Soppralluoghi
SoppralluoghiSoppralluoghi CM ERA una volta il eampa™ nilismo. E c'è ancora. In questi moderni anni autonomisti vien quasi da rimpiangere i bei tempi quando a non sopportarsi erano due paesetti vicini, due colline limitrofe, al massimo due province antagoniste. Come nel caso di quelle di Torino e Cuneo, da sempre autentiche separate in casa nel senso del Piemonte. Io resto nativo di Bra (abitanti 26.453 circa) provincia di Cuneo, e ivi residente fino ai quindici anni. Poi dal Sud (45 chilometri circa) emigrammo anche noi nella capitale in cerca, vuoi di licei che a Bra non c'erano, vuoi perché a mia mamma Bra non piaceva per niente. Perché è di Alba (e se ne avete voglia vi racconterò un'altra volta quanto non si possono vedere braidesi e albesi). Ma pur trasferendoci a Torino, come per tutti gli emigranti del mondo, il cuore continuava a battere per il suolo nativo. Per cui, essendo di gran lunga più fortunato dei lucani o dei senegalesi, ogni sabato mattina, da ragazzo, prendevo la littorina e in un'oretta, con pensose fermate a Carmagnola e Sommariva del Bosco, eccomi nell'amata cittadina natale. Poi, quando sono venuto adulto, per anni (i beati anni in cui le targhe avevano le sigle delle province che hanno insegnato un minimo di geografia a intere generazioni) sono stato targato CN. Per scelta e per difesa. Molto meglio, infatti, sentirsi gridare dietro un blando: «Cuneo!» che un aggressivo: «Cavalletta!». Infatti, quand'ero piccolo, una macchina targata TO nel bel mezzo di una domenica d'aprile era quella di una «cavalletta», insetto di biblica memoria. Questo il sentimento provato in genere dagli abitanti della Granda verso «quelli della città». Erano tempi magnifici in cui i contadini di Murazzano - si fa per dire - appena vedevano una 1100 targata TO correvano a cambiare il prezzo al chilo delle loro Tume scritto lume. Maggiorandolo, è naturale. 0 i sublimi autunni in cui si dissertava sul fatto che di Barolo e Dolcetto i torinesi non capiscono niente, puoi dar-, gli da bere qualunque cosa, la Barbera più infame, e loro sono contenti. Ah, che badolal A questo proposito ho un ricordo adolescenziale sublime: in un pranzo un tizio di specchiata eleganza esclamò: «Conosco una piola del Roero dove ai torinesi glielo mettono in quel posto». Al che una signora torinese di spirito squisito rispose interessata: «Assi? mi dia poi l'indirizzo allora». Oggidì che il villaggio è venuto globale, son dolori. Non ci accontentiamo più di prendercela per l'irruzione domenicale di un impacciato travet, né di motteggiare uno con la faccia proprio d'Cùni. Eh no: l'irritazione è generale, fremente, cosmica: moni, napoli, marocco, cùni... I ghignoni (leggi «provare fulminee, rancorose antipatie») sono cambiati: siamo diventati internazionali.
Persone citate: Granda
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