DEMOCRAZIA IN ONDA di Filippo Ceccarelli
DEMOCRAZIA IN ONDA DEMOCRAZIA IN ONDA ICCOLA, ma sintomatica curiosità preliminare. Chissà se ci saranno anche le telecamere al convegno sui percorsi della comunicazione politica nell'ultimo cinquantennio, dai vecchi manifesti murali alla tv, con tanto di dibattito finale legittimamente intitolato: «Oggi è tutto solo tv»?. Anche per questo, in nome di ogni eventuale risposta all'impegnativo quesito, sarebbe interessante sapere se ci sarà la televisione che pure non frequenta volentieri i luoghi dove si parla di lei. E tanto meno se a farlo non sono personaggi «di televisione», ma estranei, magari gente che nemmeno ne vede tanta, di televisione. E tuttavia forse è proprio questa - relatori rigorosamente indifferenti e divieto di accesso alle telecamere in sala la condizione migliore per fare il punto sulle più profonde e talvolta spaventose trasformazioni indotte in questi anni dalla televisione alla vita politica - in realtà non solo italiana. Di tutte le «macchine», infatti, di tutte le tecnologie che si sono imposte, la tv è quella che più ha legittimato la prò- DEM pria operatività sul sistema politico. In altre parole, ha cambiato la testa dei leader e lo sguardo degli elettori. Il risultato è che a guardare i manifesti anche soltanto di dieci anni fa, si resta come davanti a reperti preistorici. Mentre si sprecano le dirette dal Parlamento, i politici aprono e chiudono i congressi all'«ora del tg» e la giornata finisce al Costanzo Show. E non è solo perché la politica ha accettato di sottostare ai tempi e ai ritmi dei palinsesti. No: della tivù, la politica ha sposato soprattutto i più sperimentati e avvincenti moduli di comunicazione iper-calorica. Ecco dunque l'effetto-serial, le suggestioni spettacolari, la spinta drammatizzante, la semplificazione estrema, la tirannia dell'immagine fino alla morte, o quasi, della parola. Chi non si sottopone alle impietose nonne del visivo è tagliato fuori; chi non s'inventa un modo per attirare le telecamere è meglio che si dia una regolata. I vecchi, cari ragionamenti e le NDA puntuali analisi di una volta sgombrano il campo. In primo piano c'è uno spazio, perloppiù artificiale, nel quale sempre più pesano applausi, fiori, canti, lacrime, barzellette, bambini, sosia, cuochi, fumetti, torte, travestimenti, animali, attricette, tombe, partitelle di beneficienza... Persone, dunque, tempi e luoghi. Perché di nuovo sotto l'influenza della televisione, con relative smanie di audience e di visibilità - concetto, quest'ultimo, sempre più spesso invocato a giustificare qualsiasi nequizia - la politica ha bisogno di nuove ambientazioni, nuovi set: conventi, perciò, castelli, tribune di stadio, aerei, camper, ristoranti, locali notturni e città di cartapesta. Quanto la scenografia abbia a che fare con la democrazia è una questione, al momento, senza risposta. Così come restano incerte le prospettive della democrazia in un sistema in cui i cittadini e in ultima analisi gli elettori siano automaticamente, definitivamente considerati dei telespettatori. Filippo Ceccarelli
Persone citate: Costanzo Show
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