DOPO BUNUEL
DOPO BUNUEL DOPO BUNUEL Saura, il regista della nuova Spagna QUANDO il cinema spagnolo era ancora sconosciuto al di fuori dei confini nazionali perché troppo fortemente condizionato dal regime franchista (che aveva causato l'esilio di Luis Bunuel, il più importante regista spagnolo di tutti i tempi), uno dei pochi nomi che già si caratterizzavano come importanti era quello di Carlos Saura. E proprio Luis Bunuel fu il padrino per l'esordio cinematografico di Saura: in «I cavalieri della vendetta», girato nel 1963, interpretato da Lea Massari e distribuito anche in Italia, Bunuel si ritaglia un curioso carneo nella parte di un boia che maneggia con grande disinvoltura la garrota all'epoca tristemente famosa tra i militanti contrari al regime, come era lo stesso Bunuel. Il relativo successo del film rese possibile una maggiore visibilità di Saura, che si ritagliò un ruolo d'autore nel cinema spagnolo degli Anni Sessanta (dominato dalle produzioni commerciali realizzate in collaborazione con l'Italia). Ma la consacrazione internazionale di Saura avverrà definitivamente nel decennio successivo, grazie al film «Cria cuervos» che nel 1975 sarà imo dei maggiori successi per il neonato circuito d'essai dopo aver vinto il Premio speciale della giuria a Cannes. Una canzone molto orecchiabile, una realizzazione raffinata e una metafora politica abbastanza evidente: una ragazza che coltiva la fantasia di avvelenare il padre e la zia (cioè, fuor di metafora, il Generalissimo e la monarchia), una rivolta generazionale che dieci anni più tardi impersonifica le stesse ribellioni già descritte da Marco Bellocchio in «I pugni in tasca». Dopo un paio d'anni Francisco Franco morirà e la Spagna conoscerà l'ebrezza della democrazia. Saura, dal canto suo, si confermerà autore intemazionale di successo, elegante nella rappresentazione e impeccabile nella regia, senza più avere però la rabbia delle sue opere precedenti. Il pubblico lo ha amato soprattutto per «Bodas de sangre», costruito sul talento di Antonio Gadés, e per una versione della «Carmen» intitolata «Carmen Story» e intrisa di colore iberico come mai era avvenuto in precedenza. Stefano Della Casa
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