UNA VIOLENTA CARNE DI DONNA
UNA VIOLENTA CARNE DI DONNA UNA VIOLENTA CARNE DI DONNA Esordio choc di Ruth L. Ozeki CARNE Ruth L. Ozeki Traduzione di Anna Nadotti Einaudi pp. 380 L. 32.000 UONO il libro che colpisce come un pugno. L'assioma di Kafka è quanto mai calzante per Carne, il romanzo d'esordio della nippoamericana Ruth L. Ozeki. In più Carne è un colpo allo stomaco che scuote il lettore con la violenza dei temi trattati: centrale l'adulterazione della carne, ma anche la multirazzialità e l'accettazione, l'esplosione demografica e il controllo delle nascite, il lesbismo e l'inseminazione artificiale come risposte a un machismo becero e retrogrado. Carne è un romanzo femminile non femminista: ogni paragrafo ha un nome di donna come titolo. La nota, di rito, in apertura di volume avverte: «Questa è un'opera di fantasia. Ogni riferimento a... è del tutto casuale», ma alla fine un'altra nota, non altrettanto rituale, dice: «Sebbene questo libro sia un iò di romanzo, e perciò opera di pura immaginazione, nella mia veste di documentarista disoccupata mi sento in dovere di riportare la bibliografia delle fonti che ho utilizzato per costruirne la trama». Carne è un libro studiato, lineare e complesso a un tempo, e si presta a diversi livelli di lettura. Sul piano letterario e nonostante le note citate è un ottimo esempio di moderno «romanzo dell'io», lo shishosetsu, genere caratteristico della narrativa giapponese del Novecento. Non solo romanzo-confessione della propria interiorità, perché, nello snodarsi della storia, la prima e la terza persona si alternano di continuo, ma anche romanzo-resoconto che, narrando esperienze che cambiano le coprotagoniste nel profondo, spazia all'esterno con implicazioni sociologiche e politiche. La scrittrice isola un periodo specifico della sua vita, in questo caso un anno, il 1991, quello della Guerra del Golfo, struttura il libro in mi prologo, dodici capitoli-mesi e un epilogo e lo intitola, nell'originale, My Year of Meats. Attraverso mi alter ego, Jane Takagi-Little (il trattino ha la sua importanza), come lei metà americana (da parte di padre) e metà giapponese (da parte di madre), racconta le storie parallele delle ventinovenni Takagi, documentarista televisiva in carriera, emancipata, anticonformista e divorziata, e Akiko, moglie timida, repressa e fin troppo remissiva, che vivono l'ima agli antipodi dell'altra, la prima in America, la seconda in Giappone. Entrambe, e l'autrice con loro, si richiamano alla tradizione classica nipponica. Ogni capitolo ha in epigrafe mia citazione dalle Note del guanciale di Sei Shonagon, la celebre dama di corte dell'epoca Heian (intorno all'anno Mille), nonché impareggiabile diarista documentaria e opinionista snob di quel mondo. Un produttore di Tokyo affida a Takagi (l'io narrante) l'incarico di coordinare, negli Stati Uniti, le riprese di mi programma dal titolo «Una moglie americana», 52 puntate da mandare in onda in Giappone. La consegna è ferrea: «Il messaggio è la carne» e lo scopo è pubblicizzarne il consumo, presentando ogni settimana mia tipica moglie Usa che prepara un piatto locale a base di carne, per convincere le casalinghe di mi Paese notoriamente consumatore di pesce a passare alla carne. Il committente è la Beef-Ex, una grossa società statunitense che ha legami con case farmaceutiche e gruppi agroalimentari. La troupe televisiva percorre l'America più nascosta incontrando varie tipologie di famiglie, di cui si raccontano vicende e retroscena privati. Il romanzo, integrato da un centone di storie, prende quota quando Takagi da coordinatore diventa regista. Il bisogno di autenticità prevale. Lei realizza puntate non in linea con le direttive, con famiglie americane e bianche, ma altresì messicane, nere, coreane, servizi bizzarri, provocatori, perfino sgradevoli, che fanno schiattare il responsabile giapponese della pubblicità, Joichi Ueno, il marito di Akiko, uomo meschino, sadico e razzista, filoamericano a oltranza, tanto da farsi chiamare «John Wayno». Tra i due, fax bollenti, diverbi accesi, scambi di ingiurie e tentativi di violenze sessuali da parte di John, fino al licenziamento in tronco. Perché Takagi ha scoperchiato realtà crude, compresse e dirompenti: le stalle automatizzate dove i bovini sono stipati a migliaia, i mattatoi industriali dagli orrori inimmaginabili, gli allevamenti su larga scala dove vengono utilizzati gli estrogeni e gli ormoni por l'ingrassamento accelerato, con le conseguenze per i consumatori delle carni tossiche, tumori e aborti spontanei per le donne, .diminuzione della fertilità e impotenza per gli uomini. E al tempo stesso la combutta tra scienziati, fabbricanti di medicinali, allevatori e produttori, in nome del profitto e con la complicità dei governanti. Carne è mi romanzo che migliora in progressione. Leggere per credere. Angelo Z. Gatti La scrittrice nippo-americana Ruth L. Ozeki (foto Giovannetti) CARNE Ruth L. Ozeki Traduzione di Anna Nadotti Einaudi pp. 380 L. 32.000
Luoghi citati: America, Giappone, Stati Uniti, Tokyo, Usa
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