Nel '31 la scommessa che rivoluzionò lo sci di Gian Paolo Ormezzano

Nel '31 la scommessa che rivoluzionò lo sci Nel '31 la scommessa che rivoluzionò lo sci LA STORIA DEL COLLE OGGI al Sestriere la Coppa del Mondo comanda il primo slalom in Italia del dopo Tomba che si spera i risultati negativi non trasformino in oitreTomba. Lo sci cerca protagonisti per l'avvio del prossimo millennio su nevi aperte allo sci in Piemonte e in Italia dall'inizio del secolo, e specificamente allo sci di discesa e di slalom dagli Anni Trenta, quando nacque al colle del Sestriere, quota 2000, quella che adesso si chiama stazione di sport invernali. Prima del 1931 si andava al Sestrieres, con la «esse» finale, nel senso di colle (e da qualche parte si scriveva anche Sestrières alla francese, l'accento grave sulla seconda «e»). Da allora si va al Sestriere nel senso di località. Manca una «esse», in compenso ci sono gli impianti di risalita (tutto cominciò quell'anno con la costruzione della funivia delle Alpette), seguiti in pochi anni da tre alberghi per sciatori: su idea anzi idee, che ci furono pure lieviti di divergenze, di Giovanni Agnelli e di suo figlio Edoardo. La località del Sestriere è la prima al mondo ad essere stata progettata in pura funzione dello sci, per la precisione dello sci alpino, con il passaggio dall'escursionismo al discesimo di massa. L'embrione dell'idea sciatoria esisteva da quando Vincenzo rossetto, figlio dei titolari della casa cantoniera sul colle, rientrato da un bel po' di anni di servizio alberghiero in Francia, Svizzera ed anche Tunisia, costruì - dal 1914 al 1921 - un alberghetto per chiamare al colle qualche sciatore pioniere, e nel 1924 lo dotò di riscaldamento (que- sta la vera svolta). La strada dall'inizio degli Anni Trenta era tenuta sgombra da primari trattori-spazzaneve marca Fiat, d'estate serviva per collaudi speciali delle auto Fiat: probabilissimamente anche per questi legami diciamo operativi venne in mente al senatore ed al figlio, giovane sciatore ma su nevi specialmente straniere, l'idea piena dello sci completo. I terreni furono pagati da venti centesimi ad una lira al metro quadrato. La società che gestisce il tutto si chiamava e si chiama ancora Sestrières, con quella «esse» che va e viene. Nel 1938, a complesso ultimato da un anno, una domenica al Sestriere costava, per i pupi dell'Opera Nazionale Balilla di Torino, 5 lire di torpedone, andata e ritorno. Con altre 5 lire ci uscivano i panini e una risalita in funivia. Poi si faceva sci sul campo, immenso ma detto subito Campetto. Durante il viaggio maestri di scuola comandavano i cori - su tutti «La montanara» - e insegnavano che su quel colle quasi sicuramente era passato Annibale con i suoi elefanti. Il Sestrières e il Sestriere delle prime sciate di popolo e il Sestriere di adesso hanno filtrato in marnerà diretta tanta storia dello sci, in maniera indiretta un bel po' di storia dell'Italia. Lo sci alpino come pratica di massa, lo sci alpino sposato all'automobilismo turistico fratellino di quello rallystico, lo sci alpino fiorente come cartina al tornasole di una fiorente economia, lo sci alpino come salutismo, come moda, come «must» e intanto come ecologia facile: un fenomeno nutrito di grosse cifre, in bipedi e in denaro, e perciò componente importante della storia spessa e vasta di un paese. Ai sociologi dovrebbe interessare molto questo che è uno dei pochi esempi di vasta aggregazione suggerita e non comandata, sudata di fatica e non irrorata di divertimento troppo crasso, dinamica e non pericolosa, fittissima ma abbastanza ordinata, sportiva e non competitiva. Un bel po' di storia d'Italia, massi, anche nel senso di storia di usi spiccioli e di costumi vasti, di povertà dignitosa e di benessere sbracato, di cori teneri e di musica