A SCUOLA LA PROPRIETA' NON E' UN FURIO di Ferdinando Camon

A SCUOLA LA PROPRIETA' NON E' UN FURIO Parliamone A SCUOLA LA PROPRIETA' NON E' UN FURIO jl ON è vero che scrivere è \ inutile. Ci eravamo lamen\\ tati per la chiusura di «TerII za pagina» in tv, e la rasseÀJLIgna dei giornali è ripartita con altra formula che la porta nelle scuole tra gli studenti. Ci eravamo lamentati che se i ragazzi leggono poco la colpa è dei genitori più che della scuola, ed ecco che il ministro dell'Istruzione lo ripete tale e quale in un confronto televisivo con gli studenti: «Le vostre famiglie vi regalano troppe Timberland e niente libri». Si dice che la lettura tra i giovani è scarsa, ma siamo seri: al di sotto di una certa soglia è più onesto parlare di non-lettura. Se uno prende in mano un libro al mese, può parlarsi di abitudine? Io parlerei di incidente. La conferma sta nei dati che escono adesso dall'inchiesta svolta dal Censis per il «Grinzane Cavour» tra 2500 giovani. Sono dati traumatici. Più della metà degli studenti non mette mai piede nelle biblioteche scolastiche, escono dall'Istituto dopo finito il ciclo senza neanche sapere da che parte stia la biblioteca (spesso è una fortuna, quando la biblioteca sta in sala professori, nel covo del nemico), e quei pochi (un terzo) che ci vanno, ci vanno due o tre volte all'anno e (attenzione) non prendono in prestito manco un libro. Chi entra in una biblioteca per non prendere manco un libro, si può dire che è entrato? Ci sarà entrato perché voleva star fuori dall'aula, e la palestra era chiusa. Morale: il libro in questi anni 90 non è più quello che era negli Anni 50 e specialmente 60. L'età d'oro sono stati gli Ami Sessanta. Il Sessantotto avrà fatto tanto guasti, ma ha insegnato a leggere. Le tirature salivano. C'erano bestseller raffinati. Perfino di poesia. Abbiamo letto, qui, la lettera di una lettrice che raccontava come adesso, se apre in treno un libro di poesie, gli altri ragazzi la guardano «con scherno». Allora il libro era un collante sociale e generazionale. Leggere gli stessi libri voleva dire spartire la stessa vita. Politica, ideologica, amicale. Perfino sessuale. C'è un calo netto, mia dissoluzione di questa tendenza. Il mmistro Berlinguer pensa di potenziare le biblioteche. Sì, può servire. Ma il libro letto in biblioteca (senza segnarlo, senza annotarlo) è un libro letto a metà. I libri compagni-di-vita sono quelli in proprietà. Per questa ragione non eravamo d'accordo con l'idea governativa di risolvere il problema del caro-libro nelle scuole concedendo agli studenti poveri i manuali scolastici in comodato. C'è una bella differenza tra essere proprietario di un manuale e averlo in prestito. Chi ne è padrone può mettere punti interrogativi accanto ai passi che non lo convincono, segnare con l'evidenziatore quel che gli sembra importante, da usare in una lettera, un diario, una telefonata. La lettura con appunti è una lettura completa. La lettura senza tracce è una lettura dimezzata. C'è un proverbio latino che dice: «Qui scribit, ter legit», chi scrive legge tre volte. Gli studenti ricchi, leggendo una sola volta i libri di proprietà, sarà come se li avessero letti tre volte. Gli studenti poveri, leggendo tre volte libri in prestito, non sarà mai come se li avessero letti una volta. Col comodato nascerebbe un'aristocrazia di studenti: i proprietari di libri. Se l'idea del comodato è morta, tanto di guadagnato. Ferdinando Camon

Persone citate: Berlinguer

Luoghi citati: Grinzane Cavour