Gli angeli rimettono le ali

Gli angeli rimettono le ali il caso. Sembravano ridotti a favole per bambini, il sondaggio d'una rivista cattolica li rilancia Gli angeli rimettono le ali Trascurati dai preti, seducono i non credenti 11 dichiaraL ' no «non % praticani 1 ti», presu*J I mibilmente non entrano in chiesa, ma agli angeli custodi credono con fermezza. E' la sorpresa di un sondaggio condotto fra i propri lettori dal settimanale dell'Azione Cattolica Segno nel mondo 7, che ne ha pubblicato i risultati in un corposo dossier. Gli stessi redattori del periodico sembrano essere stati presi di contropiede dalle risposte raccolte: che, all'apparenza, suonano stridenti fra loro. I praticanti, fra questo pubblico, si sono rivelati appena 69 su cento, quasi un terzo non pratica affatto. In compenso ben 77 hanno fiducia nei messaggeri alati, che per 41 di essi «guidano gli uomini nel loro cammino», per 24 «rassicurano e proteggono», per 16 «annunciano la buona novella» (si poteva dare più di una risposta) c, per una più esigua percentuale, «soccorrono al momento della morte». La teologia uscita dal Concilio, come ricorda lo stesso dossier, nel riportare al centro la figura del Cristo ha messo un po' in ombra la figura dell'angelo. I preti non la nominano quasi più nelle loro omelie. E il personaggio che faceva la spola fra Dio e l'uomo negli alti testi di Isaia e di Ezechiele, di Luca e di Matteo, è regredito nella nostra cultura a una immagine fabulistica, da confinare nel ghetto dei bambini. Ma i lettori del settimanale cattolico, anche se non vanno a Messa, sembrano pensarla diversamente. Anzi, metà di loro rimproverano la Chiesa perché degli angeli parla troppo poco. «Quasi a dimostrazione del fatto che il proliferare delle figure angeliche è un fenomeno soprattutto laico», come scrive Marco Damilano nel commentare i dati del sondaggio. Controprova. Invitati a dire i nomi dei tre angeli citati nella Bibbia, solo un terzo dei lettori ricorda correttamente Michele, Gabriele e Raffaele. Trentacinque su cento non sanno nominarne nemmeno uno. Il che non impedisce a un altro terzo degli intervistati di rivolgersi all'angelo custode ogni giorno, e al 16 per cento «nelle difficoltà della vita». Sono pochi quelli che dichiarano di non farlo mai. Senza porsi troppe domande di teologia, l'uomo moderno ritorna all'antico «Angele Dei qui custos es mei», anche se in chiesa non lo sente recitare più, né in latino né nella più povera traduzione italiana, «Angelo di Dio che sei il mio custode». L'invocazione all'angelo rimbalza fuori delle chiese: serpeggia nelle canzoni, ispira i film, da Wenders in poi, corre su Inter- net. Si diffonde tutto un merchandising alato, con angeli travestiti da portapigiama, da soprammobili, si moltiplicano i club specializzati, come quello che a Roma - apprendiamo da un rapporto di Annachiara Valle - insegna a parlare con gli angeli e a riconoscerne la lingua. Altro che il latino delle nostre preghiere. E la Civiltà cattolica si è chiesta, di recente, quanto ci sia di New Age e di magia in questa fioritura, che investe soprattutto il mondo secolarizzato della civiltà industriale. Non è solo moda. L'appello a una creatura incorporea, non visibile, non invischiata nei nostri affari quotidiani, può essere un bisogno reale, nella società che ha smarrito troppi altri punti di riferimento. «Illumina, custodi, rege et guberna», come concludeva l'Angele Dei, con i quattro verbi che nessuno si accorgeva di recitare all'imperativo. E quel «custodi» rassicurava, dopo l'«illumina» al quale ognuno poteva aggrapparsi nei momenti di incertezza. Tre anni fa aveva suscitato interesse un libro di Serena Foglia, che aveva chiesto a molti protagonisti della società e della cultura italiana se credevano all'angelo custode. Avevano risposto positivamente personaggi imprevedibili, da Giorgio Armani a Gianfranco Ferré, da Da¬ cia Marami a Monica Vitti. Con più decisione di tutti Ornella Vanoni, che aveva provato anche a descriverlo: «Lo immagino come un ragazzino di undici o dodici anni, inagrissimo, timido, bellissimo, con le calze che gli scivolano verso i piedi». Oggi il settimanale cattolico ha interpellato Andrea Camilleri. «Non sono credente», ha avvertito subito l'autore del commissario Montalbano, «ma di angeli ne ho incontrati molti, alcuni mi sono ancora accanto». E uno, un giorno, si è perfino materializzato al telefono. Camilleri stava parlando con il commediografo Roberto Mazzucco, che gli chiedeva notizie di una sceneggiatura sull'angelo custode, quando fra i due si intromise una voce femminile. «Sono sempre accanto a voi, uomini di poca fede». Di fede Camilleri ne aveva così poca da avere pensato a un'interferenza: ma confessa di essere rimasto ammaliato da quella bellissima voce; le chiese di poterla conoscere. Impossibile. «"Lo sa, gli angeli non hanno corpo", e riattaccò. Ecco, quel giorno ho avuto la certezza di avere incontrato un angelo custode». Con le ali? senza le ali? Domande da non farsi, allo scrittore. E nemmeno all'angelo. Giorgio Calcagno Su 100 interpellati, 77 hanno fiducia nei messaggeri alati: una percentuale superiore a quella dei praticanti Dalle preghiere ai film alle canzoni i mille aspetti di una nuova moda #3 ■ Irsi iTéhitt Nastassja Kinski alata nel film di Wim Wenders «Così lontano, cosi vicino». A destra la pubblicità della Lavazza con San Pietro e un angelo

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