RAPITO IL BIMBO CHE CRESCERA' IL DALAI LAMA
RAPITO IL BIMBO CHE CRESCERA' IL DALAI LAMA RAPITO IL BIMBO CHE CRESCERA' IL DALAI LAMA IL libro di Gilles Vari Grasdorff, un giornalista francese specializzato nelle questioni relative al Tibet, riempie il lettore di fascinosa tristezza. Panchen Lama ostaggio di Pechino (Sperling & Kupfer, pp. 242, L 29.500) racconta la storia di un bambino di otto anni, il «Panchen Lama», rapito insieme con i suoi genitori e qualche altro familiare dal governo di Pechino, e da allora scomparso. Le autorità cinesi hanno rifiutato a parlamentari francesi, e a funzionari internazionali, il diritto di vederlo. E' uha storia perversamente affascinante: dimostra come una grande potenza, firmataria dei documenti Onu sulla tutela dei Diritti Umani e dell'infanzia, si comporti esattamente come ci si poteva attendere dall'impero cinese di tre secoli fa. La posta in gioco, proprio come allora, è un genocidio, del resto già iniziato; non solo fisico, ma culturale e religioso. Il buddismo tibetano, colpevole di essere troppo intimamente legato a un'idea di patria e di nazione, deve essere distrutto. Come la grande maggioranza dei duemilacinquecento monasteri esistenti in Tibet prima della Rivoluzione Culturale cinese. «Oggi non ne restano che settanta». Ma perché un governo dichiaratamente ateo si mescola a problemi religiosi? In breve: nel 1989 muore il decimo Panchen Lama, la seconda autorità del buddismo tibetano, inizia immediatamente la ricerca del bambino in cui si sarebbe reincarnato. Trovarlo è vitale: sarà lui infatti a designare ed educare il futuro Dalai Lama, quando quello attuale passerà a miglior vita. 1114 maggio 1995 il Dalai Lama, seguendo un rito plurisecolare, ha riconosciuto l'undicesimo Panchen Lama in Gedhun Choekyi Nyima. Pechino si è mossa rapidamente; ha sequestrato Gedhun e i suoi familiari, ha organizzato un altra cerimonia e ha insediato al suo posto un altro bambino, stesso villaggio e stessa età; ma figlio di un membro del partito. Da allora, di Gedhun non si è saputo più nulla. E' «una sordida scommessa sul tempo». Quando il Dalai Lama attuale scomparirà, il Panchen Lama marionetta filocinese «riconoscerebbe» come nuovo Dalai Lama un altro filocinese. E così sarebbe risolta la questione del Tibet, che è costata la scomparsa di un milione di tibetani su sei milioni, «vittime del genocidio che nel loro Paese si perpetua dal 1949». Minizio abbiamo parlato di grande tristezza: originata dall'ipotesi, ben probabile deH'assimiliazione definitiva di un popolo, e alla scomparsa di una cultura millenaria. Ma le potenze che sono pronte a bombardare Baghdad un giorno sì e uno no non si accorgono di nulla. «Per firmare i contratti più convenienti, l'Europa e gli Stati Uniti chiudono gli occhi sulle peggiori atrocità. In fin dei conti sono i figli di Mao a tenere le fila delle nostre borse, ma che cosa avremmo fatto noi, oltre cinquantanni fa, se nessuno avesse raccolto il nostro grido d'aiuto quando soffrivamo sotto il giogo nazista? La sparizione del Panchen Lama ricorda che talvolta la libertà rischia di scomparire a causa dell'indifferenza». E volete non essere tristi? Marco Tosarti
Luoghi citati: Baghdad, Europa, Pechino, Stati Uniti, Tibet
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