrazia malata». In queste ore fioccano le interpretazioni sull'astensionismo record. La sua? «Certo, ci sono elementi congiunturali, ma c'è una ragione più di fondo: è oramai in atto una crisi di senso della politica, per la sua dimensione separata dagli interessi materiali della gente. Si va verso una democrazia autoritaria». Addirittura? Questa terminologia fa pensare a regimi illiberali alla Pinochet... «No. Questa nuova tendenza non va confusa con quelle golpiste. La contraddizione è questa: gli istituti della democrazia formalmente sono tutti sul tappeto, ma la sostanza nega questa apparenza. C'è una crescente sottrazione di qualunque possibilità di influenza dei cittadini sul proprio destino». Ma come si manifesta questa tendenza che alla fine terrebbe lontani i cittadini dalle urne? «Ci sono processi internazionali come la globalizzazione dell'economia e come il processo di integrazione europea che si è svolto senza democrazia: per la prima volta dopo secoli il governo di una grande entità regionale non è espressione di una sovranità popolare ma è costituito dal denaro e dalla banca». Sì, ma in Italia? «Si fa avanti l'idea che c'è una sola politica possibile e che la possono fare gli uni e gli altri. E dunque, il primato del mercato e della competitività totale». Ma l'astensionismo aumenta in tutte le democrazie, da nessuna parte la partecipazione aumenta... «Vero: ovunque la politica è sempre più asservita al mercato». Fabio Martini Il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti
Persone citate: Bertinotti, Fausto Bertinotti, Pinochet, Sartori
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