CONTRO I DOGMI DI OGNI COLORE

CONTRO I DOGMI DI OGNI COLORE CONTRO I DOGMI DI OGNI COLORE Perché dirsi laicisti tarolo spiega la differenza, sottile ma importante, che passa tra il laicismo e l'anticleL laicismo» di Edoardo Tortarolo è un libro attuale, o meglio, tempestivo come pochi. Arriva infatti nelle librerie mentre non si sono ancora spente le polemiche contro il finanziamento pubblico alle scuole private e contro l'ingerenza delle gerarchie ecclesiastiche nelle scelte politiche della Repubblica. A differenza dei promotori del Manifesto dei laici che denuncia le «ricorrenti e sfacciate rivendicazioni clericali» e sottolinea che «poiché i cattolici non hanno più (o ancora) un solo grande partito, è il Vaticano a farsi partito», Tortarolo non vede all'orizzonte nessuna seria minaccia clericale e osserva che «il processo di separazione istituzionale nei Paesi europei tra Stato e Chiesa è giunto di fatto alla sua conclusione» e che anche il cattolicesimo, nel suo insieme, si è ormai avviato «verso una comprensione dell'esperienza religiosa come fatto individuale, essenzialmente privato e intimo». Com'è giusto che sia per un'opera che esce in una «Biblioteca essenziale», Il laicismo è un testo che aiuta il lettore a capire il significato del laicismo, più che un libro di polemica ideale e politica. «Nel linguaggio politico contemporaneo, il termine "laicismo" spiega Tortarolo - indica l'atteggiamento di coloro che sostengono la necessità di escludere le dottrine religiose, e le istituzioni che se ne fanno interpreti, dal funzionamento della cosa pubblica in ogni sua articolazione». Come tale, il laicismo si oppone in primo luogo al confessionalismo e all'integralismo, intesi come dottrine che affermano che le istituzioni politiche e le leggi dello Stato devono imporre a tutti, credenti e non credenti, i princìpi religiosi della Chiesa dominante. In secondo luogo, il laicismo si oppone al clericalismo, inteso come un atteggiamento di supina obbedienza dei cittadini alle direttive della Chiesa, e della gerarchia ecclesiastica, sulle questioni sociali e politiche. Come sottolinea giustamente Tortarolo, il laicismo non è soltanto una dottrina negativa che si contrappone all'integralismo e al clericalismo, ma anche una concezione «più ampia e complessiva della cultura e della vita civile» che detesta lo spirito dogmatico in generale e le soluzioni semplici e definitive dei problemi della vita sociale. Prova ne sia l'ostilità dei movimenti e dei partiti di ispirazione laica nei confronti del totalitarismo comunista, che essi bollavano significativamente come «l'altra Chiesa». Tortarolo offre al lettore la possibilità di seguire la storia secolare del laicismo dalle premesse medievali - quando il termine «laico» indicava chi non faceva parte del clero a pieno titolo e quindi era un ignorante che non conosceva le verità profonde della teologia - alle riformulazioni ottocentesche, come quelle di Carducci che usò probabilmente per primo (1863) il termine «laicismo» in contrapposizione a «chieseria». Il libro si chiude con un capitolo importante sulle «Trasformazioni del pensiero laico nel Novecento» in cui Tortarolo osserva che l'interprete «più energico del sistema dei valori laici che si erano affermati intellettualmente nell'età moderna» fu il movimento socialista europeo di fine Ottocento. Si potrebbe obiettare che il movimento socialista prima, e quello comunista poi, avevano, ed era giusto che avessero, una profonda dimensione religiosa che si fondava sulla fede nella finale redenzione dell'umanità e si esprimeva in rituali e simboli analoghi a quelli della Chiesa. Tortarolo osserva anche che nell'Italia del dopoguerra, dopo la scomparsa del Partito d'azione, i «partiti cosiddetti "laici" svolsero un pallidissimo ruolo autonomo», soffocati com'erano dai due blocchi della Democrazia cristiana e del Partito comunista; a tenere viva la fiamma del laicismo furono invece le riviste di cultura quali II Ponte, Belfagor e II Mondo. Sta di fatto che fin quando i partiti laici avevano un qualche peso, seppur piccolo, le leggi sul finanziamento pubblico alla scuola privata rimasero nel cassetto, mentre oggi, che quei partiti sono ancora più deboli, o sono scomparsi, la legge va in porto. Con l'aiuto della storia, Tor- tarolo spiega la differenza, sottile ma importante, che passa tra il laicismo e l'anticlericalismo (il laico non è necessariamente anticlericale), tra il laicismo e la cosiddetta «secolarizzazióne» (ovvero la perdita di rilevanza della religione istituzionale per la vita sociale), e tra laicismo e ateismo, inteso come una scelta filosofica radicale fondata sul postulato della completa «asacralità del reale». Il laicismo che Tortarolo propone, seguendo idee che Bobbio ha espresso nel 1946, è dunque un laicismo che non vuole diventare il ricettacolo di tutti gli «astii religiosi», né farsi promotore di una politica «antireligiosa o addirittura atea», ma si nutre di «spirito critico, di chiaroveggenza realistica, di positivismo costruttivo». Questa concezione del laicismo non ha perso nulla del suo valore, a condizione di non dimenticare che realismo non vuol dire pragmatismo politico, e che il positivismo costruttivo non è lo stesso che lo spirito di compromesso. Il laicismo, nelle sue espressioni migliori, è sempre stato sinonimo di intransigenza sui princìpi morali e politici, e disponibilità ad accettare di essere e rimanere minoranza, se il prezzo del successo politico è l'abbandono dei princìpi. Maurizio Viroli Non è antireligioso né ateo; ma non abbandona i prìncipi per il successo politico Norberto Bobbio: al suo insegnamento si richiama Edoardo Tortarolo nel saggio «Il laicismo» edito da Laterza IL LAICISMO Edoardo Tortarolo Laterza pp. 131 L. 14.000

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