IL REQUIEM DEL PATRIARCA di Lorenzo Mondo
IL REQUIEM DEL PATRIARCA IL REQUIEM DEL PATRIARCA Bartolini, un nuovo «Pontificale >> ILEGGO a vent'anni di distanza Pontificale in San Marco di Elio Bartolini con l'appagamento, perfino accresciuto, della prima volta, con la persuasione che, tra tante sue prove egregie, sia questa la più ambiziosa e riuscita. Si tratta, come spesso capita a Bartolini, di una riflessione sulla Storia, che trae pretesto da eventi della sua terra friulana: non offerti in presa diretta, realistica, ma attraverso sfaccettature che attingono all'antropologia, all'antiquaria, alla letteratura, con una particolare sensibilità per le espressioni della vita religiosa. Qui il dato di partenza è offerto dall'arrivo a Venezia di Dolfino, patriarca di Aquileia, una Chiesa che vanta, al pari di Roma, una apostolica primogenitura, con propri simboli e riti. E' sopravvissuta alla spartizione dei suoi possessi territoriali tra l'Austria e Venezia, ma ora -siamo nel 1751 - la Curia romana ha deciso di sopprimerla, in ossequio alle richieste della Vienna teresiana. Dolfino è un esule, amareggiato ma rassegnato, si arrende alla decadenza che non rispetta civiltà e imperi, al memento che si sprigiona dalle rovine della classicità, dalle campagne malariche: Aquileia è «un fiato di voci ormai e sospiro di sospiri». La stessa Venezia, che l'ha prosciugata della sua fama e ricchezza, è avviata per chiari segni al tramonto. Non più ardite navigazioni, traffici e conquiste, ma l'attesa di un destino irrimediabile: un popolino cencioso e corrotto, un patriziato che si estenua nel gioco, nelle mascherate, nel libertinaggio, proteggendosi con una rete di spie. Sulla città superba dei Dogi aleggiano premonitori e beffardi i versi del pornografo Baffo. Dlfi ifi di l di Dolfino rifiuta di lottare, di prestarsi ai vantaggiosi maneggi delle cancellerie europee, perché si sente gravato, oltreché dal peso di una tradizione consunta, da un personale sfinimento. E' il trauma adolescenziale di un incesto con la madre, dal cui ricordo non riesce a liberarsi e che è segno della sua precoce vocazione alla non vita, alla regressione nell'alvo materno. Insensibile all'offerta del cardinalato, chiede soltanto, per la sua rinuncia, di poter celebrare nella basilica di San Marco l'ultimo pontificale, apoteosi e requiem del patriarcato. E che il Papa dia impulso alla definizione del dogma dell'Immacolata Concezione. Questo tema, che teologi e curialisti dibattono da tempo, ha per lui un significato torbido e insieme luminoso: è la sublimazione della Ma- ter Amabilis, di una presenza rassicurante contro l'inesorabilità della colpa e del Giudizio. Nel suo girovagare per una Venezia notturna e livida, immagina che lo sfarzo dell'antico cerimoniale, la ritualità commista di oro e di porpora, sia degna cornice al sacrificio delle sue ambizioni di potere e della sua stessa vita, all'esaltazione di una superiore, infine riscattata, maternità. A Roma Benedetto XIV si interroga sulla sua remissività, e sulla sua venerazione mariana, di cui istintivamente diffida: teme che l'enfasi sulla Maternità comprometta il concetto di Divinità. Ma nel suo buonsenso, astraendo dalle complicazioni di Dolfino che del resto ignora, finisce per ravvisare nella sua ostinazione «uno sbigottito ricorso alla madre (alla Madre!), alla sua misericordia, anche al suo abbraccio. E vorrebbe che Dolfino sapesse che lui ha capito». Non capirà mai. L'ultimo patriarca morirà solo, in una chiesa vuota, cercando al fondo di se stesso una possibile conciliazione. E' una materia complessa, a tratti incandescente, che Bartolini padroneggia con sapienza concettuale e figurativa (quei toni fulgenti e cupi, di barbarica e cerimoniale fastosità, di illuministico sfacelo); ricorrendo a una lingua magra, apparentemente piana nonostante gli imprestiti vernacolari, in realtà concitata e febbrile per contrazioni e torsioni sintattiche. Nella riedizione del romanzo, ci ha rimesso le mani e, stando a una prima scorsa, con profitto. Penso alla confessione di Dolfino davanti a un prete anatemizzante. Tutta nuova è la sequenza in cui ammette di avere confessato più volte, a tanta distanza da allora, il suo crimine. Non gli era bastata la prima assoluzione, sentiva .il bisogno di tornare ad affliggersi: disperando di Dio o di se stesso (delle mai sopite dolcezze?). Questo, che risulterà per il confessore un più grave addebito, rende la sua figura più tormentata, più drammaticamente e umanamente vera. Lorenzo Mondo Un romanzo di vent'anni fa: l'esilio il tormento e la sconfitta di Dolfino in una decadente Venezia del 700 Lo scrittore Luigi Bartolini, una vita fra letteratura e cinema PONTIFICALE IN SAN MARCO Elio Bartolini Santi Quaranta pp. 168. L. 20.000
Persone citate: Bartolini, Benedetto Xiv, Elio Bartolini, Luigi Bartolini
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