Parla Garriot, pioniere dello Skylab

Parla Garriot, pioniere dello Skylab VITA IN ORBITA, IERI E OGGI Parla Garriot, pioniere dello Skylab Montati i primi due pezzi della Space Station DA qualche giorno i primi due pezzi della Stazione spaziale sono stati assemblati in orbita dagli astronauti dello Shuttle. «L'Italia è protagonista assoluta in questa impresa di cooperazione internazionale per lo spazio», dice Owen Kay Garriott, classe 1930, nativo di Enid, nell'Oklahoma, ex astronauta Nasa, oggi consulente del programma «Space Station». Garriot ha ricordato l'importanza del ruolo europeo e italiano in questo progetto spaziale durante una videoconferenza organizzata dal parlamento europeo a Bruxelles, in collegamento con alcune scuole medie europee, tra le quali gli Istituti Gobetti e Buonarroti eh" Genova. Padrone di casa, in veste di europarlamentare ed ex astronauta, Franco Malerba, che in passato lavorò con Garriott allo sviluppo dello Spacelab, il laboratorio pressurizzato dell'Agenzia Spaziale Europea. «Più della metà dei moduli pressurizzati è di fabbricazione italiana - ha ricordato Garriott e l'Italia, grazie agli accordi con l'Asi e l'ottimo lavoro dell'Alenia, è l'unica nazione, Stati Uniti e Giappone a parte, in grado di sviluppare e realizzare moduli e laboratori che consentano all'uomo di vivere e lavorare nello spazio. Ho avuto l'opportunità, nel 1983, di partecipare alla prima missione dello Spa- celab, precursore degli attuali moduli italiani, che verranno assemblati con la stazione spaziale. E fu un grande successo, sia come funzionalità, sia per l'aspetto scientifico. Spacelab infatti, ha consentito, anche nelle successive 15 missioni, di effettuare esperimenti, che hanno rappresentato il primo passo verso quelli che si faranno sulla nuova stazione orbitante». Garriott, già professore di in¬ gegneria elettronica all'Università di Stanford, uno dei pochi ad aver viaggiato su una capsula «Apollo» e poi a bordo di uno Shuttle, è anche il vero pioniere della nuova generazione di astronauti, gli «specialisti di missione». «All'epoca ci chiamavano semplicemente astronauti-ricercatori. Io fui scelto con il primo di questi gruppi: eravamo in cinque ed era il 1964. Il programma Apollo non era nem¬ meno cominciato, ricordo che gli edifici di assemblaggio come il Vab erano ancora in costruzione, e razzi come il Saturno 5 erano ancora un progetto tutto da realizzare. Noi invece eravamo destinati allo spazio su un futuro laboratorio orbitante». Il progetto si concretò e Owen partì su una capsula Apollo sospinta da un Saturno 1-B il 28 luglio 1973 con Alan Bean e Jack Lousma, nella seconda missione diretta allo Skylab, forse il primo vero tentativo di stazione orbitante della storia. «Il volume abitabile non era quello che avrà la stazione spaziale una volta completata, 368 metri cubi contro 1200, ma per quell'epoca era molto. Furono 59 giorni di lavoro molto intenso, che ci consentirono di effettuare esperimenti medici, osservazioni e studi sul Sole, telerilevamento e realizzazione di nuovi materiali. Tutto questo non è stato possibile con lo Shuttle, l'abbiamo fatto di recente con i russi nei* voli congiunti sulla Mir, e sarà uno dei fattori di grande importanza sulla nuova stazione orbitante. Insomma, il nostro vecchio Skylab resta una pietra miliare». «Con i suoi otto laboratori pressurizzati, e le nove piattaforme esterne - spiega l'ex astronauta - la stazione spaziale sarà un vero e proprio istituto di ricerca a 400 chilometri dalla Terra, per applicazioni che riguardano medicina, fisiologia, biologia, fisica, chimica, scienza dei materiali, astrofisica e scienze della Terra. Invece, sul fatto che possa servire per futuri viaggi su Luna e Marte come si è detto da qualche parte, ho qualche dubbio. Può essere utile, tuttavia, per procedere con gli studi sull'uomo nelle lunghe permanenze nello spazio». Antonio Lo Campo Owen Kay Garriot, oggi quasi settantenne, durante la sua missione sullo Skylab, che fu la prima stazione spaziale orbitante

Luoghi citati: Bruxelles, Giappone, Italia, Oklahoma, Stati Uniti