L'energia guardando al 2020 di Piero Bianucci

L'energia guardando al 2020 L'energia guardando al 2020 I N questo momento nel monI do lavorano 437 reattori nuI oleari per una potenza dì 352 mila megawatt. Trentasei nuovi reattori sono in costruzione, per 27.000 megawatt. Da questi dati l'energia nucleare sembrerebbe ancora in crescita. Ma non è così. Per fare una centrale occorrono almeno 10 anni e i piani energetici che ora arrivano in porto risalgono a uria quindicina di anni fa: cioè all'era ante-Cernobil. Il nucleare è come una nave: la frenata è lunga, incomincia a molte miglia dalla costa. Mancano nuovi ordini di centrali nucleari: il freno è schiacciato, anche se non si vede ancora. In realtà, stiamo vivendo il crepuscolo dell'atomo. Svezia, Germania e Svizzera negli ultimi mesi hanno deciso una graduale uscita dal nucleare. La stessa Francia, che trae dall'uranio il 78% della sua elettricità, ora che i verdi sono al potere, dà segnali di svolta. Nel 2020 in gran parte le centrali oggi in funzione avranno finito 11 loro ciclo produttivo. E non saranno state sostituite. E' la fine del nucleare? No, è la fine di un Certo nucleare, tecnologicamente vecchio e socialmente sempre meno accettato. Basti dire che gli attuali reattori, appartenenti ai due tipi ad acqua bollente e ad acqua pressurizzata, derivano ancora dai reattori militari sviluppati negli Anni 50 per i sommergibili. Né sembra praticabile la via dei «reattori veloci», che sfrutterebbero l'uranio 50 volte meglio: Superphénix, in Francia, reattore veloce a partecipazione italiana e tedesca, ha avuto molti problemi e ora, sconnesso dalla rete elettrica, è ridotto a laboratorio sperimentale. Ma sono passati quarantanni : di strada la tecnologia ne ha fatta, e se vogliamo rispettare gli accordi di Kyoto contro l'emissione di anidride carbonica, bisognerà tagliare i combustibili fossili e salvare il nucleare. Come si legge qui accanto, Carlo Rubbia propone reattori di nuova concezione, sicuri e capaci' di divorare non solo le proprie scorie a lunga vita, ma anche l'uranio e il plutonio che sono la scomoda ered^ìyjel disarmo russo-americanQ.'„.=l';_-., „, Neil'«amplificatore wfifitener già» di Rubbia la reazione è innescata da protoni su un bersaglio di torio. Il fascio di protoni si accende e si spegne come una lampadina e il torio non può dare una reazione a catena; quindi la centrale è assolutamente sicura. Inoltre i prodotti di decadimento del torio hanno vita breve: non ci si deve più misurare con scorie che, come il plutonio, hanno tempi di dimezzamento della radioattività di 24 mila anni. Dunque il nucleare tornerà in questa sua nuova veste amichevole? A lungo termine certamente. Su tempi più brevi, dipende da vari fattori. C'è la lobby internazionale degli scienziati e delle industrie che lavorano alla fusione nucleare controllata, una tecnologia che promette energia pulita e a buon mercato, ma sta perdendo colpi: i tempi si allungano ormai al 2050 e gli Stati Uniti non hanno aderito a «Iter», progetto mondiale per la fusione, che a questo punto vacilla. Se i fusionisti fossero battuti, i soldi così risparmiati potrebbero servire allo sviluppo dei reattori a fissione di nuova generazione (la linea Rubbia). In questo senso si è schierato il nuovo ministro della Ricerca Zecchino alla Conferenza su ambiente ed energia che si è svolta pochi giorni fa a Roma. Anche per i reattori al torio, tuttavia, il passaggio dagli esperimenti alla commercializzazione richiederà 10-15 anni. L'ostacolo maggiore sta nel mercato: è difficile che l'industria investa in reattori della nuova generazione finché il petrolio costa pochi dollari al barile. E' lo stesso problema che rallenta lo sviluppo dell'energia solare: il kilowattora fotovoltaico costa sempre meno, ma il prezzo del petrolio è sceso ancora più rapidamente. Con tutto ciò, converrebbe finanziare, se non altro, lo sviluppo scientifico della linea Rubbia, in modo da essere pronti, e armati dei relativi brevetti, quanto i tempi matureranno. Un'ultima osservazione. Nel quadro mondiale, l'Italia è una anomalia: i referendum, fatti sull'onda di Cernobil, hanno ucciso non solo la nostra industria nucleare ma anche la formazione di fisici e ingegneri specializzati nel settore. Ora che le nostre centrali sono chiuse, non abbiamo neppure le persone competenti per smantellarle. Piero Bianucci

Persone citate: Carlo Rubbia, Rubbia

Luoghi citati: Francia, Germania, Italia, Roma, Stati Uniti, Svezia, Svizzera