NEWMAN, COM'È' PALLIDA LA LUCE di Enzo Bianchi

NEWMAN, COM'È' PALLIDA LA LUCE NEWMAN, COM'È' PALLIDA LA LUCE Una biografia con troppe sviste JOHN HENRY NEWMAN LA VITA (1801-1890) José Morales Martin Jaca Hook pp. 448 L 38.000 L cardinale, come i resti mortaldi un santo, spiccava sul feretropallido, distante, logorato... Questa era la fine del giovane calvinista, dell'intellettuale di Oxforddell'austero parroco di Santa Maria. Pareva come se un intero ciclo di esistenza e pensiero umansi fossero concentrati in quell'augusto riposo. Questa è stata l'irresistibile considerazione che ha riempito la mia mente. Una dolce luce aveva condotto e guidato Newman fino a questa singolare, brillante e incomparabile fine». Così uno dei numerosissimi visitatori che resero omaggio alle spoglie del cardinale John Henry Newman riassume non solo le sue impressioni, ma l'intera esistenza di quest'uomo fuori dal comune che con la sua vicenda e la sua personalità ha attraversato il XIX secolo lasciando tracce indelebili anche per i posteri, Vicenda umana e itinerario spirituale che José Morales Marin ripercorre con stile coinvolgente, con ricchezza di particolari e con abbondanza di citazioni tratte in particolare dalle lettere e i diari dNewman stesso. Ma questa breve citazione è anche esempio dei non lievi difetti dell'opera in sé e quale essa si presenta in italiano. E' infatti sorprendente che né l'autore né il traduttore si siano resi conto di come il visitatore, per tratteggiare uno dei più grandi pensatori religiosi del secolo scorso, ne avesse parafrasato la più famosa preghiera-poesia, composta durante un viaggio in Italia: «Guidami tu, Luce gentile»versione italiana già esistenteavrebbe infatti evitato di rendercon «avvilimento interiore» quello che era il «lutto» per la mortdi una sorella, di confondere un «arciprete» con un «arcidiaconoo di definire «illustri» dei fellow(«residenti» universitari) che erano solo «probandi», cioè temporanei. E che dire della falsa e sistematica intercambiabilità dedue termini «porpora» (nel sens Del resto la traduzione italiana pare fondarsi sullo spagnolo anche quando riporta brani di Newman stesso: questa soluzione, già di per sé poco seria, diventa controproducente per l'editore medesimo - che sta curando l'insieme dell'opera newmaniana - e dannosa per il lettore. Se il traduttore avesse usato almeno la versione italiana già esistente, avrebbe infatti evitato di rendere con «avvilimento interiore» quello che era il «lutto» per la morte di una sorella, di confondere un «arciprete» con un «arcidiacono» o di definire «illustri» dei fellows («residenti» universitari) che erano solo «probandi», cioè temporanei. E che dire della falsa e sistematica intercambiabilità dei due termini «porpora» (nel senso di «dignità cardinalizia») e «porporato» (che invece dovrebbe indicare colui che di questa dignità è investito)? L'uso dei tempi verbali scombina, invece di alleggerire lo svolgersi della narrazione, l'italiano risulta sempre ostico, quando non fuorviamo (Newman nel 1857 avrebbe scritto un testo «patristico», cioè, si suppone, inerente ai padri della Chiesa) o addirittura errato (il «quart'ultimo» viaggio di Newman a Roma è in realtà il «quarto e ultimo»). Inoltre la data in cui viene chiesto ufficialmente a Newman se accetta la carica di cardinale è addirittura anticipata di nove anni... Non credo che Newman alludesse a questo scempio quando con modestia dichiarava: «Dubito molto che i miei libri siano idonei per quanti non siano inglesi»! Se comunque il lettore riesce a districarsi per oltre quattrocento pagine in mezzo a piedi che non sanno dove «riposarsi» e quadri che «presiedono» dei locali, viene a contatto con la vita di una persona davvero straordinaria e affascinante. Una figura che si staglia nel panorama inquieto e fecondo della Chiesa anglicana del secolo scorso e che, attraverso un travaglio personalissimo eppur condiviso con gli amici più intimi, approda alla Chiesa cattolica come all'«Unica Chiesa». E in questa sofferta decisione non c'è nessun integralismo, bensì la nobilissima coscienza di chi, percepita la fondatezza di un'intuizione, non può più sottrarvisi, a costo di suscitare scandalo o di patire ostracismi. Un atteggiamento - quello del Newman che gradualmente ma risolutamente si accosta e poi aderisce al cattolicesimo - che si inserisce nella più pura linea del Cristianesimo inglese, sulla scia di un altro testimone del primato assoluto della coscienza su qualsiasi condizionamento esterno: Tommaso Moro. Purtroppo l'autore non coglie il filo rosso che unisce questi due «uomini per tutte le stagioni», capaci di sopportare le più dure prove - e Moro financo il martirio - per restare fedeli e docili a quella «luce gentile» che li ha condotti per mano su vie imprevedibili. Il radicalismo evangelico, lo zelo pastorale, la finezza intellettuale, la passione educatrice e il travaglio interiore di Newman ci hanno donato pagine tra le più alte della teologia e della spiritualità di un secolo per altri versi assai buio, ma vorrei ricordare qui soprattutto lo sguardo luminoso e rappacificante di quest'uomo che, nemmeno quarantenne, amava ripetere: «Le persone influiscono su di noi: vi sono voci che ci addolciscono, sguardi che ci soggiogano, azioni che ci esaltano». Quarant'anni dopo un giovane studente anglicano di Oxford riceve nella propria camera di college la visita di un cardinale cattolico ottantenne che proprio lì aveva vissuto e studiato sessant'anni prima: «Il cardinale, un uomo dall'aria stanca... con una delle più belle espressioni mai viste prima in un essere umano, si è messo a parlare con me per due ore, lasciandomi turbato per la sua squisita modestia». La «luce gentile» aveva portato a termine la sua opera su quel volto «dalla pelle piena di rughe e dal naso lungo» e lo aveva modellato a propria immagine e somiglianza: un volto di luce capace di «mgentilire» il mondo e ogni cosa. Enzo Bianchi Il cardinale inglese John Henry Newman, tra le maggiori figure della Chiesa nell'Ottocento JOHN HENRY NEWMAN LA VITA (1801-1890) José Morales Martin Jaca Hook pp. 448 L 38.000

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