DAlema: io, ateo, ammiro il Papa di Filippo Ceccarelli
DAlema: io, ateo, ammiro il Papa Verso l'incontro dell'8 gennaio: giusto criticare il comunismo DAlema: io, ateo, ammiro il Papa D' ROMA ALEMA c la prossima visita in Vaticano, certo, ma anche la fede, un rosario, coite suore sue elettrici, i sentimenti, la religione instrumentum regni e un sacerdote di Gallipoli, don Solidoro, che del presidente del Consiglio dice: «Non può non dirsi cristiano»... In una lunga intervista al Pois, anche in vista dell'incontro con il Papa dell'8 gennaio, l'ateo D'Alema («Non è lui segreto che non sono credente») loda Giovanni Paolo II: «Lo ammiro molto. Credo che sia una delle grandi personalità di questa fine secolo, è riuscito a interpretare questo cambio di epoca come pochi leader hanno fatto. E' stato un protagonista della caduta del comunismo, ma ha avvertito immediatamente la necessità di criticare il capitalismo». Non è la prima volta che D'Alema manifesta ammirazione per la figura del Papa. Già due anni fa dichiarò che volentieri avrebbe scritto un saggio su Wojtyla. Del quale confessò anche di aver quasi mandato a memoria Varcare le soglie della speranza. Ora sembra estendere la propria considerazione su un terreno ancora più impegnativo, o almeno non più soltanto politico: «Il Papa - sostiene D'Alema - ha avuto ragione a criticare il comunismo per il vuoto spirituale che aveva creato nei Paesi dove governavano i partiti comunisti». L'evocazione della spiritualità non appare scontata. Per il leader ex comunista, in altre parole, la storia si nutre di ragioni non più solo etiche, ma spirituali. La politica, ha lasciato intendere, ne ha bisogno per rinnovarsi. E anche qui sembra di cogliere una qualche evoluzione, un riconoscimento sempre più esplicito alla religione e persino alla fede. Un fatto che del resto va oltre l'orizzonte nazionale: «Delors - ha spiegato una volta - proviene dal DAlem mondo cattolico e anche Tony Blair è influenzato dall'esperienza religiosa». Ora, è chiaro che anche l'intervista al Pois è un segnale, un messaggio, un biglietto da visita che il presidente del Consiglio ha spedito Oltretevere. L'attenzione di oggi, oltretutto, viene da lontano; per la scuola gramsciana e togliattiana la religione ha sempre avuto una rilevanza sociale. Il Pei ha sempre mescolato «pugni chiusi e segni della croce» ed è più che evidente il Papa«SES collegio elettorale che spillavano «santini» elettorali per l'Ulivo (e per lui). E tuttavia, per ritornare allo spirito, non è chiaro quanto questi svolgimenti teorici, questi richiami si rispecchino sul piano personale. Il dichiararsi ateo appare infatti per D'Alema sincero e in qualche misura, almeno in Italia, coraggioso. Grazie a un (innominato) sacerdote di Genova, D'Alema ha apprezzato poco più che bambino le «problematiche religiose, che continuano ad affascinarmi, anche se resto ancora un non credente». Ma proprio per questo colpiscono le parole che il 1° maggio 1997 l'allora segretario Ds pronunciò in Sicilia, dinnanzi a una platea eminentemente cattolica, al termine della «marcia della pace» organizzata dal Sermig di Ernesto Olivero. Allora D'Alema confessò anche di aver sentito, durante la marcia, «un sentimento strano: era la gioia. E' abbastanza incredibile come la solidarietà, che molti presentano come un sacrificio, sia invece fondamentalmente un modo per riempire la propria esistenza. Per essere felici». Qualche giorno dopo, in un comizio a Palermo, un sacerdote, don Giacomo Gribaudo, vide una donna regalare a D'Alema un cornetto portafortuna. L'uomo politico gliene mostrò altri tre o.quattro, ricevuti in quell'occasione. Don Giacomo, allora, scattò e gli mise in mano un piccolo rosario colorato. «Non ho dimenticato il suo sorriso nel riceverlo - ha scritto poi il sacerdote - "Questo sì che è un bel ricordo" mi disse conservandoselo nella giacca». Un piccolo souvenir di spiritualità per un ateo credente. Filippo Ceccarelli La stretta di mano fra D'Alema e il Papa al Quirinale
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