rock sbattuta dagli altoparlanti persino sulle nevi, di panini e di crèpes al liquore francese, di domeniche di sport montanaro opposte a domeniche di struscio cittadino, di barzellette sul regime raccontate in torpedone e di radioline «che portano alle nostre vite - i risultati delle partite». Se accettiamo da Curzio Malaparte che tutta la storia d'Italia finisca in stracci a Prato, dove vecchie uniformi vengono disfatte e filate per nuovi tessuti, possiamo accettare che i fasti del Sestriere siano insieme lente e specchio e filtro del divenire, se non proprio del Paese, almeno del suo Nord industrializzato, preoccupato di inventarsi uno svago che sia anche salute e, sin dove è possibile, natura. Ovviamente le migliaia di persone che salgono al Sestriere hanno il diritto di non pensare a tutto ciò, ed hanno quasi il dovere di semplicemente divertirsi con la pratica dello sci. Il Sestriere sta su un colle, ha due belle veloci strade di accesso, le piste circondano subito i parcheggi, l'idea turistica francese del «front des neiges» che ti accerchia è esaltata. Complesso e completo l'approccio alla montagna: prima mentale, progettuale; poi architettonico in senso altamente pratico, le costruzioni; quindi dopolavoristico; successivamente - Anni Sessanta progressistico; e adesso anche postmoderno: cioè l'introduzione dell'elettronica per coordinare i flussi e riflussi degli sciatori, e intanto la coscienza verde sempre più forte, per salvare il salvabile della natura nota e intanto andare a cercare con tutti i riguardi la natura di riserva, ottima e abbondante intorno ai posti deputati del turismo di massa. In sostanza: alla siciliana, la Sicilia del Gattopardo, al Sestriere è cambiato tutto perché non cambiasse nulla, nel senso di adesione del progetto turistico ai tempi, di interpreti del copione. La sostanza primigenia della gita è stata soltanto orpellata di comodità e di progresso, i torpedoni hanno preso a chiamarsi pullman intanto che molti di essi sono stati frantumati in particole chiamate auto, ma l'essenza sportiva è rimasta, e le musiche spavalde di oggi hanno la valenza dopante della Montanara di allora. I panini si chiamano hamburger, dopo essere passati, finito il fascismo che imponeva nomi italiani, per sandwich o anche, piemontesissimamente, sanguis. E ancora adesso non è ben chiaro se dire sèstrier o sestrièr o Sestriere (buona la terza, dicono i puristi). E se lo sci al colle negli Anni Trenta si ispirava alla quasi poetica calligrafia sulla neve del maestro Hans Nobl, che spiegava in tedesco le prime grandi tecniche, quello di adesso, con il carving per non dire addirittura lo snowboard, propone un gusto artistico della curva che sa di antico. In mezzo c'è tutto lo sci alpino agonistico ottimo massimo, cominciato nel 1934 con i campionati italiani assoluti, sacralizzato nel dopoguerra, dal 1951 al 1967, dall'Alberg Kandahar, la più alta manifestazione internazionale, slombata poi dalla Coppa del Mondo, che nel 1967 ha fatto la sua prima epifania al Sestriere. Con due guglie di questa cattedrale di una forte religione sportiva: l'Universiade, arrivata nel 1966, e - la più alta - il campionato mondiale del 1997, evento organizzativamente riuscitisismo al quale si agganciano le prospettive, le «avances», i progetti per avere i Giochi olimpici invernali del 2006, intitolandoli a Torino ma delegando al Sestriere la più paite dello sci alpino. Decisione, nel mondo dello sport globalizzato, il 19 giugno 1999 a Seul, Corea del Sud, dove chissà come accentano e pronunciano Sestriere. Gian Paolo Ormezzano Tutto cominciò con una funivia e il primo albergo riscaldato poi si sviluppò una località progettata in funzione dello sport

Persone citate: Curzio Malaparte, Del Colle, Giovanni Agnelli, Hans Nobl, Vincenzo Rossetto