Radioonde contro l'aritmia

Radioonde contro l'aritmia CARDIOLOGIA Radioonde contro l'aritmia Inviate con una sonda fino al cuore ■ N condizioni normali non ci I accorgiamo di avere un cuoi re. Questa inconsapevolezza dipende dal fatto che quest'organo svolge la sua pur faticosa funzione di pompa con un ritmo assolutamente regolare. Ritmo dettato dal «nodo seno-atriale» da cui sorge lo stimolo elettrico che, propagandosi attraverso vie specializzate prima ai due atri e quindi, dopo una breve pausa del «nodo atrioventricolare», ai due ventricoli, induce una contrazione sincronizzata delle quattro camere cardiache, in modo che il sangue sia spinto nel circolo polmonare e generale. Se percepiamo la presenza del cuore il più delle volte è perché viene turbata la formazione o la propagazione dello stimolo e insorge un'aritmia. La causa può essere extra-cardiaca (ipertiroidismo, anemia, ernia jatale, crisi d'ansia, eccesso di nicotina, di caffeina, di alcol, effetto di alcuni farmaci), o può essere insita proprio del cuore. Può ammalarsi il nodo seno-atriale, per cui possono aversi pause improvvise o periodi di marcata bradicardia (battiti cardiaci rallentati), con sintomi da scarso afflusso di sangue al cervello (vertigini, presincopi, sincopi). Possono svelare la loro presenza vie di conduzione accessorie (residui della vita embrionaria) che, scavalcando il nodo-ventricolare, determinano una preeccitazione ventricolare, che può rimanere silente per tutta la vita, oppure minacciose tachicardie. Può capitare, infine (ed è l'evenienza più frequente) che a causa di patologie cardiache sottostanti (ischemia, valvulopatie, cardiomiopatie) venga esaltata l'eccitabilità delle fibre miocardiche, con la formazione di «foci ectopia» (cioè al di fuori delle normali vie di conduzione) che scaricano stimoli che inducono contrazioni cardiache anomale. Se il focus ectopico scarica stimoli saltuariamente, una volta ogni tanto, provoca extrasistoli; se scarica stimoli ripetutamente (per la formazione di circuiti autoperpetuantisi) a una frequenza molto elevata, ma regolare, provoca tachicardie o «flutter»; se scarica stimoli rapidissimi e in modo assolutamente irregolare (o se sono presenti più foci) provoca fibrillazioni. A seconda di dove è localizzato il focus arit- mogeno, ognuna di queste artimie può essere atriale o ventricolare. Si va quindi da situazioni benigne che non chiedono alcun trattamento (se non l'eventuale correzione dello stile di vita), ad altre che fanno presagire un'evoluzione pericolosa e che esigono una terapia tempestiva. Fino a poco tempo fa l'unica terapia possibile era farmacologica, che rimane ancor oggi la prima scelta. Ma alcune aritmie sono refrattarie a qualsiasi farmaco e, per di più, i farmaci antiaritmici hanno dimostrato di essere un'arma a doppio tagho, potendo indurre alterazioni del ritmo ancora più pericolose di quelle che si vogliono curare. Si sono quindi cercate soluzioni alternative e negli ultimi anni si è avuta una vera rivoluzione nel trattamento delle artmie, protagonisti gli elettrofisiologi interventisti. L'elettrofisiologia cardiaca indaga, per mezzo di sonde che introdotte in una vena raggiungono il cuore, i processi di formazione e di propagazione degli stimoli elettrici. Ad essa dobbiamo, già da molti anni, l'applicazione del pace-maker e, più recentemente, del Cardiverter defibrillatore impiantabile (Cdi), sofisticati e miniaturizzati strumenti in grado di riconoscere e di interrompere nel giro di pochi secondi pericolose aritmie tramite uno stimolo elettrico. Ma il progresso più significativo è stato determinato dall'«ablazione transcatetere» mediante radiofrequenza. Questa tecnica consiste nell'erogazione, per mezzo di sonde che, introdotte in vena, raggiungono il cuore, di un'energia lesiva a livello della zona miocardica da dove origina o da dove passa l'aritmia (individuata attraverso il mappaggio elettrofisiologico), in modo da distruggerla senza creare danni ai tessuti circostanti. Con questa metodica è ormai possibile asportare le vie accessorie; interrompere circuiti innescanti tachicardie e flutter atriali; modulare la risposta ventricolare (in presenza di tachiaritmie sopra-ventricolari non altrimenti correggibili) inducendo un danno parziale a livello del nodo atrio-ventricolare; trattare con successo alcune forme molto selezionate di tachicardia ventricolare. La nuova frontiera è rappresentata dal trattamento della fibrillazione atriale, di gran lunga la più diffusa delle aritmie (ne è affetto il 5 per cento degli ultrasessantenni), che peggiora di molto la qualità della vita ed è una delle cause principali di ictus cerebrale. Recentemente sono state pubblicate su due riviste cardiologiche le innovative strategie di intervento per questo tipo di aritmia praticate nel Centro aritmologico di Asti («Circulation» 1998; 97: 2136-2145) e nel Centro aritmolologico di Bordeaux (Francia) («New England Journal of Medicine» 1998; 339: 659-666). Grazie a mappaggi endocardiaci estensivi sono state identificate limitate aree critiche in atrio destro, con attività elettrica più disorganizzata, responsabili del mantenimento di alcuni tipi di fibrillazione atriale: praticando limitate lesioni lineari è stato possibile interrompere l'aritmia in una buona percentuale dei casi. Antonio Tripodina LE VIE DI CONDUZIONE DELLO STIMOLO CARDIACO atrio-ventricolare

Persone citate: Antonio Tripodina

Luoghi citati: Bordeaux, Francia